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venerdì 8 marzo 2013

Criteri rigorosi per la videosorveglianza in azienda


L'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori vieta l'utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori.

Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero della sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali o, in caso contrario, previa autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.

Negli ultimi anni la  materia e' divenuta oggetto di tutela  da parte da parte della  normativa sulla privacy.

Nella pronuncia n.16 del 17 gennaio 2013, l'Autorita' Garante e' tornata ad occuparsi dei necessari limiti all'utilizzo delle telecamere all’interno dei luoghi di lavoro.

Il caso specifico ha coinvolto un esercizio appartenente ad una nota catena commerciale che aveva sottoscritto un accordo sindacale per la predisposizione   di un servizio di televigilanza, con scopo di anti-taccheggio e anti-rapina.

In seguito agli accertamenti ispettivi della Questura di Genova, il Garante della Privacy, investito della questione, ha bloccato il trattamento dei dati audiovisivi perche' potenzialmente utilizzabili  per forme di controllo a distanza dei lavoratori.

Una videocamera, ad esempio, era stata posizionata in modo da inquadrare direttamente il sistema di rilevazione degli accessi dei dipendenti, in aperto contrasto con il divieto di effettuare riprese in grado di verificare il rispetto dell’orario di lavoro.

I cartelli, insufficienti nel numero e  collocati spesso in posizione non chiaramente visibile, che segnalavano a scopi informativi la presenza dell’impianto di videosorveglianza,  erano privi di alcune informazioni necessarie.

Oltre  alle numerose infrazioni della legge, l'azienda aveva contravvenuto in più punti all'accordo sottoscritto con i sindacati per l'intallazione del servizio.

Le riprese sarebbero dovute essere custodite in un apposito armadio di sicurezza dotato di una doppia serratura, con consegna di due distinte chiavi, rispettivamente, al responsabile della sicurezza del negozio e a quello della RSA delegata, in modo da consentirne l’apertura  solo in presenza di entrambi.

Di fatto, per  procedere alla visualizzazione delle immagini precedentemente registrate, il responsabile aziendale,   munito di codice personale di riconoscimento, comunicava una specifica password al  consorzio di ditte esterne preposto alla manutenzione dell’impianto.

Coloro che materialmente effettuavano il controllo delle immagini, oltre a non essere designati tra gli incaricati del trattamento dei dati personali, erano, inoltre, privi della licenza prefettizia di “guardia particolare giurata”, indispensabile per poter svolgere funzioni anti-rapina e anti-taccheggio.

Per i motivi richiamati il Garante  ha dichiarato illecito tale sistema di videosorveglianza, ha disposto il blocco del trattamento dei dati personali  ricavati ed ha imposto all’esercente di sanare tutte le violazioni riscontrate.

Copia degli atti e del conseguente provvedimento  sono stati trasmessi  all’autorità giudiziaria per la valutazione degli eventuali illeciti penali commessi.

Valerio Pollastrini

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