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mercoledì 23 gennaio 2013

Chiarimenti sulla disciplina del lavoro accessorio

Le modifiche apportate dalla riforma del lavoro all’istituto del lavoro accessorio  hanno snellito la disciplina eliminando le causali oggettive e soggettive che ne consentivano l’utilizzo, sostituendole con una disposizione che prevede limiti di carattere essenzialmente economico.
Con la circolare n.4/2012 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inteso  in proposito fornire alcuni chiarimenti.

Campo di applicazione

Il nuovo articolo 70 del D.Lgs. n.276/2003 prevede che, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono le attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente.
È dunque possibile attivare sempre e comunque lavoro accessorio tenendo conto esclusivamente di un limite di carattere economico (fatte salve le successive precisazioni). Tale limite, pari ad euro 5000, originariamente quantificato in relazione all’ attività prestata nei confronti del singolo committente, va riferito oggi al compenso massimo che il lavoratore accessorio può percepire, nel corso dell’anno solare, indipendentemente dal numero dei committenti.

Attività resa nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti e nel settore agricolo
Fermo restando il limite complessivo di euro 5.000 nel corso di un anno solare, il Legislatore stabilisce che “nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente”.
Ai fini del rispetto della nuova disciplina, occorre prima di tutto verificare se il committente è un imprenditore commerciale o professionista. In caso positivo la prestazione nei suoi confronti non potrà dare luogo a compensi maggiori di euro 2.000 di voucher.
Il limite in questione necessita tuttavia di una precisazione. In particolare va chiarito che l’espressione imprenditore commerciale vuole in realtà intendere qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato, senza che l’aggettivo commerciale possa in qualche modo circoscrivere l’attività di impresa.
Un secondo limite, anch’esso di carattere oggettivo e fermo restando il tetto dei 5.000 euro, riguarda il settore agricolo. Il nuovo art.70 stabilisce infatti che il lavoro accessorio in questo specifico ambito si applica:
-         alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;
-         produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7000 euro, costituito per almeno due terzi da cessione di prodotti.
In sostanza è possibile utilizzare voucher sino ad euro 5.000 in agricoltura solo se l’attività è svolta da pensionati o giovani studenti ovvero, a prescindere da chi è il lavoratore accessorio, se l’attività è svolta a favore dei piccoli imprenditori agricoli. Proprio in ragione della specialità del settore agricolo, si ritiene che non trovi applicazione l’ulteriore limite di euro 2000 previsto in relazione alle prestazioni rese nei confronti degli imprenditori e professionisti.
Ultima limitazione riguarda la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio da parte di un committente pubblico. In tale ipotesi il Legislatore prevede semplicemente che il ricorso all’istituto è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno

Lavoro accessorio e appalti

Il lavoro accessorio è utilizzabile in relazione alle prestazioni rivolte direttamente a favore dell’utilizzatore delle stesse, senza il tramite di intermediari.
Il ricorso ai buoni lavoro è dunque limitato al rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale, mentre è escluso che un’ impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi come nel caso dell’appalto e della somministrazione.


Lavoro accessorio e permesso di soggiorno

Il compenso legato a prestazioni di lavoro accessorio è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro. Tuttavia lo stesso compenso può essere utile al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.
Sul punto occorre dunque ricordare che il lavoratore non appartenente all’Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.

Caratteristiche dei buoni lavoro

I carnet dei buoni di lavoro accessorio sono orari, numerati progressivamente e datati; inoltre il loro valore nominale è fissato con decreto del Ministero del lavoro.
Il criterio di quantificazione del compenso è ancorato alla natura oraria parametrata alla durata della prestazione stessa, così da evitare che un solo voucher, attualmente del valore di 10 euro, possa essere utilizzato per remunerare prestazioni di diverse ore.
Resta evidentemente salva la possibilità di remunerare una prestazione lavorativa in misura superiore rispetto a quella prevista dal legislatore corrispondendo, ad esempio, per un’ora di lavoro anche più voucher.
Ad analoghe esigenze accertative soccorrono anche le precisazioni in ordine al fatto che i voucher sono utilizzati in relazione al periodo evidenziato.
A tal proposito, considerata la natura preventiva della comunicazione sull’utilizzo del lavoro accessorio, al fine di consentire la massima flessibilità sia del voucher telematico, sia di quello cartaceo, il riferimento alla data non può che implicare che la stessa vada intesa come un arco temporale di utilizzo del voucher non superiore ai 30 giorni decorrenti dal suo acquisto.

Disciplina sanzionatoria

Le possibili violazioni della disciplina in materia di lavoro accessorio attengono principalmente al superamento dei limiti quantitativi previsti, nonché all’utilizzo di voucher al di fuori del periodo consentito (30 giorni).
Quanto al primo profilo va anzitutto ribadito che il limite quantitativo diventa un elemento qualificatorio ed il suo  superamento  non potrà non determinare una trasformazione del rapporto in un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, con applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative.
Analoghe conseguenze non potranno non aversi anche nelle ipotesi di un utilizzo dei voucher in un periodo diverso da quello consentito (30 giorni dal suo acquisto). In assenza del titolo legittimante la prestazione di lavoro accessorio, la prestazione stessa sarà inoltre da ritenersi quale prestazione di fatto, non censita preventivamente e pertanto da considerarsi in nero.

Periodo transitorio

La riforma ha introdotto un periodo transitorio che consente in sostanza, per i buoni già acquistati prima del 18 luglio 2012, la possibilità di essere utilizzati entro il 31 maggio 2013, rispettando la precedente disciplina anche e soprattutto in relazione al campo di applicazione del lavoro accessorio.
Ne consegue che tali buoni non saranno conteggiati ai fini del raggiungimento dei predetti limiti di euro 5.000 ed euro 2.000 e rispetto ad essi non sussiste alcun vincolo di parametrazione oraria.

Valerio Pollastrini


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