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giovedì 8 novembre 2012

Malattie professionali – danno provocato dall’utilizzo del telefono cellulare

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza del 12 ottobre 2012 n.17438 riconosce la natura professionale di una malattia tumorale conseguita in seguito al notevole utilizzo del telefono cellulare nel corso del rapporto di lavoro.

La pronuncia avviene dopo la sentenza nella quale la Corte di appello di Brescia aveva riformato la pronuncia di prime cure, condannando l'Inail a corrispondere ad un lavoratore la rendita per malattia professionale prevista per l'invalidità all'80%.
Il ricorrente aveva agito in giudizio deducendo appunto che, in conseguenza dell'uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all'orecchio sinistro aveva contratto una  grave patologia tumorale.
Tale pronuncia aveva ritenuto corrette le conclusioni a cui era pervenuto il CTU nominato in grado d'appello, il quale aveva precisato che l'analisi della letteratura medica,  pur non portando  ad un giudizio esaustivo, evidenzia un rischio aggiuntivo per i tumori cerebrali, ed in particolare per il neurinoma, nel caso di esposizione per più di 10 anni a radiofrequenze emesse da telefoni portatili e cellulari.
È stato pertanto riconosciuto un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia subita dall'assicurato.


La Corte di Cassazione nel confermare  la sentenza  della Corte di Appello, ricorda appunto che  caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità; a tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all'entità ed all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio ed anche considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia.
La sentenza impugnata, a detta della Suprema Corte, ha fatto applicazione di tali principi, ravvisando, in base alle considerazioni diffusamente esposte nello storico di lite, la sussistenza del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale.

Valerio Pollastrini

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