Il Ministero del lavoro ha pubblicato il 19 ottobre 2012 l'interpello n.32/2012 relativo all'istituto del contratto a tempo determinato ed, in particolare, al computo del periodo massimo di 36 mesi.
L'istanza e' stata presentata dall' Assolavoro al fine di conoscere la corretta interpretazione del dispositivo normativo ex art.5, comma 4 bis, D.Lgs. n.368/2001, afferente al computo del periodo massimo di occupazione del lavoratore in caso di successione di più contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti.
La richiesta era volta ad accertare la possibilita', una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi consentito dalla legge, di ricorrere al contratto di somministrazione a tempo determinato nei confronti del medesimo lavoratore.
Sul merito il Ministero riepiloga il quadro normativo di riferimento alla luce delle recenti modifiche della riforma Fornero.
Prima dell'entrata in vigore della Legge n.92/2012, l'articolo 5, comma 4 bis, del D.Lgs n.368/2001 prevedeva che "qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (...) il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato".
Dopo la riforma, la nuova formulazione stabilisce che, ai fini del calcolo del periodo massimo di trentasei mesi, "si tiene altresi' conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma 1 bis dell'articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato".
Con la circolare n.18/2012 il Minitero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha chiarito che, a far data dal 18 luglio u.s. "nel limite dei 36 mesi andranno computati anche i periodi di occupazione - sempre con mansioni equivalenti - formalizzati attraverso una somministrazione a tempo determinato".
Inoltre, il periodo massimo costituisce solo "un limite alla stipulazione di contratti a tempo determinato e non - invece - al ricorso alla somministrazione di lavoro".
Quest'ultima affermazione comporta che, raggiunti i trentasei mesi, il datore di lavoro potra' ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore.
Giova ricordare che, con la disposizione in esame, il legislatore ha voluto incidere sulla disciplina regolatrice del contratto a termine di cui al D.Lgs. n.368/2001 e non sulla normativa relativa alla somministrazione a tempo determinato di cui al D.Lgs. n.276/2003.
Si tratta di due istituti contrattuali flessibili del tutto differenti. Con cio', e' evidente che non e' stato introdotto ex novo un limite di durata alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
La conferma di questa soluzione interpretativa e' rinvenibile nella diversa disciplina comunitaria posta a fondamento dei due istituti.
Il D.Lgs. n.368/2001, ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato (1999/70/CE), che imponeva agli Stati membri di pevenire gli abusi "derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato", attraverso misure restrittive alla durata massima dei contratti. La stessa Direttiva, tuttavia esclude espressamente la sua applicabilita' ai lavoratori a termine "messi a disposizione di un'azienda utilizzatrice da parte di un'agenzia di lavoro interinale", evidenziando pertanto come alla somministrazione di lavoro non trovino applicazione le restrizioni in argomento.
Inoltre, lo stesso D.Lgs. n.276/2003, nel secondo comma dell'art.22, esclude, al di fuori delle disposizioni introdotte dalla contrattazione collettiva, l'applicazione del limite dei trentasei alla reiterazione di diversi contratti nei casi di somministrazione a tempo determinato dei rapporti di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro.
Dopo le citate argomentazioni, il Ministero risponde al quesito avanzato dall'istante affermando che un datore di lavoro, una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi, puo' legittimamente impiegare il medesimo lavoratore ricorrendo alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Valerio Pollastrini
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