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venerdì 17 agosto 2012

Licenziamento disciplinare

La recente riforma del lavoro ha provveduto a riscrivere la normativa relativa alla tutela dei lavoratori contro i licenziamenti.
Per cio` che riguarda il recesso dovuto alla condotta colposa del lavoratore, i maggiori destinatari delle modifiche sono coloro che rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 18 della legge n.300/1970.
Tale norma e` da sempre rivolta ai lavoratori occupati presso datori di lavoro con un organico superiore a 15 dipendenti in un Comune, più di 60 in tutto il territorio nazionale o più di 5 nel settore agricolo.
Il licenziamento disciplinare nel nostro ordinamento e` storicamente orientato verso un duplice percorso: quello della "giusta causa" e quello del "giustificato motivo soggettivo".
Per giusta causa si intende quella colpa imputata al lavoratore la cui gravita` sia tale da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario posto alla base di ogni rapporto di lavoro. Tale condotta non consente neanche la prosecuzione temporanea del rapporto, al punto che la specifica sanzione e` quella del recesso senza preavviso.
Il giustificato motivo soggettivo di licenziamento e` costituito invece da una colpa del lavoratore più lieve di quella necessaria per la giusta causa, punita per tale motivo con il recesso con preavviso.
Per poter dare luogo ad entrambe le fattispecie di risoluzione il datore di lavoro e` obbligato a seguire la specifica procedura predisposta dall'articolo 7 dello Statuto del lavoratori.
Il licenziamento dovra`, pertanto, essere preceduto da una contestazione di addebito al lavoratore, il quale potra` usufruire di un termine di 5 giorni per presentare eventuali giustificazioni. Una volta esaurita la fase di "contestazione", nel caso in cui il tentativo di discolpa del dipendente non abbia sortito effetti, il datore di lavoro potra` irrogare il recesso.
In caso di impugnazione dell'atto, la legittimita` del licenziamento disciplinare sara' condizionata alla valutazione del giudice in merito alla congruita` del recesso rispetto alla gravita` dell'infrazione commessa.
Le modifiche della riforma intervengono sulle conseguenze relative all'illegittimita` della condotta datoriale.
In caso di licenziamento disciplinare, il nuovo articolo 18 prevede tre diverse forme di tutela.

1: nei casi in cui il giudice ritenesse insussistente il fatto contestato o tale fatto rientrasse tra le condotte punibili dai contratti collettivi o dai codici disciplinari applicabili con una sanzione più lieve del licenziamento, il lavoratore avra` diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno.
Rispetto al passato non e' prevista una misura minima del risarcimento, mentre e' stata introdotta la misura massima di 12 mensilita`.
E' facile ritenere che questa disposizione causera` seri problemi applicativi. Vi sono, infatti, contratti collettivi che non hanno predisposto finora alcuna elencazione delle fattispecie punibili con la giusta causa ovvero con il giustificato motivo soggettivo. Anche per quei contratti che hanno previsto una dettagliata tipizzazione delle condotte colpose non possono certo averne ricompreso nell'elenco ogni genere potenzialmente verificabile.
E' necessario aggiungere che, in ogni caso, resta fermo l'obbligo del versamento dei contributi per l'intero periodo non lavorato in misura pari al differenziale tra la contribuzione che sarebbe spettata in caso di prosecuzione del rapporto e quella eventualmente accreditata da altro datore di lavoro in conseguenza di svolgimento medio tempore di altra attivita`.
Al lavoratore e`, inoltre, concessa la possibilita` di esercitare il c.d. diritto di opzione. Entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il dipendente puo` scegliere, in luogo della reintegrazione, la corresponsione di un importo pari a 15 mensilita`.

2: "nelle altre ipotesi" in cui il giudice accertasse che non ricorrano gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, il licenziamento sara` comunque idoneo ad interrompere il rapporto definitivamente, senza che vi sia alcuna possibilita` di reintegra. Al lavoratore spettera` unicamente un'indennita` compresa fra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilita` di retribuzione.
Tale indennita` e` definita espressamente dalla legge come omnicomprensiva. Essa, pertanto, escludera` ulteriori pretese risarcitorie in merito al licenziamento illegittimo.

3: nel caso in cui il licenziamento fosse stato adottato in violazione delle regole procedurali (mancato rispetto dei termini e altre violazioni formali), il rapporto sara` comunque dichiarato risolto e al lavoratore spettera` unicamente un'indennita` variabile fra sei e 12 mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Qualora pero`, oltre al vizio di forma, il giudice accertasse l'assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di licenziamento troveranno applicazione le specifiche tutele dei punti 1 e 2.

Aziende minori
Nulla e` cambiato invece per i licenziamenti disciplinari illegittimi posti in essere dai soggetti esclusi dall'ambito di applicazione dell'articolo 18. Per essi permane la scelta del datore, in luogo della reintegrazione, del pagamento di un'indennita` risarcitoria compresa tra 2,5 e 6 mensilita`, la cui entita` sara` stabilita dal giudice.

Altre novita'
Il legislatore della riforma ha inoltre disposto che i licenziamenti disciplinari maturano la loro efficacia dal giorno di avvio del procedimento di cui all'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori.
La data di licenziamento sara` pertanto coincidente con quella nella quale il lavoratore ha ricevuto la comunicazione della contestazione disciplinare.
I periodi di lavoro successivi all'avvio del procedimento verranno considerati come preavviso lavorato.
E' necessario sottolineare che questa disposizione e` applicabile a tutti i datori di lavoro, a prescindere dal requisito dimensionale.

Valerio Pollastrini

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