Tra le modifiche di maggiore interesse introdotte dalla legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, si segnalano quelle apportate all'istituto del contratto a termine.
La legge conferma la centralità nel nostro ordinamento del contratto a tempo indeterminato e riserva ai rapporti a tempo determinato, almeno nelle dichiarazioni di principio, il ruolo di "eccezione". Per la loro valida stipulazione continuano ad essere richieste specifiche esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo.
Reiterazione di contratti a termine tra gli stessi soggetti
La riforma prosegue sulla via, intrapresa da tempo dal nostro legislatore, volta a contrastare la reiterazione di contratti a termine tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore.
Tra un rapporto e l'altro viene ora richiesto un intervallo minimo di 60 o 90 giorni, a seconda se il primo contratto abbia avuto una durata inferiore o superiore ai 6 mesi.
Questa disposizione costituisce un irrigidimento notevole rispetto al passato, dal momento che i periodi di inattività precedentemente richiesti erano pari a 20 e 30 giorni.
Ai contratti collettivi e' però demandata la possibilità di ridurre il periodo di attesa fino ai limiti precedenti. In questo caso, l'unica condizione imposta alle parti sociali e' che tale riduzione riguardi esclusivamente una delle seguenti situazioni:
- avvio di una nuova attività;
- lancio di un prodotto o di un servizio innovativo;
- introduzione di un rilevante cambiamento tecnologico;
- fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo;
- rinnovo o proroga di una commessa consistente.
Per le ipotesi appena indicate, in caso di mancata sottoscrizione di specifici accordi collettivi entro il 18 luglio 2013, il Ministero del lavoro potrà individuare quali sono le condizioni che consentono di applicare il minor periodo di intervallo tra un contratto e l'altro.
Proroga del contratto
Per quanto riguarda la possibilità di prorogare un contratto a tempo determinato, la riforma ha lasciato immutate le condizioni richieste dalla disciplina previgente con l'unica eccezione del nuovo contratto a termine di primo ingresso (c.d. "contratto acausale"), per il quale la proroga e' stata esclusa.
Ogni singolo contratto a termine potrà' essere prorogato una volta soltanto. In tal caso e' richiesta alle parti la sottoscrizione di un apposito accordo prima dell'originaria scadenza.
E' opportuno ricordare che la possibilità di proroga non e' "libera" ma condizionata alla concreta presenza di "ragioni oggettive" che la rendono necessaria. Tali ragioni, inoltre, debbono essere sopraggiunte nel corso del rapporto, nel senso che, all'atto di sottoscrizione del contratto a termine, fossero impreventivabili le esigenze che successivamente ne giustificano la proroga.
Superamento del termine
La prosecuzione di fatto del rapporto oltre la scadenza del contratto e' ammissibile e non sanzionata, purché cessi entro i successivi 30 giorni, per i contratti di durata inferiore a 6 mesi, o 50 giorni, nel caso di contratti di durata superiore.
In questo caso la novità consiste nell'obbligo per il datore di lavoro di comunicare al Centro per l'impiego, entro il termine di scadenza inizialmente previsto, l'intenzione di proseguire il rapporto a termine, e la data della nuova scadenza.
In assenza di tale comunicazione o in caso di superamento dei limiti indicati, il contratto a termine subirà la conversione a tempo indeterminato.
Contratto a termine di primo impiego
La novità più' rilevante apportata dalla riforma e', senza dubbio, l'introduzione di una particolare fattispecie di contratto a termine per la stipulazione del quale viene escluso l'obbligo di indicazione della causale.
Si tratta di un solo contratto a tempo determinato, stipulato per la prima volta tra due soggetti. In tal caso, per qualunque tipo di mansione, non saranno necessarie esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo che, di norma, necessariamente devono giustificare l'apposizione del termine. La condizione suesposta ne preclude il ricorso qualora tra i medesimi soggetti abbia già avuto luogo un rapporto di lavoro subordinato, anche se a tempo indeterminato.
Il contratto in oggetto, inoltre, non potrà avere una durata superiore a 12 mesi e non potrà essere prorogato, nemmeno nel caso in cui la sua durata fosse, ad esempio, di 3 mesi e con l'aggiunta dell'ipotetica proroga non superasse il limite massimo.
In merito alla possibile prosecuzione di fatto del contratto a termine di primo impiego, la circolare esplicativa 18/2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ne ha ammesso l'applicabilità anche a questa particolare forma contrattuale, purché nei limiti consentiti alla generalità dei rapporti a termine di 30 o 50 giorni a seconda della durata del contratto.
In alternativa al contratto di primo impiego, i contratti collettivi potranno escludere l'obbligo di indicare la causale per le assunzioni a termine, purché entro il limite del 6% dei lavoratori occupati nell'unita' produttiva. Le ipotesi per le quali sarà possibile tale intervento delle parti sociali coincidono con quelle indicate in precedenza per la prosecuzione di fatto.
Ulteriori limiti di durata
La reiterazione di più' contratti a termine (comprese le eventuali proroghe) tra gli stessi soggetti ed aventi all'oggetto le medesime mansioni non può superare la durata complessiva di 36 mesi.
La riforma ha introdotto a tal riguardo una novità stringente.
Nel computo del periodo massimo vanno ora ricompresi anche i periodi di lavoro "sommerso".
Giova inoltre ricordare che la contrattazione collettiva può tuttavia alzare questa soglia e, comunque, prevedere la facoltà di stipulare un ulteriore contratto dopo la fine del periodo massimo.
Secondo la riforma, ai fini della determinazione del periodo massimo di 36 mesi devono essere computati anche eventuali periodi di lavoro somministrato a tempo determinato intercorsi tra il lavoratore e l'impresa utilizzatrice, sempre aventi ad oggetto mansioni equivalenti a quelle per le quali il dipendente ha lavorato con il contratto a termine.
Esaurito il periodo complessivo dei 36 mesi le aziende potranno comunque continuare ad utilizzare il medesimo lavoratore facendo ricorso ad ulteriori contratti a termine di "somministrazione". La cosa, ad avviso di chi scrive, costituisce un grave pregiudizio alla tutela dei lavoratori.
Sanzioni
Qualora il contratto a termine sia dichiarato illegittimo, si applicherà la doppia sanzione della "conversione" a tempo indeterminato del contratto e del conseguente risarcimento al lavoratore di un'indennità di importo variabile compreso tra le 2,5 e le 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Contribuzione aggiuntiva
Ai rapporti a termine sarà applicata un'aliquota contributiva aggiuntiva pari all'1,4%, ad eccezione dei contratti stipulati per la sostituzione di colleghi assenti, per attività di lavoro stagionali e per gli apprendisti.
La norma dispone che tale maggiorazione venga restituita in parte (fino a 6 mensilità di contributo già pagato), qualora il contratto venisse trasformato a tempo indeterminato.
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