Tra le novità di maggiore interesse della recente riforma del lavoro, si segnalano le disposizioni volte ad incentivare l'occupazione femminile.
Dalla fine del secolo scorso l'Unione Europea richiede all'Italia misure concrete finalizzate all'incremento dell'occupazione delle donne.
La legge Biagi[1] ha raccolto tale invito ed ha introdotto tra i contratti di inserimento una particolare fattispecie il cui intento si prefiggeva di agevolare quelle aziende che intendessero assumere "donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile, determinato con apposito decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile"[2]
Si trattava di contratti a termine della durata massima di 18 mesi.
Il Decreto Legislativo prevedeva sia incentivi economici e normativi [3] che contributivi, con una riduzione del carico aziendale.
La riforma del lavoro di recente emanazione, per quanto riguarda le disposizioni in tema di occupazione femminile, sembra voler seguire la linea tracciata dalla legge Biagi, nonostante l'abrogazione dei contratti di inserimento.
La legge 28 giugno 2012, n.92, titolata: "disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita", sembra particolarmente sensibile alla questione della disoccupazione delle donne.
L'art. 1, concernente le finalita', afferma che la riforma "dispone misure e interventi intesi a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione, in particolare, tra le altre cose, promuovendo una maggiore inclusione delle donne nella vita economica".
La verifica sullo stato di attuazione della norma e' demandato ad un apposito organismo, definito "Sistema", istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che, con l'ausilio dei dati forniti dall'Istat e dal Sistan, avra' il compito di elaborare appositi rapporti con cadenza almeno annuale.
Tale organismo dovra', altresi', assicurare elementi conoscitivi sull'andamento dell'occupazione femminile, rilevando, in particolare, la corrispondenza dei livelli retributivi al principio di parità di trattamento.
Per quanto riguarda le disposizioni attive, l'art. 4, comma 11, introduce un particolare incentivo alle aziende per le assunzioni di donne con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato a decorrere dal primo gennaio 2013. L'agevolazione e' prevista anche per le assunzioni effettuate in somministrazione di lavoro temporaneo.
Lo sgravio consiste nella riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro ed avra' la durata di diciotto mesi. Nel caso in cui il contratto a termine avesse una durata inferiore, il periodo di validità dello sgravio verrà elevato a diciotto mesi in caso di trasformazione a tempo indeterminato.
Il comma 10, chiarisce inoltre che la riduzione contributiva sarà utilizzabile, nei limiti temporali di cui sopra, anche per le assunzioni effettuate direttamente a tempo indeterminato.
Per consentire alle aziende interessate di usufruire dell'agevolazione contributiva, le neo-assunte dovranno essere "prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi", se residenti in apposite aree depresse che dovranno essere individuate annualmente [4] da un apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
La medesima riduzione contributiva spetta inoltre per l'assunzione delle donne residenti in tutto il territorio nazionale, purché prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.
Non sono previsti requisiti anagrafici. Va da se che l'agevolazione spettera' a prescindere dall'eta' delle neo-assunte.
Di notevole interesse e' la terminologia utilizzata dal legislatore per individuare le destinatarie dell'incentivo. Il riferimento non e' alle "disoccupate" ma a coloro che risultino "prive di un impiego regolarmente retribuito". Tale locuzione non può essere considerata come sinonimo della prima. Le stesse agevolazioni sono infatti previste anche per l'assunzione di lavoratori ultracinquantenni. Per questi ultimi il legislatore ha richiesto espressamente, lo status di "disoccupati" da oltre 12 mesi. In attesa degli opportuni chiarimenti ministeriali, si ritiene che i rapporti di lavoro a chiamata intercorsi nei 6 o nei 24 mesi precedenti all'assunzione, non dovrebbero inficiare la legittimita' dello sgravio contributivo. Stesso discorso per coloro che in tali periodi avessero svolto prestazioni di lavoro occasionale. Maggiori dubbi sussistono, ad avviso di chi scrive, per le donne occupate in brevi contratti a tempo determinato, per le quali, a dispetto della scarsa durata, la retribuzione viene erogata secondo una "regolarità" predeterminata dai relativi contratti individuali. E' ovvio che, in quest'ultimo caso, una interpretazione estensiva sarebbe auspicabile perché amplierebbe in maniera considerevole le destinatarie del beneficio contributivo.
La norma utilizza nel requisito occupazionale le dizioni "impiego" e "retribuito". I suddetti termini vengono generalmente riferiti esclusivamente ai contratti di lavoro subordinato. Va da se che il tal caso sarebbero incluse nel campo di applicazione della fattispecie in oggetto quelle donne impegnate, nel periodo precedente all'assunzione, in lavori autonomi, anche se da essi avessero percepito compensi.
Se dovessimo esprimere un giudizio sulle intenzioni del legislatore della riforma, in merito alla norma in commento, questo sarebbe senz'altro positivo. Forti dubbi però sussistono sui tempi di realizzazione degli intenti. Le agevolazioni dovrebbero partire dal 1 gennaio 2013, lasciando nel frattempo prive di incentivi le aziende che intendessero assumere donne fino a tale data. Inoltre, per entrare a regime queste disposizioni necessitano, oltre al decreto ministeriale di cui si e' detto, delle necessarie istruzioni operative dell'Inps. Prendendo a riferimento disposizioni del passato, la cui attuazione era subordinata agli analoghi provvedimenti amministrativi, sembra ragionevole ritenere che l'operatività della norma slitterà ben oltre la data indicata dalla riforma.
Dott.Valerio Pollastrini
Consulente del lavoro
[1] dlgs n.276/ 2003
[2] art 54 D.lgs n.276/2003
[3] Art. 59 D.Lgs n.276/2003 - " Durante il rapporto di inserimento, la categoria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali e' preordinato il progetto di inserimento oggetto del contratto”
[4] nel rispetto del Regolamento (CE) n.800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008 in regioni ammissibili al finanziamento nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea e nelle aree di cui all’art.2, punto 18) lettera e), del predetto regolamento.
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