L’analisi condotta alla vigilia dell’8 marzo dalla
Consulenza statistico attuariale dell’Inail conferma forti differenze di
genere. Nell’ultimo quinquennio le denunce delle lavoratrici sono diminuite di
quasi il 17%, ma il calo è molto più contenuto rispetto a quello registrato tra
gli uomini (-27,3%)
ROMA - Nel 2014 sono state oltre 238mila le denunce di infortunio
sul lavoro pervenute all’Inail che hanno riguardato le donne nelle tre gestioni
principali industria e servizi, agricoltura e per conto dello Stato. A queste
si aggiungono i 33 casi denunciati nel settore navigazione e i 703 della
gestione autonoma casalinghe. Le denunce di infortunio alle lavoratrici con
esito mortale sono state invece 108, 72 delle quali sono state riconosciute
positive dall’Istituto. Questi alcuni dei dati più significativi che emergono
dall’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail alla
vigilia dell’8 marzo.
I casi femminili pari
a un terzo del totale.
In Italia le donne rappresentano il 52% della popolazione
con più di 15 anni e il 42% del totale degli occupati. Dopo la diminuzione
registrata nel corso del 2013, nel 2014 le lavoratrici sono tornate a crescere,
anche se leggermente (+0,6%), e sono state quantificate dall’Istat in 9,3
milioni. Le denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’Inail che hanno
visto coinvolte le donne sono state pari a poco più di un terzo (35,9%) del
totale (663mila). Nonostante il dato occupazionale fosse in crescita, il 2014
ha registrato rispetto all’anno precedente un calo infortunistico complessivo
del 4,5%, che ha interessato sia i lavoratori (-5,4%) sia le lavoratrici, ma
queste ultime in misura più contenuta (-2,9%).
Cinquantamila denunce
in meno rispetto al 2010.
Prendendo in considerazione l’andamento infortunistico nel
quinquennio precedente, le denunce di infortunio al femminile sono passate dai
286.358 casi del 2010 ai 238.094 del 2014 (-16,9%), a fronte di una diminuzione
dell’occupazione delle donne limitata al 2% nello stesso periodo. Il calo
infortunistico è stato, però, molto più contenuto tra le lavoratrici rispetto a
quello registrato nello stesso arco di tempo tra i colleghi uomini (-27,3%). In
flessione del 16,9% è anche il numero delle denunce di infortuni con esito
mortale occorsi alle donne, passate dalle 130 nel 2010 alle 108 del 2014. Anche
in questo caso, però, la diminuzione percentuale è stata nettamente inferiore
rispetto a quella registrata tra gli uomini (-24,9%).
In itinere il 49,1%
dei decessi.
Rispetto al numero complessivo delle denunce, la quota degli
infortuni in itinere, avvenuti cioè nel tragitto tra la casa e il posto di lavoro,
per le donne è decisamente più elevata rispetto agli uomini, sia in valore
assoluto (rispettivamente 50.252 casi contro 45.974) che in percentuale (21,1%
contro 10,8%). L’incidenza del “rischio strada” sulle lavoratrici è ancora più
marcata se si prendono in considerazione le denunce dei casi mortali: per le
donne, infatti, quasi un decesso su due (49,1%) è avvenuto in itinere, mentre
tra gli uomini lo stesso rapporto è di circa uno su cinque (21,6%).
Incidenti stradali da
“bollino nero”.
Questo divario di genere si conferma anche sommando le
denunce dei casi mortali avvenuti in itinere e quelli in occasione di lavoro
con coinvolgimento di un mezzo di trasporto: tra le donne, infatti, quasi due
decessi su tre (65,7%) sono legati al “rischio strada” rispetto al 38,9% degli
uomini. Questo probabilmente perché le donne sono occupate per oltre il 50% nel
ramo dei servizi, in attività solitamente meno pericolose di quelle industriali
ma comunque soggette al rischio che si corre negli spostamenti tra l’abitazione
e il luogo di lavoro, anche molto frequenti e ripetuti in attività come quelle
del personale domestico e di assistenza sociale domiciliare, in cui prevale
nettamente la quota femminile.
Contusioni e
lussazioni le conseguenze più rilevanti.
L’incidenza degli infortuni delle lavoratrici è
particolarmente elevata nei settori dei servizi domestici e familiari (90,2%
sul totale delle denunce), della sanità e assistenza sociale (72,9%) e della
confezione di articoli di abbigliamento (71,8%). La caduta, inoltre, si
conferma la prima causa d’infortunio per le donne (31,6% sul totale dei soli
casi codificati) e la seconda per gli uomini (21,1%), seguita dalla perdita di
controllo di macchine e utensili. Le conseguenze più rilevanti risultano essere
contusioni e lussazioni, con pesi relativi maggiori per le lavoratrici
(rispettivamente 35,7% contro il 28,5% dei lavoratori e 32,3% contro 25,6%).
La fascia più colpita
è quella tra i 50 e i 54 anni.
Per le donne fino a 50 anni tutte le fasce di età hanno
registrato nel 2014 un decremento infortunistico rispetto al 2013, mentre per
le fasce più mature si è rilevato un aumento. Con 32.405 casi, pari al 13,6%
del totale delle denunce di infortuni femminili, la fascia 50-54 anni risulta
la più colpita in valore assoluto. Particolarmente significativo è l’aumento
delle denunce, osservabile lungo tutto il quinquennio, per la fascia 60-64
anni, passate da seimila nel 2010 a 10mila nel 2014. Anche per gli infortuni
mortali il maggior numero di casi (17 denunce) riguarda la fascia compresa tra
i 50 e i 54 anni.
Il 12,1% delle
infortunate sono straniere.
Le denunce di infortuni occorsi a lavoratrici straniere nel
2014 sono state 28.886, pari al 12,1% del totale delle donne infortunate: le
più colpite sono state le lavoratrici nate in Romania (5.665 casi), Albania
(2.048) e Marocco (2.019). Venti i casi mortali, pari al 12,6% delle 159
denunce di incidenti mortali occorsi ai lavoratori stranieri di entrambi i
sessi.
Meno casi anche tra
le casalinghe.
Nello stesso anno le denunce legate alla polizza
assicurativa contro gli infortuni delle casalinghe (e dei casalinghi) –
obbligatoria per tutte le persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni che
lavorano in maniera abituale, esclusiva e gratuita nell’ambito domestico – sono
state complessivamente 720. La quasi totalità (703) ha riguardato, come atteso,
le donne, con un calo del 22% rispetto alle denunce del 2013 (922, di cui 897
femminili). Per il 2014 sono stati indennizzati, al 31 ottobre 2015, 43 casi in
rendita per menomazione permanente e due casi con rendita ai superstiti per
esito mortale dell’infortunio.
Malattie
professionali: in cinque anni +31%.
Le malattie professionali denunciate dalle lavoratrici nel
2014 sono state quasi 17mila, pari al 29% delle 57mila tecnopatie denunciate in
totale. I dati complessivi hanno confermato il trend in aumento degli ultimi
anni, in controtendenza rispetto all’andamento decrescente degli infortuni sul
lavoro: dalle 51.827 denunce del 2013, infatti, si è passati alle 57.370 del
2014 (+11%). L’incremento percentuale è identico anche prendendo in
considerazione soltanto le denunce delle lavoratrici, cresciute da 15.017 fino
a 16.740. Rispetto alle 12.760 denunce del 2010, invece, l’aumento è del 31%,
tre punti percentuali in meno rispetto all’incremento dei casi di tecnopatie
denunciati dai lavoratori (+34%).
Nel Centro-Sud quasi
due patologie su tre.
A livello
territoriale, nel 2014 le denunce di malattie professionali femminili si sono
concentrate per un terzo al Centro e per il 28% nel Mezzogiorno, seguiti da
Nord-Est (27%) e Nord-Ovest (10%), con una distribuzione sensibilmente diversa
rispetto a quella degli infortuni sul lavoro delle donne, concentrati per oltre
il 60% nel Nord della penisola. A colpire i lavoratori sono soprattutto le
malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, in particolare
tendiniti e dorsopatie, e la sindrome del tunnel carpale, che insieme
rappresentano quasi il 75% delle denunce. Questo risultato medio, però,
maschera una differenza ben marcata tra uomini e donne: se tali patologie
rappresentano il 67% delle denunce maschili, la stessa percentuale, infatti,
sale addirittura all’89% per le donne (circa 15mila delle loro 17mila denunce).
In particolare, la sindrome del tunnel carpale viene denunciata più dalle donne
che dagli uomini (3.229 denunce contro 2.992 nel 2014).
Nessun commento:
Posta un commento