Nel 96 per cento dei casi le tasse che gravano sulle
famiglie dei lavoratori dipendenti vengono prelevate alla fonte, ovvero dalla
busta paga o sono incluse nei beni o nei servizi che vengono acquistati. Solo
il 4 per cento è versato al fisco consapevolmente, vale a dire attraverso
un’operazione di pagamento presso uno sportello bancario o postale.
A fare i conti ci ha pensato l’Ufficio studi della CGIA che
per il 2016 ha calcolato in 17 mila euro il carico fiscale complessivo che
graverà su una famiglia tipo composta da due lavoratori dipendenti (marito e
moglie) con un figlio a carico.
L’obbiettivo dell’analisi era quello di dimostrare che il
prelievo effettuato con il sostituto di imposta origina un rapporto tra il
fisco e i lavoratori dipendenti molto diverso da quello intrattenuto dai
lavoratori autonomi che, per loro natura, sono
chiamati a pagare in misura
consapevole la gran parte del proprio carico fiscale; ciò determina
un’insofferenza nei confronti delle tasse molto superiore a quella manifestata
dai dipendenti.
“Nel momento in cui ci rechiamo in banca o alle poste per
pagare il bollo dell’auto, la Tari o l’Imu – segnala il coordinatore
dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo –
psicologicamente percepiamo maggiormente il peso economico di questi
versamenti rispetto a quando subiamo il prelievo dell’Irpef o dei contributi
previdenziali direttamente dalla busta paga. Nel momento in cui mettiamo mano
al portafoglio prendiamo atto dell’entità del pagamento e di riflesso scatta
una forma di avversione nei confronti del fisco. All’opposto, quando i tributi
vengono riscossi alla fonte, l’operazione è astrattamente meno indolore, perché
avviene in maniera automatica”.
Sebbene la pressione fiscale sia leggermente in calo,
secondo la CGIA rimane ancora troppo elevata e, indipendentemente dalla forma
del prelievo, va assolutamente abbassata. Il Segretario degli artigiani di
Mestre, Renato Mason, afferma:
“Gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia la
pressione fiscale è di oltre 4 punti percentuali superiore a quella
tedesca, di 6 punti rispetto a quella
olandese, di 9 nei confronti di quella spagnola e di oltre 13 se la
comparazione viene eseguita con quella irlandese. E’ ovvio come con questi gap
sia difficile competere in campo internazionale. Soprattutto per le nostre
piccole imprese che oltre a pagare troppe tasse sono penalizzate anche da un
sistema paese poco sensibile alle loro esigenze”.
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