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lunedì 8 febbraio 2016

Confartigianato – Italia al 26° posto in Ue 28 per tasso di crescita 2016-17. A questo ritmo solo nel 2027 PIL pro capite ai livelli pre crisi

Confartigianato, Nota del 08 febbraio 2016

L’analisi dei dati macroeconomici contenuti nelle previsioni d’inverno dalla Commissione europea rilasciate giovedì scorso indicano che la ripresa economica nella zona euro e nell’intera Unione europea “dovrebbe proseguire a ritmo blando l’anno prossimo“: il PIL reale della zona euro crescerà dell’1,6% nel 2015, per salire poi all’1,8% nel 2016 e all’1,9% nel 2017. Rimane più debole la crescita dell’Italia il cui PIL reale dovrebbe passare dallo 0,8% di quest’anno all’1,4% nel 2016 e all’1,3% nel 2017.

Dopo aver calcolato il tasso di crescita medio del biennio 2016-2017 nei 28 Paesi dell’Ue si osserva che l’Italia si colloca al 26° posto, con un tasso medio dell’1,4% inferiore di quattro decimi di punto all’1,8% dell’Eurozona. Nell’Unione fanno peggio dell’Italia solo la Grecia (+1,0% medio annuo) e la Finlandia (+0,7%). Tra i maggiori Paesi dell’Eurozona la Spagna registra una crescita media annua del 2,6%, la Germania dell’1,8%, la Francia dell’1,5%; al di fuori dell’area a valuta comune il Regno unito segna una crescita del 2,1%.

La bassa crescita allunga il sentiero di recupero dopo due pesanti cicli recessivi. A tal proposito va ricordato che, considerando questo ritmo di sviluppo il PIL pro capite dell’Italia del 2017 rimane del 9,5% inferiore a quello del 2007, mentre nell’Area euro il PIL pro capite nel 2017 torna, per la prima volta, al di sopra (+1,4%) al livello dell’anno pre crisi.

Nel biennio 2016-2017 il PIL pro capite cresce mediamente dell’1,1%; mantenendo questo ritmo di crescita il PIL pro capite tornerebbe ai livelli del 2007 solo tra undici anni nel 2027, evidenziando che la crisi scoppiata nel 2008 prolungherebbe i suoi effetti per 20 anni.

PIL e regioni.
Sul territorio la dinamica del PIL pro capite tra il 2007 e il 2014 – ultimo anno disponibile – mostra ampie differenze: a fronte della resilienza di Bolzano che nell’arco dei sette anni in esame contiene la perdita di PIL per abitante al -1,2%, si registra un calo contenuto al -4,9% per la Valle d’Aosta; seguono Trento (-9,1%), Lombardia (-9,3%), Sardegna (-9,6%), Toscana (-9,7%) e Abruzzo (-9,8%). All’opposto i cali più pesanti per Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Marche (tutte e tre le regioni segnano un -15,0%), seguito dal Lazio (-15,8%), Umbria (-17,4%) e Campania (-17,6%). I conti regionali fanno iniziare le serie storiche al 1995; per 9 regioni italiane – Piemonte, Valle d’Aosta, Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo, Campania e Sicilia – il PIL pro capite del 2014 è inferiore a quello del 1995.

Bassa crescita nonostante fattori di contesto positivi.
La lenta ripresa dell’Italia è un aspetto particolarmente critico tenendo conto della possibile attenuazione dei fattori esterni positivi – prezzi del petrolio, discesa dei tassi di interesse e debolezza del valore esterno dell’euro – associata al rallentamento delle economie di mercato emergenti e al persistere di tensioni geopolitiche. A tal proposito va segnalato che l’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia indica che “la flessione del prezzo del petrolio osservata a partire dal 2014 contribuirebbe positivamente all’aumento del prodotto per circa 0,8 punti percentuali nel biennio 2016-17”.

In questa prospettiva può essere insufficiente il bilanciamento dato dalla domanda interna per consumi, sostenuta dalle migliori condizioni del mercato del lavoro e il conseguente maggiore reddito reale disponibile. A tal proposito va segnalato che le stime della Commissione europea registrano per il 2016 un correzione della crescita del PIL per l’Italia di 0,1 punti, che passa dal +1,5% al +1,4%. Tale modifica è il risultato di differenti andamenti per le componenti della domanda: mentre la dinamica dei consumi privati è corretta al rialzo  dal +1,4% previsto a novembre 2015 al +1,5% attuale, gli investimenti scendono dal +4,0% al 3,8% ed inoltre si osserva una revisione al ribasso anche per il contributo del commercio estero, con  la crescita delle esportazioni che scende dal +3,3% previsto nello scorso autunno all’attuale 3,1% e il trend delle importazioni che passa dal 4,8% di novembre 2015 al 4,9%.

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