L’analisi dei dati macroeconomici contenuti nelle previsioni
d’inverno dalla Commissione europea rilasciate giovedì scorso indicano che la
ripresa economica nella zona euro e nell’intera Unione europea “dovrebbe
proseguire a ritmo blando l’anno prossimo“: il PIL reale della zona euro
crescerà dell’1,6% nel 2015, per salire poi all’1,8% nel 2016 e all’1,9% nel
2017. Rimane più debole la crescita dell’Italia il cui PIL reale dovrebbe
passare dallo 0,8% di quest’anno all’1,4% nel 2016 e all’1,3% nel 2017.
Dopo aver calcolato il tasso di crescita medio del biennio
2016-2017 nei 28 Paesi dell’Ue si osserva che l’Italia si colloca al 26° posto,
con un tasso medio dell’1,4% inferiore di quattro decimi di punto all’1,8%
dell’Eurozona. Nell’Unione fanno peggio dell’Italia solo la Grecia (+1,0% medio
annuo) e la Finlandia (+0,7%). Tra i maggiori Paesi dell’Eurozona la Spagna
registra una crescita media annua del 2,6%, la Germania dell’1,8%, la Francia
dell’1,5%; al di fuori dell’area a valuta comune il Regno unito segna una
crescita del 2,1%.
La bassa crescita allunga il sentiero di recupero dopo due
pesanti cicli recessivi. A tal proposito va ricordato che, considerando questo
ritmo di sviluppo il PIL pro capite dell’Italia del 2017 rimane del 9,5%
inferiore a quello del 2007, mentre nell’Area euro il PIL pro capite nel 2017
torna, per la prima volta, al di sopra (+1,4%) al livello dell’anno pre crisi.
Nel biennio 2016-2017 il PIL pro capite cresce mediamente
dell’1,1%; mantenendo questo ritmo di crescita il PIL pro capite tornerebbe ai
livelli del 2007 solo tra undici anni nel 2027, evidenziando che la crisi
scoppiata nel 2008 prolungherebbe i suoi effetti per 20 anni.
PIL e regioni.
Sul territorio la dinamica del PIL pro capite tra il 2007 e
il 2014 – ultimo anno disponibile – mostra ampie differenze: a fronte della
resilienza di Bolzano che nell’arco dei sette anni in esame contiene la perdita
di PIL per abitante al -1,2%, si registra un calo contenuto al -4,9% per la
Valle d’Aosta; seguono Trento (-9,1%), Lombardia (-9,3%), Sardegna (-9,6%),
Toscana (-9,7%) e Abruzzo (-9,8%). All’opposto i cali più pesanti per
Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Marche (tutte e tre le regioni segnano un
-15,0%), seguito dal Lazio (-15,8%), Umbria (-17,4%) e Campania (-17,6%). I
conti regionali fanno iniziare le serie storiche al 1995; per 9 regioni
italiane – Piemonte, Valle d’Aosta, Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia,
Umbria, Abruzzo, Campania e Sicilia – il PIL pro capite del 2014 è inferiore a
quello del 1995.
Bassa crescita
nonostante fattori di contesto positivi.
La lenta ripresa dell’Italia è un aspetto particolarmente
critico tenendo conto della possibile attenuazione dei fattori esterni positivi
– prezzi del petrolio, discesa dei tassi di interesse e debolezza del valore
esterno dell’euro – associata al rallentamento delle economie di mercato
emergenti e al persistere di tensioni geopolitiche. A tal proposito va
segnalato che l’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia indica che “la
flessione del prezzo del petrolio osservata a partire dal 2014 contribuirebbe
positivamente all’aumento del prodotto per circa 0,8 punti percentuali nel
biennio 2016-17”.
In questa prospettiva può essere insufficiente il
bilanciamento dato dalla domanda interna per consumi, sostenuta dalle migliori
condizioni del mercato del lavoro e il conseguente maggiore reddito reale
disponibile. A tal proposito va segnalato che le stime della Commissione
europea registrano per il 2016 un correzione della crescita del PIL per
l’Italia di 0,1 punti, che passa dal +1,5% al +1,4%. Tale modifica è il
risultato di differenti andamenti per le componenti della domanda: mentre la
dinamica dei consumi privati è corretta al rialzo dal +1,4% previsto a novembre 2015 al +1,5%
attuale, gli investimenti scendono dal +4,0% al 3,8% ed inoltre si osserva una
revisione al ribasso anche per il contributo del commercio estero, con la crescita delle esportazioni che scende dal
+3,3% previsto nello scorso autunno all’attuale 3,1% e il trend delle
importazioni che passa dal 4,8% di novembre 2015 al 4,9%.
Nessun commento:
Posta un commento