L’abolizione degli studi di settore, invece, riguarderà
quasi 740mila liberi professionisti
Sono poco meno di 220.500 le partite Iva che saranno
interessate dal nuovo statuto dei lavoratori autonomi che dovrebbe essere
licenziato quest’oggi dal Consiglio dei Ministri.
Si tratta dei liberi professionisti che non dispongono di
alcuna cassa previdenziale e sono iscritti alla gestione separata Inps.
Rispetto alla platea dei titolari di partita Iva-persone fisiche che ammonta a
quasi 3.900.000, i lavoratori autonomi interessati da questo nuovo
provvedimento di sostegno al reddito saranno poco meno del 6 per cento.
A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre che
ricorda come tra il 2010 e il 2014 (ultimo dato disponibile) questa categoria
di contribuenti iscritta alla gestione separata Inps sia aumentata a livello
nazionale del 19,2 per cento, con punte massime del 44,8 per cento in Sicilia,
del 37,2 per cento in Puglia e del 36,1 per cento in Basilicata.
Le professioni maggiormente interessate saranno le guide
turistiche, i grafici-pubblicitari, i consulenti di investimento, i consulenti
tributari, gli educatori, etc.
“L’istituzione di un pacchetto di misure a sostegno dei
redditi degli autonomi va salutata positivamente – segnala il Coordinatore
dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – peccato che coinvolga un numero di lavoratori
molto contenuto. Ricordo che in questi ultimi anni di crisi economica la
povertà ha colpito soprattutto il popolo delle partite Iva. Gli ultimi dati
riferiti al 2014 ci dicono che il 24,9 per cento delle famiglie con reddito
principale da lavoro autonomo ha vissuto
con una disponibilità economica inferiore alla soglia di povertà totale
calcolata dall’Istat in 9.455 euro. Praticamente una su quattro si è trovata in
una condizione di vita non accettabile. Per quelle con reddito da
pensioni/trasferimenti sociali e da lavoro dipendente, invece, la percentuale
al di sotto della soglia di povertà è stata inferiore. Per le prime, infatti,
l’incidenza si è attestata al 20,9 per cento, per le seconde al 14,6 per cento.
Insomma, le famiglie con reddito principale da lavoro autonomo sono quelle che
più delle altre hanno rischiato di
scivolare nella povertà”.
In termini assoluti le regioni con il più alto numero di
partite Iva interessate dai nuovi diritti saranno la Lombardia (55.993 unità),
il Lazio (29.959 persone) e l’Emilia Romagna (20.118 autonomi).
“Il forte calo della domanda interna – segnala il Segretario
della CGIA Renato Mason – ha contribuito in maniera determinante a peggiorare
le condizioni economiche dei lavoratori autonomi che, nella stragrande
maggioranza dei casi, vivono dei consumi delle famiglie. Il crollo di
quest’ultimi ha causato una caduta verticale del fatturato di moltissime
piccole attività e spinto alla chiusura tantissime partite Iva che, a
differenza dei lavoratori dipendenti, fino ad ora non hanno beneficiato di
alcuna misura di sostegno al reddito”.
Tra le novità di questi giorni spicca anche l’ipotesi
annunciata dal Viceministro alle Finanze, Luigi Casero, di abolire gli studi di
settore per tutti i liberi professionisti. Con questa misura
quasi 739mila professionisti saranno “sollevati” dal rispettare le
disposizioni previste ogni anno da Gerico.
La CGIA infine ricorda che i titolari di partita Iva a cui
sono applicati gli studi di settore sono quasi 3.644.000. Di questi, poco più
di 802mila sono liberi professionisti. Sottraendo a questi ultimi le oltre
63mila società costituite da professionisti, i soggetti che saranno interessati
dall’abolizione degli studi di settore sfioreranno le 739.000 unità.
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