La vocazione alla sostenibilità ambientale rappresenta un
asset primario del ‘valore artigiano’ con una intensità di emissione che con la
composizione settoriale dell’artigianato è del 29,7% rispetto alla media del
totale delle imprese del Manifatturiero e si conferma con anche nella domanda
di lavoro orientata alle professioni green che sono il 17,5% delle assunzioni
totali, quota quasi doppia rispetto al 9,9% del totale delle imprese.
Oggi a Parigi apre la 21° Conferenza di Parigi sul clima che
prevede il negoziato per l’accordo sulle politiche di lotta ai cambiamenti
climatici. Con la Conferenza di Parigi si presenta l’opportunità di un accordo
universale per regolare le emissioni di gas ad effetto serra che la letteratura
scientifica individua come una delle maggiori cause dell’aumento della
temperatura del pianeta. Nel 2012 la temperatura media del Pianeta è salita di
0,89 °C rispetto alla media dell’intero precedente XX secolo e, nel periodo
estivo, la temperatura media potrebbe salire da 1,3 °C a 5,3 °C per la fine di
questo secolo. La premessa di un buon esito dei negoziati consiste nella
presentazione – in fase di preparazione della conferenza – dei contributi
nazionali alla riduzione delle emissioni da oltre 160 paesi che, insieme,
producono il 93% delle emissioni globali; il precedente Protocollo di Kyoto del
1997 ha riguardato paesi che, ad oggi, determinano solo il 12% delle emissioni
di gas serra globali. Il negoziato di questi giorni sarà impegnativo dato che
questi contributi volontari non sono ancora sufficienti per raggiungere
l’obiettivo concordato dai paesi e suggerito dalla scienza di limitare al 2100
l’aumento della temperatura entro i 2°C.
L’analisi dei dati sulle emissioni di gas serra che la COP21
presenta indica per l’Italia un livello di 8,2 tonnellate di CO2 per abitante,
il 9,9% in meno del 9,1 della media Ue a 28; l’economia italiana segna un
impatto ridotto del 27,4% rispetto alle 11,3 tonnellate di CO2 per abitante
della Germania, il nostro principale competitor manifatturiero. Secondo le
valutazioni di Eurostat in Italia il settore manifatturiero contribuisce per il
28% delle emissioni di gas serra, seguito dall’energia per il 25%, il domestico
per il 22%, i trasporti per l’11,% e l’agricoltura per il 9%.
Le valutazioni del Ministero dell’Ambiente evidenziano che
il nostro Paese ha già raggiunto l’obiettivo previsto dal Protocollo di
Kyoto (riduzione del 6,5% nel periodo
2008-2012) e che in relazione all’attuazione degli impegni per la riduzione al
2020 “le misure già adottate ci consentono, ad oggi, di cogliere il nostro
obbiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 20%.” Anche gli obiettivi
definiti in ambito europeo sono ambiziosi e prevedono la riduzione entro il
2030 di almeno il 40% le emissioni rispetto al 1990, di elevare fino al 27% la
produzione di energia da fonti rinnovabili e di
incrementare del 27% l’efficienza energetica.
Su questi fronti l’Italia ha già raggiunto risultati
importanti. Secondo l’ultima comparazione internazionale disponibile,
l’economia italiana ha una quota di energia da fonti rinnovabili pari al 16,7%
del consumo lordo di energia, 1,7 punti sopra alla media dell’Ue a 28. Grazie
allo sviluppo del fotovoltaico l’Italia è il primo paese nell’Ue per crescita
della quota di energia da fonti rinnovabili tra il 2008 e il 2013, salita di
9,4 punti, più del doppio della media Ue a 28 e davanti a Danimarca con +8,6
punti, Bulgaria con +8,5 punti, Lettonia con +7,3 punti e Grecia con +7 punti.
Questo risultato è stato reso possibile anche grazie all’attività delle imprese
nei settori che ricomprendono l’installazione e la gestione di impianti da
fonti rinnovabili che, secondo le nostre valutazioni, al II trimestre 2015 sono
100.418, operanti prevalentemente nell’impiantistica elettrica e termoidraulica.
Nel Rapporto ‘Territori 2015′ i dati per regione e per provincia
su consistenza e dinamica delle imprese della filiera delle Fonti di energia
rinnovabile. Clicca qui per scaricarlo.
Le imprese italiane hanno migliorato l’efficienza
energetica: in dieci anni (2003-2013) il
rapporto tra l’energia consumata e il valore aggiunto prodotto delle
imprese – manifatturiero, costruzioni e
servizi al netto dei trasporti – si è ridotto del 18,8%, un ritmo maggiore di
quello delle imprese tedesche (-10,7% nel periodo) e francesi (-17,2%).
Per quanto riguarda le emissioni del sistema produttivo il
confronto internazionale basato sui dati di Eurostat – che comprendono le
emissioni di anidride carbonica, protossido di azoto e metano – evidenzia che il totale delle
attività produttive in Italia genera emissioni per 246 tonnellate di CO2
equivalenti per milione di euro di valore aggiunto, inferiore del 22,2%
rispetto alla media dell’Ue a 28 e che colloca l’Italia al 5° posto nella
classifica dei Paesi virtuosi, davanti a Regno Unito (7° posto), Spagna (8°) e
Germania (11°) e dietro solo alla
Francia (2°) che beneficia del minore impatto dato dalla produzione di energia
con il nucleare.
Approfondendo l’analisi settoriale si osserva che in Italia
i settori di micro e piccola impresa e le imprese artigiane mostrano una più
contenuta intensità di emissioni e un minore impatto sul riscaldamento globale.
Prendendo a riferimento i dati dei conti nazionali dell’Istat relativi alle
emissioni atmosferiche di gas serra si osserva che nei settori manifatturieri
di Micro e Piccole Imprese (MPI) – comparti in cui l’incidenza degli addetti
nelle imprese fino a 50 addetti supera il 60% – si registra un’intensità di
emissione di 1.374 tonnellate di CO2 equivalenti ogni 1.000 unità di lavoro
(Ula), inferiore del 26,3% rispetto alla media del Manifatturiero pari a 1.864
tonnellate di CO2 equivalenti ogni 1.000 Ula, a fronte di una media degli altri
settori del Manifatturiero dove l’intensità di emissione è pari a 2.387 CO2
equivalenti ogni 1.000 Ula. Nello specifico per le imprese artigiane di tutti i
settori del Manifatturiero l’intensità di emissione scende a 1.310 tonnellate
di CO2 equivalenti ogni 1.000 unità lavoro, inferiore del 29,7% rispetto alla
media del totale delle imprese del Manifatturiero.
La vocazione alla sostenibilità ambientale come asset
primario del ‘valore artigiano’ si conferma anche nella domanda di lavoro
orientata alle professioni green. Nel 2015 nell’artigianato sono previste
16.100 assunzioni di green job – il 17,5% delle assunzioni totali, quota quasi
doppia rispetto al 9,9% del totale delle imprese – e le professioni
maggiormente richieste sono elettricisti energy saving (21,7% delle assunzioni
green nell’artigianato), meccanici e montatori di macchinari a basso impatto
ambientale (7,5%), installatori di infissi energy saving e tecnici gestione cantieri edili green
building (entrambe con il 3,7%).
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