Jobs Act e sgravi contributivi rilanciano nel 2015 i
contratti a tempo indeterminato. Un’impresa su tre offre servizi di welfare,
coinvolto un lavoratore su due.
Il 60,1% della forza lavoro delle imprese associate a
Confindustria ha un contratto di secondo livello che prevede l’erogazione di
premi variabili collettivi, nelle imprese fino a 15 dipendenti è coperto poco
più di un lavoratore su dieci, in quelle con 16-99 dipendenti il 39,5% e il
77,4% in quelle con 100 e più addetti.
Il 29,6% delle imprese associate a Confindustria ha
programmi di welfare. Le imprese con 100 e più addetti con programmi di welfare
sono il 61,6%, contro il 35,4% e il 21,7% rispettivamente di quelle con 16-99
addetti e di quelle fino a 15.
Le nuove disposizioni in materia di welfare aziendale
inserite dal Disegno di Legge di Stabilità 2016, prevedono che le opere e i
servizi di utilità sociale non concorrano a formare il reddito imponibile del
dipendente anche nei casi in cui siano erogati in ragione di accordi
contrattuali e non solo a seguito di decisione unilaterale del datore di
lavoro. Ciò comporterà importanti vantaggi fiscali e amplierà sostanzialmente
il ventaglio di opzioni disponibili per la contrattazione di secondo livello,
che viene incentivata dallo stesso DLS stanziando 521milioni per la
detassazione dei premi variabili legati a incrementi di produttività.
Nel 2015 l’attuazione del Jobs Act e gli sgravi contributivi
hanno invertito il trend di aumento dei contratti a tempo determinato partito
nel 2014, favorendo i contratti a tempo indeterminato. Nei primi nove mesi
dell’anno, secondo i dati INPS, le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel
settore privato sono state 1 milione e 331mila, +34,4% rispetto allo stesso
periodo del 2014, le trasformazioni 371mila (+18,1%).
L’indagine Confindustria rileva che la riduzione dei
contributi e/o il contratto a tutele crescenti hanno influenzato le decisioni
sull’occupazione del 62,1% delle aziende che hanno dichiarato di aver
effettuato o di avere la volontà di effettuare assunzioni nel corso del 2015.
Quota che va dal 64,1% delle imprese con 1-15 addetti al 62,8% di quelle con
16-99 e al 56,4% di quelle con 100 e più addetti.
L’incidenza delle ore di assenza sulle lavorabili nelle
aziende associate è rimasta sui livelli del 2013 (6,5%) e si è confermata più
elevata nei servizi (7,4% contro il 5,9% nell’industria in senso stretto) e
nelle imprese più grandi (7,3% in quelle con 100 e più addetti; 4,3% in quelle
fino ai 15).
Nessun commento:
Posta un commento