Il professionista che non identifica il cliente e il
beneficiario effettivo della sua prestazione, e che non verifica lo scopo e la
natura del rapporto in tutta la sua durata commette reato. A stabilirlo è la
sentenza n. 46415 del 23 novembre 2015 della Corte di Cassazione, anticipata da
Italia Oggi nell'edizione del 24 novembre 2015.
L'illecito penale è previsto dal decreto legislativo 231/07
sulle norme antiriciclaggio, che impone obblighi severi a professionisti ed
intermediari finanziari e pene pecuniarie in caso di inosservanza. Per i
giudici della Corte suprema, quindi, basta il semplice "dolo", ovvero
la volontà di contravvenire alle prescrizioni in materia di verifica della
clientela per compiere reato.
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