A tracciare l’identikit del lavoro minorile è l’Osservatorio
nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza, che lo giudica un vero
e proprio “furto dell’infanzia, da condannare senza se e senza ma”. Rampi (Civ
Inail): “L’impiego dei giovanissimi non va incentivato, ma se non si può
evitare va almeno tutelato”
ROMA - Commessi, baristi, parrucchieri. Ma anche braccianti
agricoli, meccanici di officina, manovali nei cantieri. Questi alcuni degli
impieghi più diffusi tra il piccolo esercito di 260mila lavoratori under 16 che
in Italia, invece di andare a scuola, ogni giorno si guadagna da vivere
lavorando complessivamente oltre un milione di ore. Uno su due non viene
neppure pagato, anche perché la maggioranza aiuta in casa (33%) o nell’attività
di famiglia (40%).
Per il 54% dei
genitori scelta ok se c’è la crisi.
A tracciare il loro identikit è l’Osservatorio nazionale
sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss), che bolla il fenomeno
dei baby lavoratori come un vero e proprio “furto dell’infanzia, da condannare
senza se e senza ma”. Non tutti i genitori, però, sembrano condividere questo
giudizio così netto. Come emerge da un’indagine commissionata a Datanalysis e
condotta su un campione rappresentativo di mille mamme e papà – i cui risultati
sono stati presentati la scorsa settimana a Roma, in un convegno ospitato dal
Civ Inail presso la sede dell'Istituto di via IV Novembre – nonostante l’80%
sia consapevole del fatto che il lavoro minorile priva i ragazzi dell’infanzia,
della formazione scolastica e della crescita psicofisica, il 54% lo giustifica,
in parte, se dettato dalla necessità di far fronte alla crisi economica.
“La gavetta prima dei
16 anni pregiudica salute e benessere”.
“L’idea che iniziare la gavetta presto possa aiutare i
ragazzi a inserirsi meglio nel mondo del lavoro è falsa e fuorviante – ha
spiegato Giuseppe Mele, presidente di Paidòss – Un modo utile soprattutto a
nascondersi ipocritamente di fronte alla realtà: lavorare prima dei 16 anni
mette a rischio la salute e il benessere psicofisico e non aiuta a trovare
meglio lavoro. Le stime indicano addirittura che un bambino costretto a
lavorare prima del tempo da adulto avrà il doppio delle difficoltà per trovare
un impiego dignitoso”.
“Spesso sono
esperienze dure e insicure”.
“Purtroppo c’è una diffusa mancanza di consapevolezza della
pervasività e delle conseguenze del lavoro minorile – ha confermato la
senatrice Camilla Fabbri, presidente della commissione d’inchiesta sugli
infortuni sul lavoro – L’istruzione nell’infanzia non può essere sostituita con
il lavoro: gli impieghi dei minori non hanno mai ‘valore’ e soprattutto negano
un diritto umano, quello a una crescita personale, sociale e morale in serenità
che ciascuno deve avere. Il lavoro minorile non è mai positivo, spesso si
tratta di esperienze dure per gli orari estenuanti, la mancanza di condizioni
di sicurezza, i rapporti complessi con i datori di lavoro anche quando si
tratta di familiari. Un ragazzino lavoratore corre più rischi di rimanere ai
margini della società: l’istruzione deve essere garantita e l’abbandono
scolastico combattuto con ogni mezzo, perché è l’unico modo per garantire che i
giovani acquisiscano conoscenze e competenze davvero adeguate al mercato del
lavoro in continua evoluzione”.
“Molti infortuni
denunciati come incidenti di gioco”.
La fascia più vulnerabile è quella dei 30mila ragazzi con
meno di 16 anni che sono a rischio sfruttamento perché impiegati in lavori
pericolosi o che possono compromettere molto seriamente il loro sviluppo, ad
esempio perché costretti a stare svegli durante la notte. Molti infortuni, ha
osservato a questo proposito il presidente del Civ Inail, Francesco Rampi, al
pronto soccorso non vengono neppure denunciati come tali, ma come incidenti
accaduti durante il gioco: “Il lavoro tra i giovanissimi non va incentivato –
ha aggiunto Rampi – ma se non si può evitare va almeno tutelato, per esempio
anticipando l’assicurazione per la sicurezza”.
“Le conseguenze
possono compromettere il resto della vita”.
“Purtroppo non sono rari i casi in cui ragazzini sono
costretti a lavorare alla sera, rinunciando a ore di riposo ed esponendosi a
una maggior probabilità di malattie come obesità, diabete, tumori – ha
sottolineato il presidente dell’Anmil, Franco Bettoni – Molti maneggiano
assiduamente sostanze chimiche tossiche, pensiamo ad esempio ai piccoli
impiegati in negozi di parrucchiere o come calzolai, meccanici, braccianti
agricoli. Ci sono ragazzini che svolgono lavori in cui si devono utilizzare
oggetti taglienti o attrezzi pericolosi, altri che aiutano in cantieri edili
dove il rischio di incidenti è considerevole. Tutto ciò incrementa moltissimo
la probabilità che un piccolo lavoratore si faccia seriamente male, con
conseguenze che possono in alcuni casi compromettere tutto il resto della
vita”.
La percezione del
fenomeno è distorta.
La percezione del fenomeno del lavoro minorile, però, è
distorta. Il 40% del campione interpellato da Datanalysis, infatti, ha ammesso
di non sapere della sua esistenza e ben il 55% è convinto che riguardi
esclusivamente i Paesi poveri. Tra chi invece ne è a conoscenza, il 40% pensa
che riguardi solo il Meridione e il 30% che coinvolga solo minori stranieri,
mentre in realtà dei 260mila lavoratori under 16 solo 20mila non sono italiani.
“I dati raccolti – ha commentato Mele – indicano una preoccupante indulgenza dei
genitori italiani nei confronti del lavoro minorile: il 26%, con punte del 33%
al Sud, non ci vede nulla di male, mentre il 20% ritiene che il giudizio debba
dipendere dalla situazione del singolo”.
“Ogni bambino ha il
diritto di essere protetto”.
Per il presidente di Paidòss, però, ciò che “turba ancora di
più è che solo il 34% delle mamme e dei papà costringerebbe a restare sui
banchi un figlio intenzionato a lasciare la scuola per lavorare, impedendogli
una scelta dannosa per la sua vita: uno su quattro, infatti, ha risposto che
accetterebbe la decisione, pur ritenendola un errore, uno su cinque la
considera invece una volontà da rispettare comunque. Non è così: ogni bambino
ha il diritto di essere protetto dallo sfruttamento economico, in qualunque sua
forma”.
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