L’ Agenzia delle Entrate con risoluzione n. 81 del 25
settembre 2015, ribadisce:
a) la facoltà, per
chi emette/riceve fatture elettroniche, di conservare le stesse, così come le altre
scritture contabili, tanto sul territorio nazionale, quanto all’estero, in
Paesi con i quali esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca
assistenza;
b) l’obbligo di
comunicare, tramite la dichiarazione dei redditi, che nell’anno di riferimento
si è proceduto alla conservazione sostitutiva;
c) in caso di
controlli e verifiche, l’obbligo di rendere leggibili ed accessibili i
documenti (fatture in primis) tanto dalla sede presso cui il contribuente
svolge la propria attività, quanto dal diverso luogo in cui gli stessi sono
fisicamente collocati, previa apposita dichiarazione da effettuare ai sensi del
citato articolo 35, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 633 del 1972.
Con riferimento all’obbligo di comunicazione nella
dichiarazione sub b), al rigo RS140 del Modello Unico PF (ovvero ai righi RS104
e RS40 per quelli SC e SP) va indicato «il codice 1, qualora il contribuente
nel periodo di riferimento, abbia conservato in modalità elettronica almeno un
documento rilevante» (cfr. pagina 43 delle relative istruzioni).
Con riferimento all’obbligo di comunicare il luogo di
conservazione, sub c), le istruzioni ai modelli AA7/10 e AA9/11 (da quest’anno
AA9/12), rispettivamente quadri E e F, chiariscono che la Sezione 1, relativa a
“soggetti depositari e luoghi di conservazione delle scritture contabili”, va
compilata quando i depositari stessi sono «diversi dal soggetto indicato nel
quadro C (titolare)», tanto «nel caso in cui debba essere comunicata la
sostituzione di un depositario», quanto «nel caso in cui debba essere
comunicata esclusivamente la variazione di uno o più luoghi di conservazione
delle scritture contabili già comunicati», dando poi eventuale e separata
indicazione nella Sezione 2 dei “luoghi di conservazione delle fatture all’estero”.
Ciò premesso, il concetto di “conservazione” delle scritture
contabili cui il D.P.R. n. 633 del 1972 e i relativi modelli in uso fanno
riferimento - in origine riferito ai soli documenti cartacei e, quindi,
sostanzialmente coincidente con il concetto di “deposito” - deve
necessariamente tenere conto del processo di dematerializzazione dei documenti
fiscalmente rilevanti. In tale processo, infatti, il conservatore è il
soggetto, definito dal CAD e riportato nel manuale di conservazione, il quale
opera solo il processo di “conservazione elettronica” dei documenti fiscali.
Questi può, peraltro, coincidere con il contribuente, oppure può assumere la
veste del depositario (ossia di colui che gestisce la contabilità e che, ai
fini fiscali, assume specifiche responsabilità), o può essere un soggetto
terzo.
In tale ultima ipotesi, oggetto della presente istanza,
poiché il conservatore (“elettronico”) non è il depositario delle scritture, il
contribuente non è tenuto a farne comunicazione mediante il modello AA9/11
(essendo, in ogni caso, gli estremi identificativi del conservatore riportati
obbligatoriamente nel manuale della conservazione), nel presupposto che, in
caso di accesso, i verificatori siano messi in condizione di visionare e
acquisire direttamente, presso la sede del contribuente ovvero del
“depositario” delle scritture contabili, la documentazione fiscale, compresa
quella che garantisce l’autenticità ed integrità delle fatture, al fine di
verificarne la corretta conservazione. Va da sé che la mancata esibizione dei
documenti sopra richiamati comporta gli effetti previsti dagli articoli 39 del
D.P.R. n. 600 del 1973 e 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.
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