“Nel medio-lungo
periodo, rendere flessibile l’età della pensione porterebbe lo Stato non a
spendere di più ma a risparmiare, chi dovesse decidere di lasciare il lavoro
prima dei 66 anni avrebbe un assegno più basso non per un po’ di tempo ma per
tutto il resto della sua vita. È da qui, ma non solo, che arriverebbero i
risparmi per il bilancio pubblico. Anche questa è spending review”. E’ quanto
afferma in un’intervista al Corriere della Sera Pier Paolo Baretta,
sottosegretario all’Economia.
“Per garantire l’equilibrio del sistema – sottolinea – non
bisogna guardare solo all’oggi ma anche al domani e ai giorni che vengono dopo.
Tuttavia è chiaro: se nel medio-lungo periodo la flessibilità porta risparmi,
nell’immediato dei costi ci sono. Ma possono essere sostenibili, del tutto
sostenibili”.
Al presidente dell’Inps Tito Boeri – secondo il quale la
proposta costerebbe 8,5 miliardi di euro l’anno – Baretta risponde che “sono
numeri esagerati. Danno per scontato che tutte le persone deciderebbero di
andare in pensione prima e che sfrutterebbero anche il massimo anticipo
possibile. Irrealistico. Il costo netto dell’operazione sarebbe “meno della
metà rispetto a quanto indicato da Boeri”. “Diverse le proposte allo studio: ad
esempio, spiega il sottosegretario, si potrebbe legare il taglio dell’assegno
al livello del reddito: se prendi una pensione da 1.500 euro, dico per dire, ti
taglio il 2%, se ne prendi 2.500, a parità di altre condizioni, ti taglio un
po’ di più. Oppure si potrebbe introdurre la flessibilità in modo graduale. Nel
2016 consenti di uscire con un anno di anticipo, nel 2017 con due anni di
anticipo, nel 2018 sali fino a tre. E così via”.
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