Secondo l’Ufficio studi della CGIA, le imposte, le tasse e i
tributi che versiamo allo Stato centrale sono tre volte superiori a quelle che
paghiamo a Regioni ed enti locali. Nel 2014, ad esempio, all’erario sono
“confluiti” ben 379,7 miliardi, nelle casse dei Governatori e dei Sindaci,
invece, sono stati versati solo, si fa per dire, 106,1 miliardi di euro.
Sul totale delle entrate tributarie incassate dalle
Amministrazioni centrali, il 60 per cento circa è riconducibile all’ Irpef
(161,4 miliardi), all’Iva (97,1 miliardi) e all’Ires (31 miliardi). A livello
locale, invece, le imposte più “pesanti” sono l’Irap (30,4 miliardi di
gettito), l’Imu/Tasi (21,1 miliardi), l’addizionale regionale Irpef (10,9
miliardi) e l’addizionale comunale Irpef (4,4 miliardi).
Su un totale di 485,8 miliardi di entrate tributarie
percepite l’anno scorso dal fisco, il 78 per cento circa è finito nelle casse
dello Stato centrale e solo il 22 per cento circa agli enti locali.
“Nell’immaginario collettivo – esordisce Paolo Zabeo della
CGIA – si è diffusa l’idea che in questi ultimi anni Governatori e Sindaci
sarebbero diventati dei nuovi gabellieri, mentre lo Stato centrale avrebbe
alleggerito la pressione fiscale nei confronti dei contribuenti. In realtà, le
cose non sono andate proprio così. Se è vero che negli ultimi 15 anni le tasse
locali sono aumentate del 48,4 per cento, quelle in capo alle Amministrazioni
centrali sono cresciute del 36,1 per cento. Un po’ meno, ma non di molto. In
termini assoluti, dalle Regioni e dagli enti locali abbiamo subito un aggravio
fiscale di 34,6 miliardi di euro, mentre il peso del fisco nazionale è
aumentato di ben 100,7 miliardi. Insomma, se dal 2000 le imposte locali hanno
cominciato a correre, quelle erariali hanno registrato in valore assoluto
un’espansione molto più vigorosa, con il risultato che le famiglie e le
imprese, loro malgrado, sono state costrette a pagare sempre di più”.
E’ comunque doveroso sottolineare che enti locali e Regioni
hanno aumentato i tributi in misura superiore ai tagli praticati dal centro.
Un confronto diretto tra la dinamica dei tributi locali e
l’andamento dei trasferimenti risulta non del tutto agevole, anche in ragione
dell’ampiezza dell’arco temporale considerato (dal 2000 ad oggi).
In questo periodo, evidenzia l’Ufficio studi della CGIA,
sono state introdotte numerose modifiche normative che hanno avuto degli
impatti significativi sui rapporti finanziari tra Stato ed Amministrazioni
locali. Ad esempio, il finanziamento della sanità in capo anche alle Regioni
(con il Decreto legislativo n. 56/2000), l’aumento “obbligatorio” dell’aliquota
dell’addizionale regionale IRPEF dello 0,33 per cento (disposto dal decreto
Salva Italia di fine 2011) e il taglio ai trasferimenti di Regioni ed enti
locali a seguito delle manovre correttive di finanza pubblica.
“In ogni caso – conclude Zabeo – in questi ultimi anni i
trasferimenti correnti statali a beneficio di Regioni ed enti locali sono
passati dai 53 miliardi di euro nel 2000 ai 35 miliardi nel 2013 , ultimo anno
disponibile, con una flessione del 35 per cento, pari a 18 miliardi di euro.
Sempre nello stesso periodo, le entrate tributarie a livello locale sono
cresciute di 32,6 miliardi. Un importo, quest’ultimo, nettamente superiore ai
18 miliardi di tagli subiti.”
Tuttavia, è negli ultimi sette anni che si registra un vero
e proprio crollo dei trasferimenti. Lo ha fatto notare recentemente anche la
Corte dei Conti: tra il 2008 e il 2015 le manovre finanziarie hanno disposto
“22 miliardi di tagli nei trasferimenti provenienti dallo Stato (di cui circa
10 miliardi a carico delle Regioni e i restanti 12 miliardi ad appannaggio
degli enti locali), cui vanno aggiunti i tagli al finanziamento del fabbisogno
del sistema sanitario gestito dalle Regioni per complessivi 17,5 miliardi” .
-
scarica il comunicato con le tabelle:
Nessun commento:
Posta un commento