Svolgimento del
processo
L'INPS proponeva
appello avverso la sentenza del Tribunale di Chieti n. 75/10, che, in
accoglimento dell'opposizione proposta dalla (OMISSIS) s.p.a., poi (OMISSIS)
s.p.a., annullava la cartella esattoriale n. (OMISSIS), notificata il 15.11.00,
con cui era stato intimato alla societa' il pagamento del restante importo di
euro 63.028,99, in tesi dovuta per sanzioni conseguenti i contributi versati in
ritardo per taluni lavoratori licenziati ma poi reintegrati nel posto di lavoro
(con sentenze del 1995 e 1996).
Con sentenza
depositata il 15 febbraio 2012, la Corte d'appello di L'Aquila rigettava il
gravame e condannava l'INPS al pagamento delle spese.
Riteneva la
Corte che l'obbligo del pagamento dei contributi era divenuto esigibile solo a
seguito della sentenza di reintegra, posto che precedentemente ne' l'INPS
avrebbe potuto esigere, ne' i datore di lavoro pagare, alcun contributo. Ne
conseguiva che sui contributi tempestivamente pagati a seguito della sentenza
di reintegra non poteva gravare alcuna sanzione civile.
Per la
cassazione di tale sentenza propone ricorso l'INPS, affidato ad unico motivo.
Resiste la
(OMISSIS) s.p.a. con controricorso, poi illustrato con memoria.
Motivi della
decisione
Deve
innanzitutto respingersi l'eccezione di inammissibilita' del ricorso per omessa
esposizione dei fatti di causa e degli atti, documenti e contratti o accordi
collettivi su cui il ricorso si fonda ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Osserva infatti il Collegio che il ricorso contiene, con sufficiente grado di
specificita', l'esposizione dei fatti di causa, ancorche' in parte contenuti
nella parte motiva dell'atto. D'altro canto il ricorso, contenente un'unica censura
per violazione di norme di diritto, non si fonda su particolari atti o
documenti o contratti collettivi di lavoro, sottoponendo alla Corte una questione
esclusivamente giuridica.
1.- L'INPS
denuncia la violazione e falsa applicazione della Legge 23 dicembre 2000, n.
388, articoli 116, commi 8 e 9, in connessione con la Legge n. 300 del 1970,
articolo 18 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Lamenta che
avendo il Tribunale (rectius: il Pretore) di Vasto, con sentenze n. 681/95 e n.
319/96, annullato i licenziamenti intimati dalla resistente ad alcuni suoi
lavoratori, ordinandone la reintegra nel loro posto di lavoro, la societa', pur
avendo pagato per essi i relativi contributi Legge n. 300 del 1970, ex articolo
18, non aveva provveduto al pagamento delle sanzioni e degli interessi, dovuti
per i contributi versati in ritardo, cosi' come del resto previsto dalla Legge
n. 389 del 1989, articolo 1, comma 1, ed Legge n. 388 del 2000, articolo 116,
commi 8 e 9, trattandosi di ritardo imputabile a datore di lavoro per avere
intimato licenziamenti illegittimi e considerato che qualora un licenziamento
sia stato impugnato il rapporto di lavoro non si estingue, ma rimane quiescente
sino alla pronuncia giudiziale, con conseguente obbligo di corrispondere i
contributi in caso di annullamento del recesso, come del resto stabilito da
questa Corte con sentenza n. 402/12.
Il ricorso e'
infondato.
In materia deve
registrarsi un contrasto giurisprudenziale, poi risolto dalle sezioni unite di
questa Corte con sentenza 18.9.14 n. 19665. Ed invero mentre con sentenza n.
7934/09 si era affermato che l'omissione contributiva del datore di lavoro nel
periodo compreso tra il licenziamento, dichiarato
illegittimo, e la reintegrazione non rientra in alcuna delle fattispecie di
evasione o omissione sanzionate dalla Legge 23 dicembre 1996, n.662, articolo
1, commi 217 e seguenti, applicabile "ratione temporis" (come nel
caso oggi in esame), ne' alcuna sanzione puo' essere irrogata per il ritardato
versamento adducendo l'efficacia retroattiva che esplica la reintegrazione in
caso di licenziamento illegittimo, atteso che il rapporto assicurativo non e'
assistito dalla medesima "fictio iuris" che caratterizza il rapporto
di lavoro (che si considera, "de iure", come mai interrotto);
con successive
pronunce questa Corte ha affermato che la pronuncia di illegittimita' del
licenziamento ha effetti retroattivi, che comportano la non interruzione del
rapporto di lavoro, assicurativo e previdenziale; con la conseguenza che il
datore di lavoro ha pertanto l'obbligo di versare all'ente previdenziale i
contributi assicurativi per tutta la durata de periodo e l'eventuale ritardo,
che, dipendendo da un atto illegittimo dello stesso datore di lavoro, non puo'
reputarsi giustificato, comporta l'applicazione delle sanzioni civili previste
dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 116, commi 8 e 9 (Cass. n. 23181/13 e n.
402/12).
Con la citata
pronuncia resa a sezioni unite (n. 19665/14) questa Corte ha risolto il
contrasto affermando che in tema di reintegrazione del lavoratore per
illegittimita' del licenziamento, ai sensi della Legge 20 maggio 1970, n. 300,
articolo 18, anche prima delle modifiche introdotte dalla Legge 28 giugno 2012,
n. 92 (nella specie, inapplicabile "ratione temporis"), occorre
distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullita' o inefficacia
del licenziamento, che e' oggetto di una sentenza dichiarativa, e
l'annullabilita' del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo,
che e' oggetto di una sentenza costitutiva: nel primo caso, il datore di
lavoro, oltre che ricostruire la posizione contributiva del lavoratore "ora
per allora", deve pagare le sanzioni civili per omissione Legge 23
dicembre 2000, n. 388, ex articolo 116, comma 8, lettera a; nel secondo caso,
il datore di lavoro non e' soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la
comune disciplina della "mora debendi" nelle obbligazioni pecuniarie,
fermo che, per il periodo successivo all'ordine di reintegra, sussiste
l'obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli
arretrati,
sicche' riprende vigore la disciplina ordinaria dell'omissione e dell'evasione
contributiva. Nella specie risulta dagli atti, ne' diverse deduzioni sono state
proposte dalle parti, che con le sentenze n. 681/95 e n. 316/96 il Pretore di
Vasto annullo' i licenziamenti in questione, con pronuncia dunque costitutiva,
con la conseguenza che trova applicazione la comune disciplina della "mora
debendi" nelle obbligazioni pecuniarie.
Il ricorso deve
pertanto rigettarsi, risultando conforme a diritto il dispositivo della
sentenza impugnata, di cui occorre invece correggere la motivazione nel senso
sopra detto, ex articolo 384 c.p.c., comma 4. Le spese di lite sono interamente
compensate in ragione del recente componimento del contrasto giurisprudenziale
in materia. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del
2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla Legge 24.12.12 n.
228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta
il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio di legittimita'.
Ai sensi del
Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1
quater, la Corte da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per i ricorso principale a norma dell'articolo 1
bis dello stesso articolo 13.
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