Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Lecce aveva confermato la pronuncia con
la quale il Tribunale di Maglie aveva condannato il titolare di un’impresa
edile per aver cagionato al proprio dipendente lesioni personali gravi,
riportate durante i lavori di ristrutturazione dell'ex municipio di Poggiardo.
In
particolare, il lavoratore, salito su una scala a pioli collocata sul piano di
calpestio del pianerottolo - largo circa 94 cm - posto al primo piano
(pianerottolo al centro del quale vi era un pozzo luce delle dimensioni di m.
2,228X 3,10 protetto da ringhiera metallica alta metri 1,02) stava eseguendo
lavori di rifinitura degli infissi, allorché, trovandosi sulla scala, aveva
perso l'equilibrio precipitando attraverso l'apertura del pozzo sul pavimento
del piano terra.
La
Corte del merito aveva precisato come detta caduta si sarebbe potuta evitare se
il datore di lavoro avesse predisposto impalcature o ponteggi o altre opere
provvisionali o comunque idonee precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta
dall'alto di persone o cose.
Avverso
tale decisione, l’imprenditore aveva ricorso per Cassazione, sostenendo che la
assoluta impossibilità di ricostruzione dei fatti e degli accadimenti per come
effettivamente avvenuti e verificatisi avrebbe dovuto indurre la Corte
territoriale a disporre la sua assoluzione.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la censura
predetta.
Contrariamente
a quanto sostenuto dal ricorrente, gli ermellini hanno sottolineato, infatti,
come la Corte territoriale, ed ancor prima il giudice di primo grado, avessero
compiutamente ricostruito l'evento di cui è causa, pur in assenza di
testimonianze dirette sull'accaduto, sulla base di alcuni elementi acquisiti
con certezza all'esito dell'istruttoria ed avuto riguardo alle censure mosse
dalla difesa.
In
particolare il provvedimento impugnato aveva così motivato : "In buona sostanza non è vero che non sia
stata raggiunta la prova certa della dinamica dell'incidente, potendosi
certamente l'evento dannoso ricondursi alla caduta accidentale del lavoratore
dalla scaletta di legno collocata sul ballatoio, caduta al suolo da un'altezza
dal piano di calpestio del ballatoio di metri 5,50-6,00 (teste A.) che non è
stata impedita dalla presenza di un ponteggio o di impalcature o di tra
battelli da montare nei lati interessati, di volta in volta, ai lavori.
La circostanza
che i veri e propri lavori di ristrutturazione fossero stati completati e che
fossero rimasti solo i lavori più semplici e di rifinitura non esclude né
diminuisce la responsabilità del datore di lavoro in quanto l'obbligo, per il
datore di lavoro che faccia eseguire lavori in quota, di approntare le misure
di sicurezza oggi imposte dall'art.122 del D.Lgs. n.81/2008, al fine di
eliminare i pericoli di caduta di persone o cose, deve trovare applicazione
anche quando il lavoro richieda un impegno di breve durata temporale".
Nella
specie, peraltro, la sentenza impugnata aveva chiaramente spiegato i motivi del
rigetto dell'istanza, ritenendo di poter decidere sulla base degli elementi
probatori già acquisiti.
Queste,
in sostanza, le considerazioni in base alle quali la Cassazione ha concluso con
il rigetto del ricorso.
Valerio
Pollastrini
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