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lunedì 11 maggio 2015

Infortunio mortale - Lavori in quota - Lavori di rifinitura - Responsabilità dell’imprenditore

Nella sentenza n.19128 del 7 maggio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che l’imprenditore edile, una volta terminata la ristrutturazione, resta obbligato al rispetto degli obblighi imposti dalle prescrizioni sulla sicurezza anche per i rimanenti lavori di rifinitura.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Lecce aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Maglie aveva condannato il titolare di un’impresa edile per aver cagionato al proprio dipendente lesioni personali gravi, riportate durante i lavori di ristrutturazione dell'ex municipio di Poggiardo.

In particolare, il lavoratore, salito su una scala a pioli collocata sul piano di calpestio del pianerottolo - largo circa 94 cm - posto al primo piano (pianerottolo al centro del quale vi era un pozzo luce delle dimensioni di m. 2,228X 3,10 protetto da ringhiera metallica alta metri 1,02) stava eseguendo lavori di rifinitura degli infissi, allorché, trovandosi sulla scala, aveva perso l'equilibrio precipitando attraverso l'apertura del pozzo sul pavimento del piano terra.

La Corte del merito aveva precisato come detta caduta si sarebbe potuta evitare se il datore di lavoro avesse predisposto impalcature o ponteggi o altre opere provvisionali o comunque idonee precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta dall'alto di persone o cose.

Avverso tale decisione, l’imprenditore aveva ricorso per Cassazione, sostenendo che la assoluta impossibilità di ricostruzione dei fatti e degli accadimenti per come effettivamente avvenuti e verificatisi avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a disporre la sua assoluzione.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la censura predetta.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, gli ermellini hanno sottolineato, infatti, come la Corte territoriale, ed ancor prima il giudice di primo grado, avessero compiutamente ricostruito l'evento di cui è causa, pur in assenza di testimonianze dirette sull'accaduto, sulla base di alcuni elementi acquisiti con certezza all'esito dell'istruttoria ed avuto riguardo alle censure mosse dalla difesa.

In particolare il provvedimento impugnato aveva così motivato : "In buona sostanza non è vero che non sia stata raggiunta la prova certa della dinamica dell'incidente, potendosi certamente l'evento dannoso ricondursi alla caduta accidentale del lavoratore dalla scaletta di legno collocata sul ballatoio, caduta al suolo da un'altezza dal piano di calpestio del ballatoio di metri 5,50-6,00 (teste A.) che non è stata impedita dalla presenza di un ponteggio o di impalcature o di tra battelli da montare nei lati interessati, di volta in volta, ai lavori.
La circostanza che i veri e propri lavori di ristrutturazione fossero stati completati e che fossero rimasti solo i lavori più semplici e di rifinitura non esclude né diminuisce la responsabilità del datore di lavoro in quanto l'obbligo, per il datore di lavoro che faccia eseguire lavori in quota, di approntare le misure di sicurezza oggi imposte dall'art.122 del D.Lgs. n.81/2008, al fine di eliminare i pericoli di caduta di persone o cose, deve trovare applicazione anche quando il lavoro richieda un impegno di breve durata temporale".

Nella specie, peraltro, la sentenza impugnata aveva chiaramente spiegato i motivi del rigetto dell'istanza, ritenendo di poter decidere sulla base degli elementi probatori già acquisiti.

Queste, in sostanza, le considerazioni in base alle quali la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso.

Valerio Pollastrini

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