Nella
pronuncia in commento, la Suprema Corte ha ricordato che, in tema di favoreggiamento
personale, la causa di esclusione della punibilità prevista per chi ha commesso
il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un
prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o
nell’onore opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto agente abbia reso
mendaci dichiarazioni per evitare un'accusa penale nei suoi confronti, ovvero
per il timore di essere licenziato e perdere il proprio posto di lavoro,
tutelando in tal modo l'esercizio sia del diritto di difesa che del diritto al
lavoro, quali manifestazioni della libertà personale di ciascun individuo (1).
In
sostanza, il lavoro, inteso come diritto
ad una occupazione e come strumento di crescita della personalità individuale
anche nei suoi aspetti di integrazione e interrelazione sociali, deve reputarsi
astrattamente sussumibile nell’ambito di esplicazione della "libertà"
personale di ciascun individuo.
Del
resto, un ausilio nella prefigurata impostazione interpretativa è offerto
indirettamente dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (2) con cui è stato stabilito che è ravvisabile il
reato di favoreggiamento nei confronti dell'acquirente di sostanze stupefacenti
per uso personale che, escusso come persona informata dei fatti, si rifiuti di
fornire alla P.G. informazioni sulle persone da cui ha ricevuto la droga, ferma
restando, in tale ipotesi, l'applicabilità dell'esimente prevista dall'art.384,
comma 1 c.p., "se, in concreto, le
informazioni richieste possano determinare un grave e inevitabile nocumento nella
libertà o nell'onore". Nocumento che consiste anche, quanto al
pregiudizio de liberiate, nella prevedibile eventualità di "una grave compromissione della normale
situazione esistenziale e lavorativa" dell'imputato di
favoreggiamento, purché di siffatta compromissione siano acquisiti nel giudizio
di merito adeguati elementi di prova ("in
concreto", affermano le Sezioni Unite) sulla situazione personale,
lavorativa, familiare e ambientale dell‘imputato.
Ciò
premesso, gli ermellini hanno precisato che, tuttavia, in tema di reati contro
l'amministrazione della giustizia, l'esimente prevista dall'art.384, comma
primo, cod. pen. non può essere invocata sulla base del mero timore, anche solo
presunto o ipotetico, di un danno alla libertà o all'onore, in quanto essa
implica un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela
di detti beni che va rilevato sulla base di un criterio di immediata ed
inderogabile consequenzialità e non di semplice supposizione (3), come invece
avvenuto nel caso di specie.
Valerio
Pollastrini
1)
–
Cass., Sentenza n.37398 del 16 giugno 2011;
2)
-
Cass. S.U., Sentenza n.21832 del 22 febbraio 2007 n. 21832;
3)
–
Cass., Sentenza n.10271 del 15 novembre 2012;
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