Nel
caso di specie, il dipendente aveva adito il Giudice del Lavoro chiedendo che
dichiarasse illegittimo il recesso intimatogli dopo lo scherzo compiuto ai
danni di un suo collega.
In
particolare, il datore di lavoro aveva contestato al ricorrente di “avere sulla linea di assemblaggio dello
schienale anteriore dell’Alfa Mito, volutamente inserito nei tubi “Protech”
carte ed altro materiale di risulta”.
Dopo
che il Tribunale del primo grado aveva parzialmente accolto la domanda del
lavoratore, trasformando il recesso per giusta causa nel più lieve
licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la Corte di Appello aveva
successivamente ritenuto illegittimo l’atto espulsivo, condannando la società
alla reintegra del lavoratore ed al risarcimento del danno secondo quanto previsto
dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.
Pur
avendo accertata la veridicità dei fatti contestati al dipendente, la Corte
territoriale aveva ritenuto, infatti, che la sanzione del licenziamento fosse sproporzionata.
Questa
decisione, tuttavia, è stata sconfessata dalla Cassazione, che, investita della
questione, ha precisato come, nel corso dei giudizi del merito, fosse stato
accertato che, a di là dei fatti all’oggetto del licenziamento di cui è causa,
il lavoratore, in passato, avesse più volte posto in essere comportamenti dello
stesso tenore.
A
detta degli ermellini, in sostanza, il giudice dell’appello, dopo aver
accertato il prolungarsi di una condotta
tradottasi in un grave
inadempimento degli obblighi di diligenza e correttezza gravanti sul lavoratore
subordinato, aveva errato nell’escludere in relazione ai fatti predetti la
legittimità della massima sanzione espulsiva.
Valerio
Pollastrini
Nessun commento:
Posta un commento