Nella sentenza
n.1603 del 28 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che l’assenza
del lavoratore in malattia alla visita medica di controllo dell’Inps può
giustificare il licenziamento per giusta causa, specie in caso di recidiva.
Nel caso
di specie, con ricorso alla Corte di Appello di Milano, un lavoratore aveva
proposto gravame avverso la sentenza del Tribunale del primo grado, che ne
aveva respinto la domanda di impugnazione del licenziamento, intimatogli dall’azienda
in data 11 gennaio 2008.
L’appellante
aveva lamentato che il primo giudice avesse giudicato legittimo il recesso in
relazione al solo episodio, dei tre contestati, dell’assenza alla visita di
controllo del 17 ottobre 2007, senza considerare che detta assenza sarebbe
stata giustificata, per essersi egli recato presso il medico curante per
sottoporsi ad un controllo.
In ogni
caso, secondo il ricorrente la sanzione
espulsiva appariva sproporzionata, dato che, per tale violazione, il codice
disciplinare aziendale prevedeva una semplice sanzione disciplinare conservativa.
Da ultimo,
il lavoratore aveva contestato la valutazione dei suoi precedenti disciplinari,
sostenendo la loro minima rilevanza e precisando che, il più grave tra essi,
che aveva determinato l’irrogazione della sanzione della sospensione per
quattro giorni, era stato annullato con sentenza del Tribunale di Milano.
Nel
rigettare il gravame, il giudice dell’appello aveva osservato che l’assenza del dipendente alla visita di
controllo di malattia nella fascia di reperibilità del 17 ottobre 2007, costituiva una circostanza
pacifica, come, parimenti, risultava
accertata anche la mancanza di idonea giustificazione.
Secondo
la Corte territoriale tale comportamento, inserendosi in una serie di altre
condotte sanzionate disciplinarmente nel biennio precedente, risultava
sufficiente ad integrare una giusta causa di licenziamento.
Avverso
tale pronuncia, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando
che la Corte territoriale non avrebbe dato corretta applicazione alle prescrizioni
legali e negoziali (art.65 del CCNL) laddove, confermando la sentenza di primo
grado, non avrebbe considerato che il venir meno di uno o più rilievi
disciplinari (in tutto sette) indicati a titolo di recidiva nel provvedimento
di contestazione, avrebbe sostanzialmente modificato “l’originario impianto accusatorio della missiva del 15 novembre 2007,
fondato sull’ esistenza di quel preciso numero di sanzioni e non di un numero
inferiore".
Secondo
la tesi del ricorrente, inoltre, il giudice
dell’appello avrebbe mancato di motivare il rilievo disciplinare attribuito alla
sua assenza alla visita medica di controllo e, per l’altro, non avrebbe
applicato correttamente l’art.14 del codice disciplinare aziendale.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso privo di fondamento.
Nella
premessa, gli ermellini hanno osservato come, invero, il ricorrente avesse
incentrato la sua principale difesa sulla circostanza che, nella lettera di
contestazione, l’azienda avrebbe assunto come dato di fatto, "imprescindibilmente e determinante",
la circostanza di essersi reso responsabile di "altri ben enumerati" precedenti disciplinari e che tale fatto
doveva considerarsi ontologicamente diverso da quello posto a base del
licenziamento, giacché il recesso era stato motivato proprio sulla sussistenza
dei sette menzionati precedenti, non tutti ancora esistenti.
Sul
punto, vi sarebbe, in sostanza, l’erronea valutazione, da parte del giudice di appello,
il quale non avrebbe considerato che il venir meno dei rilievi disciplinari,
per effetto sia dell’accoglimento di specifica domanda giudiziale sia della
stessa rilevanza, per considerazioni attinenti al merito, di altri distinti
provvedimenti, avrebbe dovuto imporre un esame particolare del provvedimento di
contestazione, prima, e di quello sanzionatorio, dopo.
Tuttavia,
in relazione alla censura appena esposta, la Suprema Corte ha osservato che il
ricorso è privo di autosufficienza, atteso che i summenzionati rilievi sono
stati riportati in termini meramente riassuntivi e valutativi.
In
particolare, il ricorrente aveva omesso del tutto di riprodurre il testo della
contestazione nella sua integrità, limitandosi a riportare alcuni stralci.
Va a tal
proposito rammentato come, in tema di
ricorso per Cassazione, occorra indicare specificamente nel ricorso gli atti
processuali su cui esso si fonda e di trascriverli nella loro completezza con
riferimento alle parti oggetto di doglianza, in ossequio al principio di
autosufficienza, provvedendo, inoltre, alla loro individuazione con riferimento
alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, al fine di renderne possibile l’esame (1).
Inoltre, il ricorso per Cassazione non conferisce al giudice di legittimità il
potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo
vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal
giudice di merito, essendo del tutto estranea all'ambito del vizio in parola la
possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione
di merito attraverso l'autonoma disamina delle emergenze probatorie (2).
Per
completezza, deve ancora considerarsi che spetta in via esclusiva al giudice
del merito il compito, rispettivamente, di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità
e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo,
quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi
di prova acquisiti (3).
Orbene, nella
gravata sentenza gli ermellini non hanno ravvisato alcun vizio di omessa
motivazione e neppure alcuna contraddizione nel ragionamento della Corte del
merito.
A sostegno
della propria decisione, infatti, la
Cassazione ha osservato che l’assenza del lavoratore alla visita di controllo
di malattia nella fascia di reperibilità del giorno 17 ottobre 2007, costituiva
una circostanza pacifica e che, parimenti, risultava accertata la mancanza di
idonea giustificazione.
Ciò
chiarito, la Suprema Corte ha poi aggiunto come, nella specie, l’assenza alla
visita di controllo fosse sufficiente ad integrare una giusta causa di
licenziamento, considerato che tale
comportamento - inserendosi in una serie,
ritualmente contestata al dipendente dall’angolazione della recidiva, di altri
sei condotte sanzionate disciplinarmente nel biennio, di cui una analoga a
quella in esame e altre tre in "area",
riguardando la procedura relativa alla gestione dei certificati medici, mentre
una settima sanzione era stata annullata dal Tribunale di Milano - esprimeva una sorta di pervicacia del lavoratore
nell’ignorare i suoi doveri, segnatamente quelli inerenti al modo di
comportarsi in caso di malattia, tale da ledere in modo irreversibile la
fiducia del datore di lavoro.
Sotto il
medesimo punto di vista, inoltre, a rafforzare il giudizio d’inaffidabilità del
dipendente, la Cassazione ha sottolineato che, stante il mancato controllo del
17 ottobre 2007 e la circostanza che il giorno successivo non poteva essere
fatta alcuna verifica ambulatoriale da parte dell’INPS per essere ormai
avvenuta la guarigione - si poneva il
dubbio sulla stessa effettività dello stato patologico, tanto più che, da un
lato, il medico che aveva rilasciato il certificato non era stato in grado di
precisare la diagnosi e, dall’altro, che, secondo la stessa ammissione del
lavoratore in sede di interrogatorio libero, la malattia era coincisa con il
trasloco che lo stesso doveva compiere quel medesimo giorno.
Inoltre,
contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, gli ermellini hanno osservato come l’art.65 del C.C.N.L. del
settore autorizzasse il licenziamento senza preavviso in caso di mancanze
relative a doveri pur non espressamente richiamati nel contratto stesso, ma di entità tale da non consentire la prosecuzione
neppure provvisoria del rapporto, sicché mentre, per un verso, le fattispecie
ivi indicate avevano solo portata esemplificativa, come espressamente detto
nella medesima disposizione contrattuale, per altro verso, la suddetta recidiva
specifica induceva a ritenere la condotta in oggetto appunto di grave entità,
costituendo essa un meccanismo di aggravamento di originali contestazioni.
Sulla
base di tutte le richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso,
pertanto, con il rigetto del ricorso.
Valerio
Pollastrini
- - explurimis, Cass., Sentenza n.8569/2013; Cass., Sentenza n.4420/2012;
- - cfr. ex plurimis, Cass., Sentenza n.824/2011; Cass., Sentenza n.13783/2006; Cass., Sentenza n.11034/2006; Cass., Sentenza n.4842/2006; Cass., Sentenza n.8718/2005; Cass., Sentenza n.15693/2004; Cass., Sentenza n.2357/2004; Cass., Sentenza n.16063/2003; Cass., Sentenza n.12467/2003; Cass., Sentenza n.3163/2002;
- - cfr. ex plurimis, Cass., SU, Sentenze nn.13045/1997 e 5802/1998;
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