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venerdì 30 gennaio 2015

Licenziato in seguito all’assenza alla visita di controllo dell'Inps


Nella sentenza n.1603 del 28 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che l’assenza del lavoratore in malattia alla visita medica di controllo dell’Inps può giustificare il licenziamento per giusta causa, specie in caso di recidiva.
 

Nel caso di specie, con ricorso alla Corte di Appello di Milano, un lavoratore aveva proposto gravame avverso la sentenza del Tribunale del primo grado, che ne aveva respinto la domanda di impugnazione del licenziamento, intimatogli dall’azienda in data 11 gennaio 2008.
 

L’appellante aveva lamentato che il primo giudice avesse giudicato legittimo il recesso in relazione al solo episodio, dei tre contestati, dell’assenza alla visita di controllo del 17 ottobre 2007, senza considerare che detta assenza sarebbe stata giustificata, per essersi egli recato presso il medico curante per sottoporsi ad un controllo.
 

In ogni caso, secondo il ricorrente  la sanzione espulsiva appariva sproporzionata, dato che, per tale violazione, il codice disciplinare aziendale prevedeva una semplice sanzione disciplinare conservativa.
 

Da ultimo, il lavoratore aveva contestato la valutazione dei suoi precedenti disciplinari, sostenendo la loro minima rilevanza e precisando che, il più grave tra essi, che aveva determinato l’irrogazione della sanzione della sospensione per quattro giorni, era stato annullato con sentenza del Tribunale di Milano.
 

Nel rigettare il gravame, il giudice dell’appello aveva osservato  che l’assenza del dipendente alla visita di controllo di malattia nella fascia di reperibilità del  17 ottobre 2007, costituiva una circostanza pacifica, come, parimenti, risultava  accertata anche la mancanza di idonea giustificazione.
 

Secondo la Corte territoriale tale comportamento, inserendosi in una serie di altre condotte sanzionate disciplinarmente nel biennio precedente, risultava sufficiente ad integrare una giusta causa di licenziamento.
 

Avverso tale pronuncia, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte territoriale non avrebbe dato corretta applicazione alle prescrizioni legali e negoziali (art.65 del CCNL) laddove, confermando la sentenza di primo grado, non avrebbe considerato che il venir meno di uno o più rilievi disciplinari (in tutto sette) indicati a titolo di recidiva nel provvedimento di contestazione, avrebbe sostanzialmente modificato “l’originario impianto accusatorio della missiva del 15 novembre 2007, fondato sull’ esistenza di quel preciso numero di sanzioni e non di un numero inferiore".
 

Secondo la tesi del ricorrente, inoltre,  il giudice dell’appello avrebbe mancato di motivare il rilievo disciplinare attribuito alla sua assenza alla visita medica di controllo e, per l’altro,  non avrebbe  applicato correttamente l’art.14 del codice disciplinare aziendale.
 

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso privo di fondamento.
 

Nella premessa, gli ermellini hanno osservato come, invero, il ricorrente avesse incentrato la sua principale difesa sulla circostanza che, nella lettera di contestazione, l’azienda avrebbe assunto come dato di fatto, "imprescindibilmente e determinante", la circostanza di essersi reso responsabile di "altri ben enumerati" precedenti disciplinari e che tale fatto doveva considerarsi ontologicamente diverso da quello posto a base del licenziamento, giacché il recesso era stato motivato proprio sulla sussistenza dei sette menzionati precedenti, non tutti ancora esistenti.
 

Sul punto, vi sarebbe, in sostanza, l’erronea valutazione, da parte del giudice di appello, il quale non avrebbe considerato che il venir meno dei rilievi disciplinari, per effetto sia dell’accoglimento di specifica domanda giudiziale sia della stessa rilevanza, per considerazioni attinenti al merito, di altri distinti provvedimenti, avrebbe dovuto imporre un esame particolare del provvedimento di contestazione, prima, e di quello sanzionatorio, dopo.
 

Tuttavia, in relazione alla censura appena esposta, la Suprema Corte ha osservato che il ricorso è privo di autosufficienza, atteso che i summenzionati rilievi sono stati riportati in termini meramente riassuntivi e valutativi.
 

In particolare, il ricorrente aveva omesso del tutto di riprodurre il testo della contestazione nella sua integrità, limitandosi a riportare alcuni stralci.
 

Va a tal proposito rammentato come,  in tema di ricorso per Cassazione, occorra indicare specificamente nel ricorso gli atti processuali su cui esso si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, in ossequio al principio di autosufficienza, provvedendo, inoltre, alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione,  al fine di renderne possibile l’esame (1).
 

Inoltre, il ricorso per Cassazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all'ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l'autonoma disamina delle emergenze probatorie (2).
 

Per completezza, deve ancora considerarsi che spetta in via esclusiva al giudice del merito il compito, rispettivamente, di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (3).
 

Orbene, nella gravata sentenza gli ermellini non hanno ravvisato alcun vizio di omessa motivazione e neppure alcuna contraddizione nel ragionamento della Corte del merito.
 

A sostegno della propria decisione,  infatti, la Cassazione ha osservato che l’assenza del lavoratore alla visita di controllo di malattia nella fascia di reperibilità del giorno 17 ottobre 2007, costituiva una circostanza pacifica e che, parimenti, risultava accertata la mancanza di idonea giustificazione.
 

Ciò chiarito, la Suprema Corte ha poi aggiunto come, nella specie, l’assenza alla visita di controllo fosse sufficiente ad integrare una giusta causa di licenziamento, considerato che  tale comportamento -  inserendosi in una serie, ritualmente contestata al dipendente dall’angolazione della recidiva, di altri sei condotte sanzionate disciplinarmente nel biennio, di cui una analoga a quella in esame e altre tre in "area", riguardando la procedura relativa alla gestione dei certificati medici, mentre una settima sanzione era stata annullata dal Tribunale di Milano -  esprimeva una sorta di pervicacia del lavoratore nell’ignorare i suoi doveri, segnatamente quelli inerenti al modo di comportarsi in caso di malattia, tale da ledere in modo irreversibile la fiducia del datore di lavoro.
 

Sotto il medesimo punto di vista, inoltre, a rafforzare il giudizio d’inaffidabilità del dipendente, la Cassazione ha sottolineato che, stante il mancato controllo del 17 ottobre 2007 e la circostanza che il giorno successivo non poteva essere fatta alcuna verifica ambulatoriale da parte dell’INPS per essere ormai avvenuta la guarigione -  si poneva il dubbio sulla stessa effettività dello stato patologico, tanto più che, da un lato, il medico che aveva rilasciato il certificato non era stato in grado di precisare la diagnosi e, dall’altro, che, secondo la stessa ammissione del lavoratore in sede di interrogatorio libero, la malattia era coincisa con il trasloco che lo stesso doveva compiere quel medesimo giorno.
 

Inoltre, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, gli ermellini hanno  osservato come l’art.65 del C.C.N.L. del settore autorizzasse il licenziamento senza preavviso in caso di mancanze relative a doveri pur non espressamente richiamati nel contratto stesso, ma di  entità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, sicché mentre, per un verso, le fattispecie ivi indicate avevano solo portata esemplificativa, come espressamente detto nella medesima disposizione contrattuale, per altro verso, la suddetta recidiva specifica induceva a ritenere la condotta in oggetto appunto di grave entità, costituendo essa un meccanismo di aggravamento di originali contestazioni.
 

Sulla base di tutte le richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso, pertanto, con il rigetto del ricorso.



Valerio Pollastrini

 

  1. - explurimis, Cass., Sentenza n.8569/2013; Cass., Sentenza n.4420/2012;
  2. - cfr. ex plurimis, Cass., Sentenza n.824/2011; Cass., Sentenza n.13783/2006; Cass., Sentenza n.11034/2006; Cass., Sentenza n.4842/2006; Cass., Sentenza n.8718/2005; Cass., Sentenza n.15693/2004; Cass., Sentenza n.2357/2004; Cass., Sentenza n.16063/2003; Cass., Sentenza n.12467/2003; Cass., Sentenza n.3163/2002;
  3. - cfr. ex plurimis, Cass., SU, Sentenze nn.13045/1997 e 5802/1998;

Diffuse dall’Inps le prime istruzioni sulla riduzione contributiva per le nuove assunzioni a tempo indeterminato




Nella Circolare n.17 dello scorso 29 gennaio, l’Inps ha fornito le prime istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi all’esonero contributivo introdotto dalla Legge di Stabilità, in relazione alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate nel corso del 2015 (1).

Nella premessa, l’Istituto ha ricordato che il predetto beneficio si applica a tutti i datori di lavoro privati e, in questo ambito, ancorché con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche, anche a quelli agricoli.

Poiché, ai fini del diritto all’esonero, non assume rilevanza la sussistenza della natura imprenditoriale del datore di lavoro, il beneficio in commento risulta applicabile anche ai soggetti non imprenditori, quali, ad esempio, i liberi professionisti.

Sempre a proposito della platea dei destinatari, nella Circolare viene ribadito che restano esclusi dal beneficio i contratti di apprendistato ed i contratti di lavoro domestico, in relazione ai quali il quadro normativo vigente già prevede  aliquote previdenziali di favore rispetto a quelle ordinarie.

Per quanto riguarda i requisiti di ammissione, l’Inps ha sottolineato come l’esonero contributivo in oggetto spetti a condizione che, nei sei mesi precedenti l’assunzione, il lavoratore non sia stato occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, con contratto a tempo indeterminato.

Il legislatore, inoltre, allo scopo di ridurre il rischio di precostituzione artificiosa dei presupposti per l’applicazione del beneficio non conformi all’obiettivo della norma,  ha escluso l’applicazione dell’esonero medesimo laddove, nell’arco dei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della Legge di stabilità 2015, il lavoratore assunto abbia avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il datore di lavoro richiedente l’incentivo, ovvero con società da questi controllate o a questi collegate ai sensi dell’art.2359 c.c., nonché facenti capo, ancorché per interposta persona, al datore di lavoro medesimo.

La misura dell’esonero è pari all’ammontare dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi Inail, nel limite massimo di un importo pari ad 8.060,00 € su base annua.

L’agevolazione, tuttavia, risulta limitata esclusivamente alle nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio  al 31 dicembre 2015. In relazione a questi rapporti, la durata massima della riduzione contributiva sarà di trentasei mesi.

Come chiarito dall’Istituto, le attese istruzioni per la fruizione della misura di legge in oggetto, con particolare riguardo alle modalità di compilazione delle dichiarazioni contributive da parte dei datori di lavoro, verranno diramate a breve attraverso un’apposita circolare.

1. Natura dell’esonero contributivo
Sotto il profilo soggettivo, la misura di esonero contributivo  è rivolta all’assunzione di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, risultano privi di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La norma, pertanto, ha configurato una misura connotata dalla natura tipica dell’incentivo all’occupazione.

In relazione alla normativa comunitaria, il suddetto esonero contributivo si caratterizza come intervento generalizzato, ovvero potenzialmente rivolto a tutti i datori di lavoro privati che operano in ogni settore economico del Paese, le cui unità produttive siano localizzate in qualsiasi area del territorio nazionale. La sua applicazione, inoltre, prescinde da criteri di discrezionalità amministrativa.

Si tratta di caratteristiche che, a detta dell’Inps, svincolano l’applicazione del beneficio dalle limitazioni disciplinate dall’art.107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (2).

2. Datori di lavoro beneficiari dell’esonero contributivo
Come premesso, l’incentivo in oggetto è riconosciuto a tutti i datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che rivestano o meno la natura di imprenditore, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo.

L’esonero contributivo in oggetto, pertanto, non si applica nei confronti della Pubblica Amministrazione (3).

Nello specifico,  il beneficio in oggetto risulta applicabile ai seguenti datori di lavoro:
  1. datori di lavoro imprenditori. In questa categoria, rientrano anche gli Enti Pubblici Economici, tenuto conto che gli stessi, pur essendo dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, svolgono in via principale od esclusiva un’attività economica ex art.2082 cod. civ., in regime di concorrenza con gli altri imprenditori privati che operano nel medesimo settore. Parimenti, la riduzione contributiva in oggetto risulta applicabile  anche agli organismi pubblici  interessati da processi di privatizzazione, indipendentemente dalla proprietà pubblica o privata del capitale;
     
  2. datori di lavoro non imprenditori. Intesi come tali, i datori di lavoro privati che non svolgono attività imprenditoriale ex art.2082 cod. civ., quali, ad esempio, associazioni culturali, politiche o sindacali, associazioni di volontariato, studi professionali, ecc..

3. Rapporti di lavoro incentivati 
L’esonero contributivo riguarda tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ancorché in regime di part-time, con l’eccezione dei contratti di:
  1. apprendistato;
     
  2. lavoro domestico.

Considerato che la ratio della norma è quella di incentivare l’adozione  della tipologia contrattuale caratterizzata dai requisiti della stabilità, è parere dell’Inps  che fra le tipologie incentivate non possa rientrare l’assunzione con contratto di lavoro intermittente o a chiamata a tempo indeterminato (4).

Nella Circolare in commento, l’Inps ha escluso la sussistenza di ragioni che possano ostare all’applicazione del presente esonero contributivo al rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato per l’assunzione di personale con qualifica dirigenziale, nonostante la normativa di riferimento per tale qualifica  sia caratterizzata da profili di specificità, con particolare riguardo alla discrezionalità riconosciuta al datore di lavoro di accedere al c.d. recesso ad nutum, discrezionalità, peraltro, fortemente attenuata dalla contrattazione collettiva.

L’esonero contributivo, inoltre, è applicabile ai rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro (5).

Per espressa previsione della norma, infine, l’esonero contributivo spetta anche per le assunzioni a tempo indeterminato a scopo di somministrazione.

4. Condizioni per il diritto all’esonero contributivo
Le condizioni complessive per il diritto alla fruizione dell’esonero contributivo triennale scaturiscono sia dalla natura della misura che dalle previsioni specifiche della citata Legge di Stabilità 2015.

In particolare, il diritto alla fruizione dell’incentivo finalizzato a favorire l’assunzione risulta subordinato al rispetto, da un lato, dei principi da ultimo sistematizzati attraverso la Legge n.92/2012 (6), dall’altro, delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria dei lavoratori e, infine, da taluni presupposti introdotti ad hoc dall’art.1, comma 118, della manovra, che, allo scopo di favorirne la corretta ricognizione, vengono di seguito esposti con separata evidenza.

In particolare, per quanto riguarda i principi stabiliti dalla Legge n.92/2012 (7), l’esonero contributivo di cui si tratta non spetta ove ricorra una delle seguenti condizioni:
  1. l’assunzione viola il diritto di precedenza, fissato dalla legge o dal contratto collettivo di lavoro, alla riassunzione di un altro dipendente licenziato nell’ambito di un rapporto a tempo indeterminato ovvero cessato da un rapporto a termine. La violazione del predetto diritto di precedenza sussiste anche nel caso di utilizzazione con contratto di somministrazione senza la preventiva offerta di riassunzione al lavoratore licenziato in relazione ad un rapporto a tempo indeterminato ovvero cessato da un rapporto a termine;
     
  2. il datore di lavoro, ovvero l’utilizzatore con contratto di somministrazione, sia interessato da sospensioni dal lavoro con interventi di integrazione salariale straordinaria e/o in deroga, fatti salvi i casi in cui l’assunzione o la somministrazione siano finalizzati all’acquisizione di professionalità diverse rispetto a quelle in possesso dei dipendenti interessati dai predetti provvedimenti. Al riguardo, l’Inps ha ricordato che il rispetto della presente condizione interessa esclusivamente le assunzioni riferite all’unità produttiva coinvolta dai sopra citati interventi di integrazione salariale;
     
  3. l’assunzione riguarda lavoratori licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, alla data del recesso, presentava elementi di relazione con il datore di lavoro che assume, sotto il profilo della sostanziale coincidenza degli assetti proprietari, ovvero della sussistenza di rapporti di controllo o collegamento. Detta condizione di esclusione si applica anche all’utilizzatore del lavoratore somministrato. Pertanto, nel caso in cui il lavoratore somministrato, nell’arco dei sei mesi precedenti la decorrenza della somministrazione, abbia avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ovvero una precedente somministrazione con l’utilizzatore, per la nuova assunzione il datore di lavoro (agenzia di somministrazione) non può fruire dell’esonero contributivo triennale. Anche in questo caso, la nozione di datore di lavoro va intesa tenendo in considerazione gli elementi di relazione, controllo e collegamento sopra illustrati, che vanno opportunamente riferiti al datore di lavoro effettivo, coincidente con l’utilizzatore;
     
  4. l’inoltro della comunicazione telematica obbligatoria (Unilav, Unisomm, ecc.) (8) inerente l’assunzione risulta effettuata decorsi i termini di legge. Tuttavia, in simili casi la perdita dell’esonero attiene al periodo compreso fra la data di decorrenza del rapporto di lavoro agevolato e quella dell’inoltro tardivo della comunicazione obbligatoria.

Fra i principi di carattere generale che regolano, in una visione di sistema, il diritto alla fruizione degli incentivi, l’Istituto ha richiamato, inoltre, l’art.4, comma 12, lettera a), della Legge n.92/2012, in base al quale l’incentivo all’assunzione non spetta ove l’assunzione medesima costituisca attuazione di un obbligo che scaturisce da norme di legge o del contratto collettivo.

Tuttavia, la Circolare in commento, con una visione decisamente innovativa rispetto alle norme che nel tempo si sono succedute in materia di incentivi all’occupazione, ha precisato che la condizione soggettiva del lavoratore che integra il diritto alla fruizione dell’esonero contributivo viene individuata nell’assenza, nei sei mesi precedenti l’assunzione, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

La finalità ultima perseguita con l’introduzione del beneficio contributivo in oggetto, pertanto, è quella di promuovere la massima espansione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Si tratta di una prospettiva, in virtù della quale la specifica regolamentazione introdotta con la Legge di Stabilità 2015 reca disposizioni speciali che risultano prevalenti sui principi generali del citato art.4, comma 12, della Legge n.92/2012, con specifico riferimento alle condizioni ostative previste dalla lettera a), della citata norma.

Conseguentemente, secondo il parere dell’Inps,  le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, operate nel rispetto delle complessive condizioni di legge illustrate nella Circolare, fruiscono dell’esonero contributivo introdotto dalla Legge di stabilità 2015, a prescindere dalla circostanza che costituiscano attuazione di un obbligo stabilito da norme di legge o di contratto collettivo.

Venendo, infine, ai vincoli introdotti dalla Legge di Stabilità 2015, la fruizione del diritto all’esonero contributivo triennale è subordinata alla sussistenza, alla data dell’assunzione,  delle seguenti condizioni:
  1. il lavoratore, nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione, non risulti occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, in forza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Al riguardo, l’Istituto ha ricordato che il contratto di apprendistato, ancorché escluso dall’applicazione dell’esonero contributivo in oggetto, costituisce un rapporto a tempo indeterminato. Di conseguenza,  qualora il dipendente assunto abbia avuto, nel corso dei sei mesi precedenti l’assunzione, un rapporto di lavoro regolato sulla base del contratto di apprendistato, il datore di lavoro non può fruire del presente esonero contributivo triennale. Analoghe considerazioni valgono nel caso in cui il lavoratore assunto abbia avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a scopo di somministrazione, ovvero un rapporto di lavoro domestico a tempo indeterminato. Con riferimento, infine, al lavoro intermittente, l’Inps ha osservato come la sussistenza di un rapporto di lavoro intermittente a tempo indeterminato nell’arco dei sei mesi precedenti la data di assunzione non costituisca condizione ostativa per il diritto all’esonero contributivo triennale recato dalla norma in esame;
     
  2. il lavoratore, nel corso dei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della Legge di stabilità 2015, non abbia avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il datore di lavoro richiedente l’incentivo, ovvero con società da questi controllate o a questi collegate ai sensi dell’art.2359 c.c., nonché facenti capo, ancorché per interposta persona, al datore di lavoro medesimo;
     
  3. il lavoratore non deve avere avuto un precedente rapporto di lavoro agevolato, ai sensi della Legge di Stabilità 2015, con lo stesso datore di lavoro che assume.

5. Contratto di somministrazione
L’esonero contributivo di cui alla norma qui analizzata spetta anche alle nuove assunzioni a tempo indeterminato, nell’accezione illustrata nell’ambito della presente Circolare, a scopo di somministrazione, ancorché la somministrazione sia resa verso l’utilizzatore nella forma a tempo determinato.

In applicazione del principio di cumulo stabilito dall’art.4, comma 13, della Legge n.92/2012, l’esonero contributivo in oggetto opera in forma unitaria nei periodi in cui il lavoratore abbia prestato l’attività in favore dello stesso soggetto a titolo di lavoro subordinato a tempo indeterminato o somministrato, purché i relativi rapporti siano instaurati nel rispetto dei requisiti fissati dal quadro normativo introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, primo fra i tutti la condizione di assenza di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nell’arco dei sei mesi precedenti l’assunzione.

Pertanto, l’assunzione a tempo indeterminato di un dipendente che ha già prestato la sua opera presso il datore di lavoro nella qualità di lavoratore somministrato, godendo dell’esonero contributivo in oggetto, fruisce dell’esonero contributivo triennale a condizione che il lavoratore medesimo non sia stato occupato a tempo indeterminato, nel corso degli ultimi sei mesi presso qualsiasi datore di lavoro, ivi incluso il somministratore, e per il periodo residuo di utilizzo dell’esonero.

6. Datori di lavoro agricoli
In virtù della previsione di cui al comma 119 dell’art.1 della Legge di Stabilità 2015, a decorrere dal primo gennaio dell’anno in corso, l’esonero contributivo in oggetto si applica anche alle assunzioni a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato, dei lavoratori agricoli che si trovino in una delle seguenti condizioni:
  1. che non risultino occupati nel corso dell’anno 2014, in forza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, presso qualsiasi datore di lavoro agricolo.  Al riguardo, l’Istituto ha precisato che, ancorché escluso dall’applicazione dell’esonero contributivo in oggetto, il contratto di apprendistato costituisce un rapporto a tempo indeterminato, pertanto, qualora il lavoratore assunto abbia avuto nel corso del 2014 un rapporto di lavoro agricolo regolato sulla base del contratto di apprendistato, il datore di lavoro non può fruire del presente esonero contributivo. Analoghe considerazioni valgono nel caso in cui il lavoratore assunto abbia avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a scopo di somministrazione.
     
  2. che non risultino iscritti negli elenchi nominativi dell’anno 2014 per un numero di giornate di lavoro pari o superiore a 250 giornate, in qualità di lavoratori a tempo determinato presso qualsiasi datore di lavoro agricolo.

Per quanto riguarda esclusivamente il settore agricolo, l’esonero contributivo non è automatico, ma verrà  riconosciuto nel limite delle risorse stanziate, pari a:

-        2 milioni di euro, per l’anno 2015;

-        15 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2016 e 2017;

-        11 milioni di euro, per l’anno 2018;

-        2 milioni di euro, per l’anno 2019.

Il riconoscimento del diritto alla fruizione dell’esonero contributivo verrà regolato sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle relative istanze e, pertanto, nel caso di insufficienza delle risorse, valutata anche su base pluriennale con riferimento alla durata dell’incentivo, l’Istituto non prenderà in considerazione ulteriori domande, fornendo immediata comunicazione al richiedente.

Da ultimo, occorre precisare che, in linea con la prassi previdenziale,  nella nozione di rapporti di lavoro agricolo rientrano, ai fini dell’ammissione al beneficio in commento, esclusivamente i rapporti di lavoro instaurati dai datori di lavoro con gli operai, con  conseguente esclusione di dirigenti, quadri ed impiegati del settore agricolo.

7. Compatibilità con altre forme di incentivo all’occupazione
L’esonero contributivo triennale introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 non è cumulabile con “altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente”.

Pertanto, assumendo a riferimento le forme di incentivo maggiormente diffuse, fruibili in relazione alle nuove assunzioni effettuate nel corso del 2015, il predetto esonero contributivo non è cumulabile con l’incentivo per l’assunzione di lavoratori con più di 50 anni di età disoccupati da oltre dodici mesi e di donne prive di impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi ovvero prive di impiego da almeno sei mesi e appartenenti a particolari aree geografiche (9).

Di contro, l’esonero contributivo introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 può essere cumulato, invece,  con gli incentivi di natura economica, fra i quali:
  • l’incentivo per l’assunzione dei lavoratori disabili (10);
  • l’incentivo per l’assunzione di giovani genitori (11), pari a 5.000,00 €  fruibili, dal datore di lavoro, in quote mensili non superiori alla misura della retribuzione lorda, per un massimo di cinque lavoratori;
  • l’incentivo all’assunzione di beneficiari del trattamento Aspi (12), pari al 50% dell’indennità che sarebbe spettata al lavoratore se non fosse stato assunto per la durata residua del trattamento;
     
  • l’incentivo inerente al “Programma Garanzia Giovani” (13);
  • l’incentivo per l’assunzione di giovani lavoratori agricoli (14), limitatamente agli operai agricoli.
Per quanto concerne l’incentivo sperimentale per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani entro i 29 anni di età (15), pari ad 1/3 della retribuzione lorda entro il limite mensile di 650,00 €, la cumulabilità con l’esonero contributivo triennale della Legge di Stabilità 2015 è ammessa in misura limitata. Difatti, nel concorso di altri regimi agevolati, l’ammontare del primo incentivo non può comunque superare l’importo dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per cui, unitamente allo sgravio contributivo triennale, il citato incentivo per l’assunzione di giovani entro i 29 anni di età opererebbe solo con riferimento all’eventuale quota di contribuzione a carico del datore di lavoro superiore alla soglia mensile di  671,66 € (euro 8.060,00/12).

In relazione agli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, risulta cumulabile con l’esonero contributivo di cui alla presente Circolare esclusivamente il contributo di cui al comma 4 dell’art.8 della Legge n.223/1991, che, per la sua natura di incentivo economico finalizzato all’occupazione di lavoratori in condizioni di particolare svantaggio, non rientra nella nozione di beneficio di natura contributiva. Pertanto, i datori di lavoro che, a partire dal 1° gennaio 2015, effettuano nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, possono usufruire, ove ricorrano tutte le restanti condizioni, del nuovo esonero contributivo unitamente all’incentivo di natura economica di cui al predetto comma 4 dell’articolo 8,  pari al 50% dell’indennità mensile che sarebbe spettata al lavoratore per il residuo periodo di diritto alla indennità medesima, fino ad un massimo di 12 mesi, ovvero di 24 mesi per assunzione di lavoratori di età superiore a 50 anni, ovvero di 36 mesi nel caso in cui l’assunzione del lavoratore di età superiore a 50 anni risulti effettuata nelle aree del Mezzogiorno.

Analogamente, il predetto cumulo è ammissibile nei casi di trasformazione a tempo indeterminato di rapporti instaurati con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità.

8. Assetto e misura dell’incentivo
L’esonero contributivo introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 è pari ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con eccezione delle seguenti forme di contribuzione: 
  • i premi e i contributi dovuti all’Inail;
     
  • il contributo, ove dovuto, al “fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art.2120 del c.c.(16);
     
  •  il contributo, ove dovuto, ai fondi di cui all’art.3, commi 3, 14 e 19, della Legge n.92/2012.

Come indicato nella premessa, la manovra ha fissato in un triennio la durata massima dell’esonero contributivo in commento, decorrente dalla data di assunzione del lavoratore, che, si ricorda, deve intervenire nell’arco temporale ricompreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2015.

L’esonero non può comunque essere superiore al limite  individuale di 8.060,00 € su base annua. In relazione ai rapporti di lavoro part-time, la misura della predetta soglia massima va adeguata in diminuzione sulla base della durata dello specifico orario ridotto di lavoro in rapporto a quella ordinaria stabilita dalla legge ovvero dai contratti collettivi di lavoro.

Allo scopo di agevolare l’applicazione dell’incentivo, la soglia massima di esonero contributivo è riferita al periodo di paga mensile ed è pari a  671,66 € (€ 8.060,00/12) e, per rapporti di lavoro instaurati ovvero risolti nel corso del mese, detta soglia va riproporzionata assumendo a riferimento la misura di  22,08 € (€ 8.060,00/365 gg.) per ogni giorno di fruizione dell’esonero contributivo.

Sul piano operativo, l’esonero va applicato in relazione alla misura dei contributi a carico del datore di lavoro, fatte salve le contribuzioni sopra indicate, fino al limite della predetta soglia mensile, opportunamente adeguata in caso di rapporti di lavoro part-time.

La contribuzione eccedente la predetta soglia mensile potrà formare comunque oggetto di esonero nel corso di ogni anno solare del rapporto agevolato, nel rispetto della soglia massima pari a  8.060,00 € su base annua.

Valerio Pollastrini

  1. - ai sensi dell’articolo 1, commi 118 e seguenti, della Legge n.190 del 23 dicembre 2014 (Legge di Stabilità 2015);
  2. - aiuti concessi dallo Stato ovvero mediante risorse statali;
  3. - individuabile assumendo a riferimento la nozione e l’elencazione recati dall’art.1, comma 2, del D.Lgs. n.165/2001;
  4. - di cui agli articoli 33-40 del D.Lgs. n.276/2003;
  5. - ai sensi della Legge n.142/2001;
  6. - cfr. Circolare Inps n.137/2012;
  7. - c.d. Riforma Fornero;
  8. - di cui al D.M. del 30 ottobre 2007;
  9. - di cui all’art.4, commi 8 e seguenti, della Legge n.92/2012;
  10. - di cui all’art.13, della Legge n.68/1999;
  11. - di cui al Decreto del Ministro della gioventù del 19 novembre 2010;
  12. - di cui all’art.2, comma 10-bis, della Legge n.92/2012;
  13. - di cui al Decreto Direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’8 agosto 2014, come modificato dal Decreto Direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.11 del 23 gennaio 2015 (in corso di registrazione da parte della Corte dei Conti);
  14. - di cui all’art.5 del D.L. n.91/2014, convertito con modificazioni dalla Legge n.116 dell’11 agosto 2014;
  15. - di cui all’art.1, del D.L. n.76/2013;
  16. - di cui al comma 755 della Legge n.296/2006;



Primi segnali positivi sul fronte dell’occupazione


Dopo mesi di dati sconfortanti, finalmente, si registrano timidi segnali di ripresa sul fronte dell’occupazione italiana, specialmente quella giovanile.

 

Stando ai rilievi dell’Istat, infatti, a dicembre 2014 il tasso di disoccupazione dei soggetti con età compresa tra i 15 ed i 24 anni si è attestato al 42%, segnando il valore più basso dallo stesso mese del 2013 ad oggi.

 

Basti pensare che  a novembre del 2014 tale valore si era fermato al 43%.

 

In linea generale, rispetto al mese precedente, il tasso principale di disoccupazione è sceso al 12,9%, 0,4 punti percentuali in meno, in termini congiunturali.

 

Conseguentemente, in un solo mese il numero degli occupati è cresciuto di 93mila unità.

 

Occorre, infine, rilevare come, timidi segnali di ripresa giungano anche dal resto dell’Unione Europea.

 

Secondo quanto certificato da Eurostat, infatti, il tasso di disoccupazione dell’Eurozona, sempre relativo al dicembre 2014, è stato pari all’11,4%, livello minimo dall'agosto del 2012.

 

Valerio Pollastrini

mercoledì 28 gennaio 2015

Licenziamento illegittimo e demansionamento: il mobbing non è automatico

Nella sentenza n.1262 del 23 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che, di per sé, sia la dequalificazione professionale che l’illegittimo licenziamento subiti, non sono sufficienti a dimostrare il mobbing.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Venezia aveva respinto il gravame proposto da un lavoratore contro il rigetto, pronunciato dal Tribunale del primo grado, dell’impugnativa del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli il 29 settembre 2003, mentre aveva accolto la domanda di risarcimento del danno da dequalificazione sofferto dal dipendente nel periodo intercorrente tra il 1° novembre 2002 ed il 29 settembre 2003, rigettando, però,  quella di risarcimento dei danni da mobbing.

Avverso questa sentenza, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizio di motivazione nella parte in cui l’impugnata sentenza, pur riconoscendo il demansionamento patito, non ne aveva tenuto conto ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da mobbing e dell’impugnativa di licenziamento.

In tal modo, secondo il ricorrente, la Corte del merito avrebbe trascurato che la subita dequalificazione professionale,  di per sé,  dimostrasse il comportamento persecutorio posto in essere ai suoi danni, nonché il carattere strumentale della soppressione del posto di lavoro di responsabile del nuovo Ufficio Marketing, cui il dipendente era stato assegnato nel luglio 2003. Sul punto, infatti, il ricorrente aveva precisato di non aver ricevuto le necessarie dotazioni degli strumenti di lavoro informatici, il che lo avrebbe costretto a quella sostanziale inattività poi sanzionata dallo stesso giudice dell’appello in termini di riconoscimento del danno da dequalificazione professionale.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato nella parte in cui il lavoratore aveva censurato vizio di motivazione in ordine all’effettiva sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento.

A tale proposito, gli ermellini hanno osservato  che, sebbene non sia sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, nondimeno al giudice del merito spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, nel senso che ne risulti l’effettività e la non pretestuosità (1).

L’impugnata sentenza, invece, lungi dall’accertare in concreto la genuinità della scelta aziendale, si era limitata a rilevarne l’insindacabilità nel merito, che è cosa ben diversa.

La Corte territoriale, infatti, aveva erroneamente ritenuto di doversi limitare ad una verifica meramente formale dell’avvenuta soppressione del nuovo Ufficio Marketing ed aveva omesso di sottoporre al doveroso vaglio giurisdizionale la mancanza di idonei mezzi di lavoro a disposizione del ricorrente, unitamente al rilievo che il nuovo ufficio era stato costituito nel luglio 2003, cioè appena due mesi prima di essere soppresso, e che il dipendente aveva patito una dequalificazione professionale già a partire dal 1° novembre 2002:  si trattava, in sostanza, di elementi presuntivi potenzialmente sintomatici del fatto che il nuovo ufficio fosse stato creato non affinché funzionasse, ma solo per poterlo chiudere poco dopo avervi adibito il lavoratore.

Sul punto, pertanto, era  mancato qualunque apprezzamento che confermasse od escludesse il lamentato carattere strumentale della creazione e della successiva soppressione di tale nuovo ufficio e della mancata predisposizione in esso dei relativi mezzi di lavoro.

In conclusione, la Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso del dipendente esclusivamente nei sensi sopra chiariti, rigettando, invece, la domanda di quest’ultimo relativa alla condotta mobbizzante asseritamente posta in essere ai suoi danni.

Valerio Pollastrini

 
1)      -  Cass., Sentenza n.7474/2012; Cass., Sentenza n.24235/2010; Cass., Sentenza n.21282/2006; Cass., Sentenza n.21121/2004;