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venerdì 5 dicembre 2014

Licenziamento disciplinare preceduto da una sospensione cautelare del dipendente

Nella sentenza n.25685 del  4 dicembre 2014, la Cassazione ha ricordato che, in caso di licenziamento disciplinare, la valutazione sulla gravità della condotta contestata al lavoratore è riservata al giudice del merito e, dunque, sottratta alla Corte di legittimità, se motivata adeguatamente.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Trieste aveva confermato la sentenza con la quale  il Tribunale del primo grado aveva rigettato il ricorso proposto da una lavoratrice inteso ad ottenere la dichiarazione dell' illegittimità del licenziamento intimatole  per allontanamento ingiustificato dal lavoro in orari in cui il cartellino, attestante la sua presenza in servizio, evidenziava due  timbrature pomeridiane.

In particolare, la Corte territoriale aveva escluso che il datore di lavoro  avesse leso il diritto di difesa della dipendente, impedendole, tramite la preventiva sospensione cautelare, di accedere presso gli uffici dell’azienda per reperire la documentazione necessaria alle proprie controdeduzioni, atteso che detta sospensione era stata legittimamente disposta in conseguenza della natura della mancanza, ai sensi dell’art.27 del CCNL di categoria.

In ogni caso, secondo il giudice dell’appello, la lavoratrice aveva potuto comunque approntare la documentazione necessaria alla propria difesa, spedendola all’amministratore delegato della società in data anteriore a quella del licenziamento.

La stessa Corte, inoltre, aveva ritenuto la sanzione espulsiva legittima, nonché proporzionata alla condotta contestata alla ricorrente, attesa la gravità del fatto sia dal punto di vista oggettivo che, soprattutto, da quello soggettivo, avendo la dipendente approfittato della fiducia del datore di lavoro nella presenza in azienda.

Avverso questa sentenza, la lavoratrice aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo che la sospensione cautelare sarebbe stata disposta a suo carico al di fuori dei casi previsti dall’art.27 del CCNL di categoria e che, tale illegittimità, avrebbe causato anche la violazione del diritto di difesa di cui all'art.7 della legge n.300/1970, ostacolandole la possibilità  di reperire la documentazione necessaria per approntare le giustificazioni agli addebiti contestatigli.

La ricorrente, inoltre, aveva censurato la ritenuta proporzionalità della sanzione irrogatale, osservando che il giudice dell’appello non avrebbe tenuto conto che la presenza in ufficio al venerdì pomeriggio, giorno nel quale erano state accertate  le assenze contestate, non sarebbe garantita, e che, pertanto, il danno da lei provocato al datore di lavoro sarebbe assai modesto, in quanto limitato al valore di un’ora e mezza di lavoro straordinario.

Investita della questione, la Cassazione ha però ritenuto infondate le predette doglianze.

Nella premessa, gli ermellini hanno osservato che, secondo l’assunto della ricorrente, l’eventuale illegittimità della sospensione cautelare  si sarebbe ripercossa sulla legittimità del licenziamento, ostacolando, in particolare, il suo diritto di difesa e, nello specifico, la possibilità di approntare le proprie difese acquisendo la documentazione necessaria presso gli uffici della società.

Tuttavia,  la Corte territoriale aveva sconfessato la tesi difensiva della ricorrente attraverso una compiuta e logica motivazione.

Il giudice dell’appello, in particolare, aveva correttamente affermato che la sospensione cautelare non poteva, necessariamente, inficiare la legittimità del licenziamento, costituendo una legittima facoltà attribuita al datore di lavoro dall’art.27 del CCNL.

La stessa Corte territoriale, inoltre, aveva compiutamente motivato che tale sospensione non aveva affatto ostacolato la lavoratrice nel reperimento della documentazione necessaria alle sue difese, avendo accertato  come la stessa avesse provveduto al tempestivo invio della documentazione, attestante la sua presenza in ufficio nei giorni oggetto della contestazione, all’amministratore delegato ed al responsabile delle relazioni sindacali in epoca anteriore al licenziamento.

Quella appena espressa, è una motivazione che non può essere censurata in sede di legittimità.

Parimenti, anche la valutazione sulla gravita della condotta non può che essere di competenza del giudice del merito, il quale, nella fattispecie, l’aveva correttamente eseguita, rendendone una motivazione assolutamente congrua e, come tale, sottratta anch’essa alle censure di legittimità.

Sul punto, infatti, gli ermellini hanno ricordato che, nell’ambito della verifica giudiziale della correttezza del procedimento disciplinare, il giudizio di proporzionalità tra violazione contestata e provvedimento adottato si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento del lavoratore e dell’adeguatezza della sanzione.

Si tratta di questioni di merito che, ove risolte dal giudice di appello con apprezzamento, in fatto, adeguatamente giustificato con motivazione esauriente e completa, come nella fattispecie, si sottraggono al riesame in sede di legittimità (1).

Per tutte le riportate considerazioni, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso e la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del processo di legittimità.

Valerio Pollastrini


1)      - Cass., Sentenza n.24349 del 15 novembre 2006; Cass., Sentenza n.8293 del 25 maggio 2012; Cass., Sentenza n.7948 del 7 aprile 2011;

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