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mercoledì 12 novembre 2014

Criteri per la determinazione in giudizio del giusto compenso

Nella sentenza n.21301 del 9 ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha ricordato che, nel caso in cui sia chiamato a determinare la corretta retribuzione del lavoratore, il giudice può attenersi anche alle nozioni di comune esperienza.

Nella pronuncia in commento, la Suprema Corte ha precisato, infatti, che il giudice, riscontrata l’inapplicabilità diretta del contratto collettivo al rapporto di lavoro, ha il potere di quantificare il compenso dovuto al dipendente, nel rispetto dei parametri fissati dall’art.36 della Costituzione,  con apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.

Detta quantificazione, inoltre, non può essere censurata in sede di legittimità sotto il profilo del puro e semplice mancato ricorso ai parametri rinvenibili nella contrattazione collettiva, poiché nel potere discrezionale riservato al giudice del merito rientra anche la possibilità di effettuare una liquidazione su nozioni di comune esperienza e, in difetto di utili elementi, persino su criteri meramente equitativi.

Conseguentemente, nell’effettuare la verifica del rispetto del mimino costituzionale, il giudice non necessariamente deve fare riferimento al contratto collettivo nazionale, potendo discrezionalmente utilizzare quale parametro di riferimento il contratto aziendale, quand’anche sia peggiorativo  o stipulato in un periodo successivo alla conclusione del rapporto di lavoro ad oggetto.

Valerio Pollastrini

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