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lunedì 15 settembre 2014

Elementi per la revoca permesso di soggiorno

Nella sentenza n.4641 dell’11 settembre 2014, il Consiglio di Stato ha chiarito che il provvedimento di  revoca del permesso di soggiorno può essere disposto legittimamente solo al termine del giudizio di pericolosità sociale dello straniero.

Nella vicenda in commento, un cittadino cinese, al quale nel 1999,  a seguito della sanatoria (1), era stato rilasciato il permesso di soggiorno,  poi rinnovato nel 2008,  aveva appellato la sentenza  del TAR per il Veneto, nella quale era stato respinto il suo ricorso avverso il provvedimento del Questore di Vicenza, di revoca del permesso di soggiorno (2), in quanto, all’esito di indagini dattiloscopiche, era emerso che il medesimo, con le generalità di C.Z.H. nato nel 1971, il 31 marzo 1998, era stato colpito da decreto di espulsione della Questura di Modena, che ne aveva poi negato la revoca.

Premesso di essere coniugato con due figlie, l’appellante aveva sostenuto che, diversamente dalla visione meramente formalistica della Questura di Vicenza, l’espulsione dovesse ritenersi superata dal permesso di soggiorno del 1999 e, comunque, inefficace perché con esso in contrasto poiché, pur entrato irregolarmente in Italia, aveva fruito della sanatoria, svolgendo regolare attività lavorativa e manifestando affidabilità ed integrazione, senza aver mai tenuto una  condotta contraria alla legge talché, a distanza di tanti anni, sarebbe venuta meno ogni ragione di sicurezza e ordine pubblico che potesse giustificare il divieto di reingresso.

In quanto coniugato e padre due figlie, il ricorrente aveva inoltre sostenuto che la sua permanenza dovesse intendersi consentita per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore e per il diritto all’unità familiare, oggetto di speciale protezione.

Dopo il rigetto dell’appello, il Consiglio di Stato, investito della questione, ha riepilogato nella premessa il quadro normativo di riferimento.

In particolare l’art.4, c. 6, del D.Lgs. n.286/1998 dispone che "Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato (...) gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso", mentre il successivo art.5, c. 5, prevede che: "Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato".

Tuttavia, quest’ultima norma (3), oltre a far salvi "sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio", aggiunge che "Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale".

In proposito, però, la Consulta ha recentemente dichiarato l’anticostituzionalità di detto comma 5 (4) nella  parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che «ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare» o al «familiare ricongiunto», e non anche allo straniero «che abbia legami familiari nel territorio dello Stato».

Di conseguenza, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, il provvedimento impugnato in primo grado è illegittimo, in quanto adottato sulla base di un mero automatismo tra revoca del permesso di soggiorno ed avvenuta espulsione, senza previo giudizio di pericolosità sociale ed alcuna considerazione degli elementi indicati dalla norma in parola, ovverosia la natura e l’effettività dei vincoli familiari del signor Z., l'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine e la durata del suo soggiorno in Italia. 

In conclusione, il Consiglio di Stato ha disposto che  la sentenza appellata debba essere riformata nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado.

 

Valerio Pollastrini



  1. - di cui al D.P.C.M. 16 ottobre 1998;
  2. - ai sensi degli artt.4, comma  6, 5, comma 5, e 13, comma 13, del D.Lgs. n.286 del 25 luglio 1998;
  3. - nel testo modificato dall'art.2, comma 1, lett. b), n. 1), del D.Lgs. n.5 dell’8 gennaio 2007, applicabile ratione temporis;
  4. - Corte Costituzionale, Sentenza n.202 del 18 luglio 2013;

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