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venerdì 19 settembre 2014

Diniego di emersione lavoro irregolare

Nella sentenza n.4636 dell’11 settembre 2014, il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità del rigetto della procedura di emersione opposto ad un cittadino straniero per il mancato invio da parte del datore di lavoro della documentazione inerente alla sussistenza della disponibilità alloggiativa.

Nella vicenda in commento, un cittadino straniero aveva impugnato dinnanzi al Tar per il Lazio  il provvedimento  di reiezione della domanda di emersione di lavoro irregolare  presentata il 23 settembre 2009 a suo favore  e finalizzata all’assistenza di persona affetta da patologia o handicap, in quanto il datore di lavoro non aveva prodotto la documentazione medica ed alloggiativa necessaria ai termini di legge a pena di inammissibilità (1).

Richiamando una precedente sentenza (2), il TAR aveva respinto il ricorso, ritenendo provato che il datore di lavoro, nonostante avesse ricevuto in data  3 settembre  2011 il preavviso di rigetto, non si era presentato alla convocazione nella quale gli era stato intimato di fornire  la documentazione necessaria (3).

L’appellante aveva contestato  l’analogia tra il caso di cui alla sentenza richiamata dal TAR e quello in esame, deducendo l’assenza di motivazioni  rispetto alle questioni prospettate nel caso specifico.

In particolare non sarebbe stata considerata l’omessa comunicazione al lavoratore straniero interessato della convocazione e del preavviso di rigetto.

A detta del ricorrente, la mancanza di tali comunicazioni avrebbe avuto una influenza determinante sull’esito del procedimento. Diversamente, infatti, il lavoratore avrebbe potuto far presente che la documentazione medica fosse già in possesso dell’Amministrazione, in quanto  prodotta per altro badante precedentemente regolarizzato.

L’appellante, inoltre, aveva lamentato che ricondurre l’esito della procedura di emersione alla condotta del datore di lavoro sarebbe anticostituzionale. In tal senso, l’art.1-ter, comma 7, della Legge n.102/2009 prevede che l’assenza di ambo alle parti in risposta alla convocazione determina il suo annullamento.  Conseguentemente, sempre a detta del ricorrente,  sarebbe bastata la sua sola presenza.  

Investito della questione, il Consiglio di Stato aveva accolto l’istanza cautelare per la sospensione della sentenza appellata, rilevando che nel corso del giudizio fossero emersi elementi che richiedevano un riesame da parte delle competenti autorità, al fine di   verificare se le pur rilevanti circostanze alla base delle motivazioni del provvedimento impugnato in primo grado potessero rientrare tra le irregolarità amministrative sanabili in applicazione delle disposizioni di cui all’art.5, comma 5, primo periodo, del D.Lgs. n.286/1998.

Sul punto, la Questura di Roma - Sportello Unico per l’Immigrazione di Roma - aveva provveduto al riesame richiesto,  concludendo  che la predetta documentazione, quand’anche  fosse stata  successivamente prodotta o acquisita mediante istruttoria in giudizio,  non avrebbe potuto  sanare la mancata presentazione all’interno del procedimento amministrativo, essendo stata la datrice di lavoro puntualmente avvisata della mancanza e non essendosi presentata senza alcuna giustificazione.

Il Consiglio di Stato,  chiamata e trattenuta in decisione la causa, ha ritenuto l’appello infondato.

In premessa, il Collegio ha precisato che il riesame da parte della competente autorità amministrativa, disposto ed eseguito sulla base della ordinanza cautelare, corrisponde ed esaurisce la possibile tutela giurisdizionale riconoscibile al tipo di interesse fatto valere in giudizio da parte dello straniero interessato alla procedura di emersione.

In relazione alla mancata presentazione della datrice di lavoro o di un suo rappresentante, infatti, il provvedimento impugnato è stato giudicato legittimo.

Nonostante l’appellante avesse asserito che fosse stata fornita debita giustificazione della suddetta assenza,  unitamente alla richiesta di altra data,  l’Amministrazione, anche in sede di riesame, aveva negato tale circostanza.

Di conseguenza, deve ritenersi assodata la mancata risposta alla convocazione ed il mancato deposito della documentazione necessaria.

La Corte ha quindi ribadito come spettasse alla datrice di lavoro  informare lo straniero della convocazione e dell’avviso di procedimento, e di come di tale  condotta omissiva non potesse certo essere attribuita alcuna responsabilità all’autorità procedente.  

Per tutte le considerazioni sopra riportare, il Consiglio di Stato ha concluso con il rigetto del ricorso.
 

Valerio Pollastrini



  1. - art.1-ter della Legge n.102/2009;
  2. – Tar del Lazio, Sentenza n.986/2012;
  3. - art.1-ter, comma 7, della Legge n.102/2009;

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