Con
riguardo a questa particolare fattispecie contrattuale, infatti, la Suprema
Corte ha ricordato che il recesso può trovare fondamento nella più lieve
nozione di giustificatezza, salvo che alla base non vi siano ragioni di natura
discriminatoria.
Nel
caso di specie, la Suprema Corte ha
ritenuto lecita la successiva suddivisione ed attribuzione delle mansioni svolte dal manager licenziato ad altro dirigente, in quanto tali operazioni
erano state poste in essere in seguito ad un effettivo piano di
riorganizzazione aziendale, conclusosi con l’assunzione di nuovi dipendenti di basso
livello professionale e attraverso l’eliminazione di gran parte delle figure
rientranti nell’area dirigenziale.
La
Cassazione, inoltre, aveva rilevato come le mansioni del ricorrente non fossero
state affidate nell’ambito di una posizione lavorativa esattamente
sovrapponibile a quella da esso rivestita, ma devoluta solo parzialmente ad altro dirigente.
Si
tratta di azioni che, a detta degli ermellini, erano state configurate dal
datore di lavoro nel rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede,
nonché prive di intenti ritorsivi, persecutori, pretestuosi o arbitrari. Tutte
condizioni per le quali il recesso del dirigente è stato ritenuto legittimo.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
interpretazione confermata dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n.3175/2013;
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