In
particolare, gli ermellini hanno precisato che al termine del periodo di
comporto, la richiesta della ferie debba essere formalmente inoltrata all’azienda.
In caso contrario, pertanto, risulta legittimo il recesso intimato al
lavoratore.
Nel
caso di specie, un dipendente, terminato il periodo di comporto
contrattualmente previsto in caso di malattia, si era posto in ferie senza
averne fatto una espressa richiesta scritta all’azienda.
Nel
dirimere la controversia, la Cassazione ha preliminarmente richiamato il
principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (1) che consente al lavoratore di sostituire la
malattia con le ferie maturate e non godute per evitare il decorso del periodo
di comporto.
Tuttavia,
la Suprema Corte ha ricordato come in altre pronunce (2) avesse già
avuto modo di chiarire che in simili circostanze è indispensabile che il lavoratore
richieda le ferie in forma scritta, affinché il datore di lavoro possa valutare
il fondamentale interesse del richiedente al mantenimento del posto di lavoro.
A
tale proposito, neanche l’eventuale stato di confusione mentale del lavoratore
per effetto della malattia sarebbe idoneo ad impedire il licenziamento in caso
di mancato assolvimento dell’obbligo della suddetta richiesta formale.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass., Sentenza n.11691/1998; Cass., Sentenza n.5078/2009;
(2)
-
Cass., Sentenza n.3028/2003, Cass., Sentenza n.6043/2000;
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