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giovedì 7 agosto 2014

Licenziamento del lavoratore disabile

Nella sentenza n.8450 del 10 aprile 2014, la Corte di Cassazione ha chiarito che il licenziamento intimato al lavoratore disabile, se motivato con l’aggravamento dell’infermità che aveva dato luogo alla sua assunzione tramite il collocamento obbligatorio, è legittimo solo nei casi di perdita totale della capacità lavorativa o di situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall'apposita Commissione Medica.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Palermo, riformando la pronuncia di primo grado, aveva ritenuto illegittimo il recesso, condannando la società a reintegrare il disabile nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno subito.
 
In particolare, la Corte territoriale aveva chiarito che il licenziamento di un dipendente assunto come soggetto invalido e avviato al lavoro tramite le apposite liste di collocamento dei disabili, può ritenersi legittimo solo in presenza delle condizioni previste dall’art.10 della Legge n.68/1999.

Ricordando che  la valutazione in ordine alla definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti all'organizzazione del lavoro, è riservata esclusivamente alla Commissione di cui all'articolo 10, comma 3, di detta legge, il giudice dell’appello aveva precisato come l’azienda avrebbe potuto validamente intimare il recesso soltanto nel caso in cui l'organo sanitario avesse ravvisato tale impossibilità.

In sostanza, la  Corte del merito aveva dichiarato illegittimo il licenziamento in quanto aveva accertato che il datore  di lavoro aveva dato luogo al recesso in base alla  propria valutazione del giudizio espresso dal Comitato Tecnico Provinciale per l'inserimento dei disabili e dal medico competente aziendale.

Contro questa sentenza, la società aveva adito la Cassazione, rilevando che,  dopo una visita richiesta dal lavoratore, la Commissione medica l’avesse dichiarato non completamente inabile al lavoro, bensì abile con la limitazione di evitare la prolungata stazione eretta.

A detta del ricorrente, il licenziamento sarebbe stato necessario poiché nell'organizzazione aziendale non vi erano posizioni lavorative compatibili con tale limitazione.

Investita della questione, la Cassazione ha ricordato che l’art.10, comma 3, della Legge n.68/1999 prescrive che  nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute.

Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda.

Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista.

Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo.

Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all’art.4 della Legge n.104 del  5 febbraio 1992 (1).

La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro.

Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda.

Dopo questa lunga disamina, la Suprema Corte ha precisato come la norma suddetta abbia sostituito la precedente norma speciale (2), con riferimento alla quale la  Corte di legittimità (2) aveva  affermato il principio secondo cui, "il licenziamento dell'invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale solo quando è motivato dalla comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre, quando è determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, e' legittimo solo in presenza di una perdita totale della capacità lavorativa o dalla situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall'apposita commissione medica(4).

La Cassazione ha quindi ribadito tale principio di specialità  anche in relazione alla nuova normativa, con riguardo alle condizioni e modalità ivi previste (5), ai sensi della quale, la verifica delle predette condizioni è categoricamente riservata alla competenza della apposita Commissione, che valuta le condizioni stesse in funzione della maggior tutela riservata ai disabili, per i quali, ai fini della risoluzione del rapporto è necessaria la definitiva impossibilità di reinserimento all'interno dell'azienda anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro (6).

Poiché, nella specie,  il licenziamento non era stato preceduto da un accertamento effettuato dalla Commissione Medica (7), gli ermellini hanno osservato come la pronuncia della Corte territoriale avesse fatto corretta applicazione delle norme di diritto cui è sussumibile la fattispecie concreta.

Per tali ragioni, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso, condannando l’azienda al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate in  3.500,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre accessori come per legge.

Valerio Pollastrini
 

(1)   - integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l'organismo di cui all’art.6, comma 3 del Decreto Legislativo n.469 del 23 dicembre 1997, come modificato dall'articolo 6 della presente legge;

(2)    - art.10 della Legge n.482/1968,  in rel. all'articolo 20 della stessa legge;

(3)   - Cass., Sentenza n.10347/2002;

(4)   – ossia delle condizioni previste dall’art.10 della Legge n.482/1968;

(5)   - competenza speciale della commissione di cui alla Legge n.104/1992, come appositamente integrata e con valutazione, sentito anche l'organismo di cui all’art.6, comma 3, del Decreto Legislativo n.469/1997, articolo 6; verifica se il disabile, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda; possibilità di risoluzione del rapporto soltanto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda.

(6)   - Cass., Sentenza  n.15269/2012;

(7)   - di cui all’art.4 della Legge n.104/1992, integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all’art.1, comma 4, della Legge n.68/1999, che abbia valutato, sentito anche l'organismo di cui all’art.6, comma 3, del Decreto Legislativo n.469/1997, come modificato dall’art.6 della  Legge n.68/1999, la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro;

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