Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Palermo, riformando la pronuncia di primo
grado, aveva ritenuto illegittimo il recesso, condannando la società a
reintegrare il disabile nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno subito.
In
particolare, la Corte territoriale aveva chiarito che il licenziamento di un
dipendente assunto come soggetto invalido e avviato al lavoro tramite le
apposite liste di collocamento dei disabili, può ritenersi legittimo solo in
presenza delle condizioni previste dall’art.10 della Legge n.68/1999.
Ricordando
che la valutazione in ordine alla
definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda,
anche attuando i possibili adattamenti all'organizzazione del lavoro, è
riservata esclusivamente alla Commissione di cui all'articolo 10, comma 3, di
detta legge, il giudice dell’appello aveva precisato come l’azienda avrebbe
potuto validamente intimare il recesso soltanto nel caso in cui l'organo
sanitario avesse ravvisato tale impossibilità.
In
sostanza, la Corte del merito aveva
dichiarato illegittimo il licenziamento in quanto aveva accertato che il datore
di lavoro aveva dato luogo al recesso in
base alla propria valutazione del giudizio
espresso dal Comitato Tecnico Provinciale per l'inserimento dei disabili e dal
medico competente aziendale.
Contro
questa sentenza, la società aveva adito la Cassazione, rilevando che, dopo una visita richiesta dal lavoratore, la
Commissione medica l’avesse dichiarato non completamente inabile al lavoro,
bensì abile con la limitazione di evitare la prolungata stazione eretta.
A
detta del ricorrente, il licenziamento sarebbe stato necessario poiché nell'organizzazione
aziendale non vi erano posizioni lavorative compatibili con tale limitazione.
Investita
della questione, la Cassazione ha ricordato che l’art.10, comma 3, della Legge
n.68/1999 prescrive che nel caso di
aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni
dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la
compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute.
Nelle
medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le
condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue
minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda.
Qualora
si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri
definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4,
sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale
incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione
dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non
retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista.
Durante
tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo.
Gli
accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all’art.4 della Legge
n.104 del 5 febbraio 1992 (1).
La
richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non
costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro.
Il
rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i
possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione
accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno
dell'azienda.
Dopo
questa lunga disamina, la Suprema Corte ha precisato come la norma suddetta
abbia sostituito la precedente norma speciale (2), con riferimento alla quale la Corte di legittimità (2) aveva affermato il principio secondo cui, "il licenziamento dell'invalido assunto in
base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina
normativa e contrattuale solo quando è motivato dalla comuni ipotesi di giusta
causa e giustificato motivo, mentre, quando è determinato dall'aggravamento
dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, e' legittimo
solo in presenza di una perdita totale della capacità lavorativa o dalla
situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o
per la sicurezza degli impianti, accertati dall'apposita commissione medica”
(4).
La
Cassazione ha quindi ribadito tale principio di specialità anche in relazione alla nuova normativa, con
riguardo alle condizioni e modalità ivi previste (5), ai sensi della quale, la
verifica delle predette condizioni è categoricamente riservata alla competenza
della apposita Commissione, che valuta le condizioni stesse in funzione della
maggior tutela riservata ai disabili, per i quali, ai fini della risoluzione
del rapporto è necessaria la definitiva impossibilità di reinserimento all'interno
dell'azienda anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del
lavoro (6).
Poiché,
nella specie, il licenziamento non era
stato preceduto da un accertamento effettuato dalla Commissione Medica (7), gli ermellini
hanno osservato come la pronuncia della Corte territoriale avesse fatto
corretta applicazione delle norme di diritto cui è sussumibile la fattispecie
concreta.
Per
tali ragioni, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso, condannando
l’azienda al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate in 3.500,00 € per compensi professionali, 100,00
€ per esborsi, oltre accessori come per legge.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1,
comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l'organismo di cui all’art.6,
comma 3 del Decreto Legislativo n.469 del 23 dicembre 1997, come modificato
dall'articolo 6 della presente legge;
(2)
- art.10 della Legge n.482/1968, in rel. all'articolo 20 della stessa legge;
(3)
-
Cass., Sentenza n.10347/2002;
(4)
–
ossia delle condizioni previste dall’art.10 della Legge n.482/1968;
(5)
-
competenza speciale della commissione di cui alla Legge n.104/1992, come
appositamente integrata e con valutazione, sentito anche l'organismo di cui all’art.6,
comma 3, del Decreto Legislativo n.469/1997, articolo 6; verifica se il
disabile, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato
presso l'azienda; possibilità di risoluzione del rapporto soltanto nel caso in
cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la
predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile
all'interno dell'azienda.
(6)
-
Cass., Sentenza n.15269/2012;
(7)
-
di cui all’art.4 della Legge n.104/1992, integrata a norma dell'atto di
indirizzo e coordinamento di cui all’art.1, comma 4, della Legge n.68/1999, che
abbia valutato, sentito anche l'organismo di cui all’art.6, comma 3, del Decreto
Legislativo n.469/1997, come modificato dall’art.6 della Legge n.68/1999, la definitiva impossibilità
di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili
adattamenti dell'organizzazione del lavoro;
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