Nel
caso in commento, la Corte di Appello di Potenza aveva respinto le domande proposte da alcuni lavoratori in merito alla
determinazione delle somme ad essi spettanti a titolo di risarcimento del danno per gli
illegittimi licenziamenti subiti dalla Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.
Per
mezzo della disposta Consulenza Tecnica d’Ufficio, la Corte del merito aveva
determinato l’ammontare delle retribuzioni globali di fatto dovute a ciascuno
dei ricorrenti, detraendo dalle stesse quanto percepito
dai lavoratori a titolo di indennità sostitutiva di preavviso, credito
funzionalmente collegato al recesso e, come tale, costituente indebito
oggettivo in seguito alla riattivazione della funzionalità del rapporto.
La
Corte territoriale, inoltre, aveva eliso
da qualsivoglia esame la domanda di condanna al pagamento del TFR, perché logicamente estranea ai giudizi di
impugnativa dei licenziamenti introdotti in primo grado dinanzi al Tribunale di
Foggia e. quindi, non compresa nel thema
decidendum del giudizio di rinvio, nel
quale non può farsi rientrare la determinazione del risarcimento di danni
ulteriori che non trovino la loro causa nella pronuncia di condanna al pagamento
delle retribuzioni globali di fatto, maturate dalle date dei licenziamenti a
quelle dell'effettiva reintegra degli interessati.
Contro
questa sentenza, i lavoratori avevano adito la Cassazione, contestando il
mancato accoglimento della richiesta volta al pagamento del trattamento di fine
rapporto.
In
particolare, i ricorrenti avevano rilevato come, dagli atti, fosse desumibile
che gli stessi avessero riportato e
conteggiato specificamente i ratei di TFR, da ciascuno maturati nei periodi
rispettivamente considerati, già nei loro conteggi prodotti e contenuti nei
ricorsi in riassunzione dinanzi alla Corte d'appello di Potenza, affermando la
ricomprensione di tali ratei nella determinazione degli importi da rivendicati.
Tale
argomentazione, inoltre, era stata reiterata nel corso delle molteplici udienze
di trattazione celebrate dinanzi alla suddetta Corte territoriale, tanto che il
primo dei due CTU ivi nominati era stato officiato anche della determinazione degli
importi dovuti per il TFR.
A
detta dei ricorrenti, poiché al trattamento di fine rapporto viene comunemente
riconosciuta la natura di retribuzione differita, tale emolumento dovrebbe essere incluso nella retribuzione
globale di fatto, che viene determinata facendo riferimento all'insieme di
tutte le voci retributive che il lavoratore avrebbe regolarmente percepito in
costanza di rapporto se non fosse stato illegittimamente licenziato.
Da
ciò, conseguirebbe che la determinazione delle somme dovute a ciascuno dei
lavoratori per il TFR non potevano risultare estranee al thema decidendum del giudizio di rinvio, in quanto comprese nella
quantificazione delle retribuzioni globali di fatto degli interessati, alla
quale il Giudice di rinvio avrebbe dovuto procedere in applicazione del
principio di diritto richiamato nella premessa.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Richiamando
la giurisprudenza di legittimità (1), la Suprema Corte ha ricordato che,
essendo l'esigibilità del TFR correlata all'estinzione del rapporto, sussiste
un nesso di alternatività tra la pronuncia di perdurante sussistenza del
rapporto di lavoro o di annullamento del licenziamento e quella di condanna al
pagamento del trattamento suddetto, costituendo il primo accertamento un
antecedente logico giuridico rispetto alla domanda relativa al pagamento
dell'indennità di fine rapporto, non configurabile nel caso in cui risulti o
debba stabilirsi la continuazione del rapporto di lavoro.
Nella
specie, la sentenza impugnata aveva correttamente enunciato il principio di
diritto in base al quale l'ammontare delle somme percepite a titolo di pensione
non può essere oggetto di compensazione ovvero di detrazione dall'ammontare del
risarcimento del danno per licenziamento illegittimo.
Conseguentemente,
in esatta applicazione di tale principio, la Corte potentina, tramite apposita
CTU, aveva determinato l’ammontare delle retribuzioni globali di fatto dovute a
ciascuno dei ricorrenti, escludendo dal computo le somme percepite a titolo di
pensione.
Il
Giudice di appello, con congrua e logica motivazione, aveva, altresì, sottratto
da qualsivoglia esame le domande di condanna al pagamento del TFR, ritenendole,
logicamente estranee ai giudizi di impugnativa dei licenziamenti introdotti in
primo grado dinanzi al Tribunale di Foggia e, quindi, non attinenti al thema decidendum della fase di rinvio
del giudizio.
In
particolare, la sentenza impugnata aveva precisato che nel suddetto thema decidendum non poteva farsi
rientrare la determinazione del risarcimento di danni ulteriori che non
trovassero la loro causa nella pronuncia di condanna al pagamento delle
retribuzioni globali di fatto, maturate dalle date del licenziamento a quelle
dell'effettiva reintegra degli interessati.
Si
tratta di una statuizione che risulta del tutto conforme al richiamato
principio, oltre che a quelli generali che governano il giudizio di rinvio e,
pertanto, la Cassazione ha ritenuto che, sul punto, la sentenza non meritasse alcuna censura.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass., Sentenza n.21029 del 2 novembre
2004; Cass., Sentenza n.8861 del 14 agosto 1991; Cass., Sentenza n.1049 del 3 febbraio 1998; Cass., Sentenza n.10942 del
18 agosto 2000; Cass., Sentenza n.3563 del 12 marzo 2001; Cass., Sentenza n.4551
del 28 marzo 2002; Cass., Sentenza n.7143
del 16 maggio 2002; Cass., Sentenza n.3865
del 15 febbraio 2008; Cass., Sentenza n.15869 del 20 settembre 2012;
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