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lunedì 21 luglio 2014

Processo tributario - Valore probatorio delle dichiarazioni dei lavoratori

Nella sentenza n.16462 del 18 luglio 2014, la Corte di Cassazione ha affermato che il divieto di produrre prove testimoniali nell’ambito del processo tributario  non si applica nel caso in cui le dichiarazioni dei lavoratori vengano riportate nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza.

Il caso di specie è quello che ha riguardato una società, ai danni della quale era stato emesso un avviso di accertamento  per omesse ritenute d'acconto sui compensi corrisposti a 32 dipendenti non iscritti nei libri obbligatori

Dopo che nel primo grado di giudizio era stato respinto il ricorso dell’azienda, la Commissione Tributaria Regionale ne aveva successivamente accolto l’appello, in quanto, ai sensi  dell’art.7 del D.lgs. n.546/1992, nel processo tributario le dichiarazioni dei terzi, raccolte in sede di verifica fiscale, in assenza di ulteriori riscontri documentali, non assumono efficacia probatoria.

L’Amministrazione, invece, non aveva offerto alcun rilievo documentale in grado di dimostrare la sussistenza dei contestati rapporti di lavoro  e, conseguentemente, del relativo inadempimento degli obblighi gravanti sul sostituto d'imposta.

Nel verbale della Guardia di Finanza, così come nell’ulteriore documentazione prodotta in giudizio, infatti,  mancava qualsiasi elemento che rinviasse a tali rapporti.

Dal momento che l’accertamento era stato basato unicamente sulle dichiarazioni dei presunti lavoratori e sull'esame di provvedimenti giudiziari civili, di dubbia interpretazione sotto il profilo fiscale, la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto il ricorso del contribuente.

Nell’impugnare questa pronuncia, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato la ritenuta inammissibilità delle dichiarazioni rese dai terzi, a sostegno delle contestazioni in materia dì omessa ritenuta alla fonte su compensi a lavoratori, non registrati nei libri contabili obbligatori, sostenendo che la norma sopra richiamata intenda colpire solamente  le prove testimoniali formate nel processo tributario, senza negare ad esse la valenza di semplici indizi da vagliare circa la loro fondatezza.

Investita della questione,  la Suprema Corte ha precisato che, nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla Guardia di Finanza  e riportate nel  verbale di constatazione, da cui sia sfociato  l'avviso di accertamento, assumono valore indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice unitamente ad altri elementi.

Le suddette dichiarazioni, in sostanza,  danno luogo a presunzioni semplici che, nonostante il divieto di prova testimoniale, risultano generalmente ammissibili nel contenzioso tributario.

La Cassazione ha poi sottolineato che l’inammissibilità del giuramento e della prova testimoniale (1), limita  i poteri del giudice tributario e non quelli degli organi di verifica.

Tale limitazione, pertanto, assume valore  soltanto per la diretta acquisizione, da parte del giudice stesso, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, mentre le dichiarazioni dei terzi raccolte da verificatori o finanzieri e inserite nel processo verbale di constatazione hanno natura di mere informazioni acquisite nell'ambito di indagini amministrative e, dunque, risultano pienamente utilizzabili quali elementi di convincimento.

Per le richiamate considerazioni, la Suprema Corte ha concluso con l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Valerio Pollastrini

 
(1)   – Ai sensi dell'art.7, comma 4, del  D.lgs. n.546/1992;

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