Il
legale rappresentante di una SNC aveva proposto opposizione al provvedimento
con il quale l'Azienda Sanitaria Locale gli
aveva ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa prevista per la violazione di alcune prescrizioni inerenti alla prevenzione e alla
sicurezza dei luoghi di lavoro.
Dopo
il rigetto dell’istanza da parte del Tribunale, l’azienda aveva adito la Cassazione,
lamentando che, al tempo della verifica ispettiva, non vi fosse alcun
lavoratore dipendente, né alcun socio, che prestasse la propria attività sul
luogo degli accertamenti.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha però affermato che la sentenza impugnata
avesse correttamente rilevato che l'impianto normativo relativo alla tutela dei
lavoratori e alla sicurezza degli ambienti di lavoro include nel proprio ambito
di applicazione tutti i settori di
attività, pubblici e privati e, tranne alcune esclusioni tassative, si rivolge non solo ai lavoratori subordinati
ma anche a tutti i soggetti ad essi equiparati, ivi compresi i soci di società,
anche di fatto.
Il
D.Lgs n.81, confermando quanto precedentemente disposto dall'art.2 del D.Lgs n.626/94, fornisce una nozione ampia di datore di
lavoro, includendo in tale qualifica, oltre al soggetto titolare del rapporto
di lavoro con il dipendente, anche il soggetto
che detiene la responsabilità dell’azienda o di una sua unità produttiva.
L’individuazione
dei destinatari degli obblighi di prevenzione, pertanto, deve essere valutata
con riferimento alle funzioni concretamente esercitate.
La
Cassazione ha proseguito ricordando come la normativa di riferimento rivolga le prescrizioni in ambito di
prevenzione e sicurezza in favore di un amplia platea di soggetti,
richiedendone il rispetto non soltanto ai fini della tutela dei dipendenti, ma
anche delle persone estranee che, occasionalmente, si trovino sui luoghi di
lavoro.
Tornando
al caso in esame, la Suprema Corte ha
confermato che il Tribunale, dopo aver accertato come la società, che si
occupava della gestione di una sala
videogiochi e bar, svolgesse la propria attività in un luogo aperto al
pubblico, aveva correttamente considerato che i soggetti tutelati dalla richiamata normativa
sulla sicurezza dei luoghi di lavoro
fossero anche i terzi che, utilizzandone
le strutture ed i macchinari, si trovavano esposti ai rischi propri di quell’ambiente.
La
Cassazione, pertanto, ha concluso rigettando il ricorso.
Valerio
Pollastrini
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