In
particolare, l’istante aveva chiesto se la presunzione relativa di
parasubordinazione possa trovare applicazione nei confronti della categoria
professionale dei fisioterapisti, laddove ricorrano i presupposti previsti
dalla medesima norma.
Il
Ministero ha ricordato come la norma suddetta, al fine di contrastare
l’utilizzo “distorto” dello strumento delle c.d. partite IVA, ha previsto una presunzione di parasubordinazione, in
virtù della quale è possibile ricondurre le prestazioni di lavoro autonomo nell’ambito della diversa forma di natura autonoma
della collaborazione coordinata e continuativa a progetto di cui agli artt. 61
e ss. del citato Decreto.
La
predetta presunzione trova applicazione in presenza di determinate condizioni
di legge, salvo prova contraria da parte del committente (1).
Il
secondo comma dell’art.69 bis, ha però
escluso l’operatività di tale presunzione nelle ipotesi in cui la prestazione
implichi competenze teoriche di grado elevato, ovvero capacità tecnico-pratiche
acquisite attraverso rilevanti esperienze, e sia svolta da soggetto titolare di
un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello
minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali.
Parimenti,
il terzo comma ha escluso l’applicabilità della presunzione in relazione alle
prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le
quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad
appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici
requisiti e condizioni.
Con
apposito Decreto del 20 dicembre 2012, il Ministero ha provveduto ad effettuare
una ricognizione delle suddette attività, individuando i seguenti criteri di
ordine generale:
-
gli ordini o collegi professionali, i registri, gli albi, i ruoli e gli elenchi
professionali sono esclusivamente quelli
tenuti o controllati da una amministrazione pubblica di cui all’art. 1, comma
2, del D.Lgs. n.165/2001, nonché da federazione sportive;
-
l’iscrizione è subordinata al superamento di un esame di stato o comunque alla
necessaria valutazione, da parte di specifico organo, dei presupposti
legittimanti lo svolgimento delle attività.
Tornando
all’istanza in commento, il Ministero interpellato ha sottolineato come, per
diramare la questione, occorra verificare se i due requisiti sopra richiamati
siano riscontrabili con riferimento alla figura professionale in esame.
Dalla
lettura dell’art.2 del Decreto del Ministero della Sanità del 14 settembre
1994, n.741, si evince che il diploma universitario di fisioterapista abilita all’esercizio
della professione.
Tale
titolo, infatti, viene rilasciato a
seguito del completamento del corso di studi e del superamento di un esame
finale che involge la valutazione di una specifica commissione costituita
presso l’Università.
Il
possesso di questo diploma, o attestato equipollente, ovvero titolo
riconosciuto ai sensi della normativa statale vigente, inoltre, costituisce requisito indispensabile ai fini
dell’iscrizione negli elenchi professionali dei fisioterapisti, laddove
istituiti con legge regionale (2).
Alla
luce delle osservazioni svolte, si ritiene pertanto che l’attività svolta dai
fisioterapisti possa essere ricompresa nell’ambito delle prestazioni
professionali di cui all’art. 69 bis, comma 3, con la conseguente esclusione
dall’applicazione della presunzione, solo nella misura in cui gli stessi
risultino in possesso del diploma abilitante, nonché iscritti in appositi
elenchi professionali, tenuti e controllati da parte di una amministrazione
pubblica.
Il
Ministero ha poi concluso ricordando che, a prescindere dall’operatività o meno
della presunzione, resta fermo che, laddove siano riscontrabili gli usuali
indici di subordinazione, la prestazione di lavoro autonomo dei fisioterapisti
potrà essere “direttamente” ricondotta ad un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Come chiarito nella Circolare n.32/2012 del Ministero del lavoro;
(2)
(cfr.
ad es. Legge Regione Lazio n.17 /2002;
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