Nell’ultima
pronuncia, sentenza n.20777 del 22
maggio 2014, la Suprema Corte ha affermato che il dolo, elemento necessario per la configurazione del
suddetto reato, può essere escluso se l'imputato dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui
imputabili e che le stesse non potessero essere altrimenti fronteggiate con
idonee misure, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.
Nel
caso di specie, all’amministratore unico di una società era stato contestato il
mancato versamento, entro il termine
previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto di
imposta, delle ritenute del lavoratori risultanti
dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per l'ammontare superiore a
50.000,00 € (2).
Il
Tribunale del merito aveva assolto il datore di lavoro, dichiarando che il
fatto ad egli imputato non costituisce reato, in quanto, dall’esame delle prove
acquisite, era emerso che l’omissione del versamento delle ritenute non fosse
riconducibile ad una condotta volontaria
e consapevole.
Il
Procuratore generale presso la Corte di Appello, aveva impugnato tale pronuncia
dinnanzi alla Cassazione, osservando che
il Giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto insussistente l'elemento psicologico
del reato, argomentando che la crisi economica dell'impresa avrebbe, di fatto,
impedito l'adempimento dell'obbligazione tributaria, influendo così sull'effettiva intenzione di
evadere le imposte, senza, tuttavia, considerare che, nel caso di specie, il
dolo fosse generico.
In
sostanza, secondo la tesi del ricorrente, per
l'integrazione dell'elemento soggettivo del reato sarebbe sufficiente la semplice consapevolezza di omettere i dovuti
versamenti, senza che nessun rilievo possa essere attribuito alla finalità di eludere gli obblighi
tributari, né, tantomeno, alle critiche condizioni economiche che abbiano
indotto l’azienda ad assolvere altri debiti ritenuti più urgenti.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha compiuto innanzitutto un riepilogo dei fatti,
rilevando come, dall'esame testimoniale del funzionario dell'Agenzia delle
Entrate, il Tribunale avesse accertato che la società non aveva provveduto al
versamento, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione
annuale, delle ritenute alla fonte per un ammontare complessivo di 53.318,00 €.
Tra
l’altro, nel momento in cui aveva ricevuto la notifica della relativa cartella
esattoriale, l’azienda aveva già
provveduto a versare 14.000,00 € e
l'imputato, in seguito, era stato ammesso alla rateizzazione dei pagamenti ancora dovuti.
Nel
corso del giudizio del merito, il Consulente Tecnico della difesa aveva
riferito le critiche condizioni della società, piccola agenzia di pubblicità,
che negli anni 2007 - 2008 aveva chiuso gli esercizi con piccole perdite,
risultando in sofferenza di liquidità per il ritardo di alcuni clienti nel
pagamento delle fatture emesse a loro carico.
Tuttavia,
la società aveva ugualmente tentato di onorare tutti i debiti, anche quelli
erariali, e, proprio nel primo semestre 2008, aveva anche provveduto a versare
le ritenute INPS e IRPEF e ad effettuare i versamenti IVA.
Il
Tribunale, inoltre, aveva evidenziato come le ritenute oggetto dell'omesso versamento,
riguardassero essenzialmente tre mensilità del 2007, febbraio e parte di novembre e
dicembre. Le ritenute inerenti
alle altre scadenze del 2007, invece, erano state versate nel rispetto dei termini
di legge o, al massimo, con qualche mese di ritardo.
Tale
contesto aveva indotto il Giudice del primo grado a ritenere credibile la non
volontarietà dell’omissione, anche in considerazione della scarsa entità del
superamento della soglia di rilevanza penale.
Dalla
deposizione della lavoratrice addetta alla contabilità aziendale, era emerso
che, a causa del ritardo nei pagamenti da parte dei clienti, l’imprenditore
fosse stato impossibilitato a versare somme ulteriori, in aggiunta a quelle
parzialmente liquidate mensilmente per ritenute Irper, Inps e per l’Iva.
La
teste aveva inoltre chiarito che, a casa della sua assenza nel mese di luglio,
il datore di lavoro, che non si occupava minimamente di contabilità e scadenze
e che spesso era via per la ricerca di nuovi contratti, non avrebbe potuto
adempiere neanche facendo ricorso alle risorse economiche private.
Tutte
queste, in sostanza, le risultanze in base alle quali il Tribunale aveva
escluso che l'omissione del versamento nel termine fosse riconducibile ad una
condotta volontaria e consapevole dell'imputato.
La
Cassazione si poi soffermata sull’analisi del tipo di dolo connotante la fattispecie
contestata, chiarendo come non basti definirlo generico, ma occorra, altresì, considerare che
il dolo non possa essere ritenuto in re
ipsa e che, per il suo accertamento,nel diritto penale non è possibile
ricorrere a presunzioni di dolo.
In
sostanza, il dolo, quantunque generico, non può mai essere impoverito con
l'elusione dell'onere dell’ accertamento che, in merito all'elemento soggettivo
del reato, verte sulla prova di un fatto psichico che deve sempre sempre
ricostruito, secondo le circostanze del caso specifico e tenendo conto del
contesto nel quale sia stata maturata la condotta omissiva dell'agente.
Per
quanto riguarda il reato di omesso versamento di ritenute certificate, la
Cassazione ha quindi osservato che il dolo può essere escluso qualora
l'imputato dimostri, osservando oneri di allegazione e di prova rigorosi, che
le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse non
possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per
il suo patrimonio personale.
Si
tratta di un accertamento al quale il Giudice del merito non si era sottratto,
fornendone un apprezzamento attraverso una congrua motivazione, insindacabile
in sede di legittimità. Conseguentemente, la Cassazione ha concluso con il
rigetto del ricorso.
Valerio
Pollastrini
(1)
– La pronuncia in commento è stata preceduta dalla seguenti
sentenze: Cass., Sentenza n.20266 del 15 maggio 2014; Cass., Sentenza n.19574
del 13 maggio 2014; Cass., Sentenza
n.3707 del 28 gennaio 2014;
(2)
–
Fattispecie di reato prevista dall'art. 10-bis del D.Lgs. n.74 del 10 marzo
2000;
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