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giovedì 1 maggio 2014

Il dirigente pubblico, se licenziato illegittimamente, ha diritto alla reintegrazione

Nella sentenza n.8077 del 7 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha affermato che, in caso di licenziamento illegittimo,  la tutela reintegratoria prevista dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori trovi applicazione anche in favore dei dirigenti della Pubblica Amministrazione.

Il caso di specie è quello di un dirigente della Provincia di Gorizia che era  stato licenziato  dopo aver presentato una denuncia penale a carico della Giunta Provinciale, alla quale la  stampa locale aveva dato ampio risalto, avente ad oggetto fatti risultati privi di riscontro e conclusasi con  l’assoluzione degli imputati per insussistenza del fatto.

Il lavoratore si era rivolto  al Tribunale di Gorizia chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno in base all'art.18 dello  Statuto dei  Lavoratori.

Ritenuto il recesso ingiustificato,  il Tribunale aveva però  negato la tutela reintegratoria ed aveva  condannato la Provincia a corrispondere al ricorrente l'indennità sostitutiva del preavviso e l'indennità supplementare, in applicazione dell'art. 30 del C.C.N.L. dei  dirigenti degli  Enti Locali.

Successivamente, la Corte di Appello di Trieste aveva confermato la decisione del Tribunale, affermando che la presentazione della denuncia penale non poteva configurare una atto illegittimo, costituendo manifestazione dei diritti riconosciuti dagli artt. 21 e 24 della Costituzione.

La Corte del merito aveva ritenuto privo di rilevanza l'esito del giudizio penale, atteso che avverso la sentenza del Tribunale, che aveva assolto gli imputati “perché il fatto non sussiste", era stato proposto Appello da parte del Pubblico Ministero e che l'Amministrazione non aveva dimostrato di aver subito un danno all'immagine e alla credibilità dell'istituzione.

Il Giudice del secondo grado aveva poi ribadito  l'inapplicabilità della c.d. tutela reale. Diversamente, si sarebbe verificata una tutela rafforzata del dirigente pubblico rispetto a quello privato, circostanza palesemente  in contrasto con la previsione degli artt. 27 e 30 del CCNL di settore, che,  in caso  di licenziamento illegittimo, prevedono, in favore del lavoratore, la corresponsione di un'indennità supplementare.

A questo punto, la Provincia aveva  adito la Cassazione, alla quale anche il lavoratore si era rivolto presentando  ricorso incidentale per la mancata applicazione  della tutela reitegratoria prevista dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della Provincia, osservando  che la risonanza mediatica di una  denuncia a carico di amministratori pubblici  di per sé prescinde dalla condotta del denunciante e deriva dal ruolo pubblico degli imputati.

Si tratta, pertanto, di una circostanza che non può essere addebitata al dipendente ai fini disciplinari, a meno che la risonanza sia provocata artatamente dalla condotta del dipendente, o quando il contenuto della notizia sia falsato per effetto del suo intervento, circostanza questa esclusa nel caso in oggetto.

La Cassazione ha invece accolto il ricorso del lavoratore, richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale in base al quale l'illegittimità del recesso dal rapporto di lavoro di una Pubblica Amministrazione con un dirigente comporta l'applicazione della disciplina di cui all'art.18 della legge n.300 del 1970, con le conseguenze reintegratorie.

Tale decisione, a detta della Suprema Corte, risulta conforme all’applicazione della previsione dell'art.51 del D.Lgs. n.165 del 2001 che, dopo avere affermato come il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici è disciplinato dalle disposizioni dell'art.2, commi 2 e 3, e dell'art.3, comma 1, riferibili anche ai dirigenti, prevede, al comma 2, che lo Statuto dei Lavoratori si applica alle Pubbliche Amministrazioni, a prescindere dal numero dei dipendenti.

Al riguardo, gli ermellini hanno inoltre affermato che, poiché il rapporto stabile dei dipendenti pubblici con attitudine dirigenziale è assimilabile a quello della categoria impiegatizia e, poiché la normativa sui licenziamenti individuali (1) si  riferisce ai dirigenti privati, la disciplina contenuta nello Statuto dei Lavoratori si riferisce anche al rapporto fondamentale di lavoro dei dirigenti pubblici (2).

La Corte di legittimità ha escluso che in tal modo possa configurarsi  un trattamento preferenziale del dirigente pubblico rispetto a quello privato, considerato che la disciplina delle due dirigenze non è sovrapponibile, in quanto, nel settore pubblico, il procedimento qualificatorio della categoria dirigenziale si basa sulla ricorrenza di presupposti formali, mentre alcun rilievo assume l'esercizio delle mansioni effettivamente svolte, con una evidente  scissione, estranea al diritto privato, fra l'acquisto della qualifica di dirigente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed il successivo conferimento delle funzioni dirigenziali a termine.

La Cassazione ha poi concluso osservando  che il riconoscimento della tutela reintegratoria  ai dirigenti pubblici risulta coerente con i principi di imparzialità e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, dal momento che tale diritto sarebbe in grado di garantirne la fisiologica organizzazione, costituendo un adeguato rimedio alla disfunzione conseguente al licenziamento illegittimo.

Valerio Pollastrini

(1)   – Art.10 della Legge n.604 del 15 luglio 1966;
(2)   – Per via dell'estensione operata dall'art.51, comma 2, del D.Lgs. n.165/2001;

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