Per
la Suprema Corte, in caso di insolvenza nel pagamento del trattamento di fine rapporto,
l’INPS deve sostituirsi al datore di
lavoro anche nel caso in cui non sia possibile pronunciare concretamente il
fallimento dell’azienda.
In
caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il comma 5 dell’articolo 2 della
legge 297/82 sancisce che, qualora il datore di lavoro non adempia all’erogazione del trattamento
dovuto o vi adempia in misura parziale, il lavoratore può chiedere all’apposito Fondo istituito
presso l’Inps il pagamento della prestazione, sempre che, a seguito
dell’esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito
relativo a detto trattamento, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto
o in parte insufficienti.
Il
caso in commento è giunto all’attenzione delle Cassazione, dopo il discorde
parere enunciato nei primi due gradi di giudizio. Dopo che il Tribunale, in
assenza della dichiarazione di
fallimento da parte del datore di lavoro inadempiente, aveva escluso l’intervento
del Fondo in favore di una lavoratrice,
la Corte di Appello aveva invece accolto la domanda della ricorrente.
Confermando
quanto disposto dalla Corte territoriale, la Cassazione ha esteso la tutela in
oggetto anche nei casi di insolvenza accertati con modalità ed
in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali.
Valerio
Pollastrini
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