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domenica 6 aprile 2014

Collaborazione coordinata e continuativa - Accertamento della natura subordinata o autonoma

Nella sentenza n.7675 del 2 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con il quale l’Inps, in seguito alla disposta trasformazione in rapporto di lavoro subordinato di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, aveva richiesto ad un’azienda  il pagamento delle relative differenze contributive.

In seguito ad un’ispezione, l’Istituto Previdenziale aveva ritenuto che il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, intercorso tra l’impresa ed una lavoratrice tra il 1996 ed il 2004, avesse in realtà “celato” un contratto di lavoro subordinato.

Dopo aver disposto la conversione del rapporto, l’Inps aveva richiesto al datore di lavoro il pagamento delle differenze contributive.

In seguito alla ricezione della cartella esattoriale, l’azienda aveva proposto opposizione dinnanzi al Giudice del lavoro.

Dopo il rigetto del Tribunale di Bergamo, la Corte di Appello di Brescia, riformando la sentenza di primo grado, ritenendo che quello intercorso tra le parti fosse un rapporto di lavoro autonomo, aveva accolto la domanda del ricorrente.

La Corte territoriale aveva preliminarmente accertato che  l’impresa e la lavoratrice avevano stipulato nel 1996 un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, annuale, prorogabile anno, avente ad oggetto le prestazioni di “assistenza amministrativa e contabile e rapporti con professionisti esterni”.

Queste le altre condizioni contrattuali:

-         Nessuna prefissione di orario;
-         Compenso annuo lordo di 1.000.000 di lire;
-         Prestazioni da svolgere in azienda.

Il Giudice del merito aveva escluso che le indicate  mansioni potessero assumere un ruolo significativo ai fini dell’accertamento della natura subordinata o autonoma del rapporto, risultando, tra l’altro, che le stesse, in passato, erano state delegate dall’azienda a professionisti esterni.

Ai fini della corretta qualificazione, era dunque risultata decisiva l’analisi delle modalità di esecuzione della prestazione, descritte dalla lavoratrice nel corso di due diverse dichiarazioni. La prima, rilasciata nel corso dell’ispezione, con la quale aveva affermato che le mansioni svolte durante il rapporto di collaborazione fossero identiche a quelle esercitate nel corso di un successivo rapporto di lavoro subordinato. La seconda, rettificatrice della precedente, rilasciata durante la fase istruttoria.

Una testimone  aveva inoltre affermato in giudizio che i periodi di ferie venivano stabiliti in modo che la stessa teste e la lavoratrice potessero alternarsi e sostituirsi.

La Corte di Appello aveva ritenuto che le dichiarazioni rese all’ispettore dalla lavoratrice fossero generiche e non contrastanti con quelle fornite successivamente, avendo quest’ultime meglio chiarito   i mutamenti della prestazione prima e dopo la sua assunzione come  subordinata, circostanze, anch’esse, confermate dalla teste.

Il giudicante aveva perciò ritenuto che l’Inps non avesse fornito la prova della subordinazione.

Contro la pronuncia di Appello, l’Istituto aveva dunque adito la Cassazione, contestando alla Corte territoriale di aver privilegiato le dichiarazioni rese in via istruttoria dalla lavoratrice e dalla teste sull’assenza di vincoli  orari, sulla circostanza che le mansioni svolte richiedessero una grande esperienza e che le prestazioni rese dalle due non fossero fungibili.

A detta dell’Inps, la Corte di Appello avrebbe dovuto invece incentrare la propria analisi sulla semplicità e ripetitività delle mansioni svolte. Il cui contenuto, sempre secondo la tesi dell’Istituto,  non era connaturato da un elevato grado intellettuale.

La pronuncia della Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto infondate  le censure promosse dall’Inps.

In particolare, la Cassazione ha rilevato come il Giudice di merito avesse fornito un’adeguata e corretta spiegazione delle ragioni che l’avevano indotto ad escludere la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e di come fosse giunto ad un simile convincimento in seguito ad un completo accertamento di tutte le circostanze di fatto emerse dall’istruttoria.

La Suprema Corte ha ricordato come, secondo il consolidato principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, l’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo è quello dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.

Per gli ermellini risulta dunque insindacabile il percorso logico seguito dalla Corte di Appello, che aveva escluso la sussistenza della subordinazione tenendo conto del principio sopra richiamato.

 
La Suprema Corte ha poi rammentato la volontà delle parti, manifestata nella conclusione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, annuale e prorogabile, avente ad oggetto l’assistenza amministrativa e contabile e rapporti con professionisti esterni, nonché le dichiarazioni rese dalla lavoratrice in sede di ispezione e poi davanti al Giudice, nonché  quelle rilasciate della testimone.

Si tratta di dichiarazioni che, analizzate nel loro complesso,  consentono di ritenere attendibile quanto affermato dalle stesse in sede di istruttoria e maggiormente chiarificatrici, rispetto a quelle rilasciate all’ispettore, delle caratteristiche della  prestazione svolta.

Per tutte le richiamate considerazioni la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Inps.

Valerio Pollastrini

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