L’art.4, comma 2, della Legge n.300/1970
dispone che "Gli impianti e le
apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e
produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la
possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono
essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali
aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In
difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del
lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti".
Nel caso di specie, una Società titolare
di un Supermercato aveva installato un impianto audiovisivo di controllo a distanza dei
lavoratori adibiti alle casse, senza un preventivo accordo con le
rappresentanze sindacali e senza autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.
Per tali ragioni, al termine dei primi due
gradi di giudizio, il legale rappresentante era stato condannato alla pena di
200,00 € di ammenda per il reato di cui al citato articolo 4, comma 2, L.
300/1970.
Il datore di lavoro aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che, ai fini della sussistenza del reato, non
sarebbe sufficiente la semplice installazione dell’impianto, risultando,
altresì, necessaria una successiva verifica di idoneità.
Il ricorrente, in sostanza, sosteneva che
l’impianto, eseguito in conformità al progetto allegato alla richiesta di
autorizzazione, era stato in seguito
approvato dalla D.p.l., da ciò deducendo l’assenza prova della mancata lesione della privacy dei
dipendenti.
La Suprema Corte ha preliminarmente
ricordato che, secondo l’interpretazione letterale della norma in questione, la
condotta criminosa sia rappresentata dalla installazione di impianti
audiovisivi idonei a ledere la riservatezza dei lavoratori in assenza del consenso sindacale, maturato attraverso autorizzazione scritta di tutti i lavoratori
interessati, o dell’autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.
La Cassazione, dunque, ha sconfessato la tesi datoriale, ribadendo come la
specifica norma dello Statuto dei lavoratori sanzioni a priori l'installazione
dell’impianto audiovisivo senza le autorizzazioni espressamente richieste,
prescindendo dal suo utilizzo o meno.
Pertanto, il reato previsto per la
violazione della riservatezza del lavoratori sussisterebbe anche nel caso in
cui detto impianto fosse installato ma non messo in funzione.
Per concludere, la Suprema Corte ha
chiarito come, dalla descrizione dell’impianto, era emerso che lo stesso fosse
inclusivo di otto microcamere a circuito chiuso, alcune delle quali puntate
direttamente sui lavoratori adibiti alle casse, in aperta violazione della
normativa sulla privacy.
Valerio Pollastrini
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