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mercoledì 5 febbraio 2014

Violano la riservatezza gli impianti audiovisivi non autorizzati per il controllo delle casse

Nella sentenza n.4331 del 30 gennaio 2014 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della violazione della riservatezza dei lavoratori perpetrata attraverso l’installazione in azienda di impianti di videoripresa senza la necessaria autorizzazione prevista dallo Statuto dei lavoratori.

L’art.4, comma 2, della Legge n.300/1970 dispone che "Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti".

Nel caso di specie, una Società titolare di un Supermercato aveva installato un impianto  audiovisivo di controllo a distanza dei lavoratori adibiti alle casse, senza un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali e senza autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.

Per tali ragioni, al termine dei primi due gradi di giudizio, il legale rappresentante era stato condannato alla pena di 200,00 € di ammenda per il reato di cui al citato articolo 4, comma 2, L. 300/1970.

Il datore di lavoro aveva presentato  ricorso in Cassazione, sostenendo che,  ai fini della sussistenza del reato, non sarebbe sufficiente la semplice installazione dell’impianto, risultando, altresì, necessaria una successiva verifica di idoneità.

Il ricorrente, in sostanza, sosteneva che l’impianto, eseguito in conformità al progetto allegato alla richiesta di autorizzazione, era stato  in seguito approvato dalla D.p.l., da ciò deducendo l’assenza  prova della mancata lesione della privacy dei dipendenti.

La Suprema Corte ha preliminarmente ricordato che, secondo l’interpretazione letterale della norma in questione, la condotta criminosa sia rappresentata dalla installazione di impianti audiovisivi idonei a ledere la riservatezza dei lavoratori in assenza del consenso sindacale, maturato attraverso  autorizzazione scritta di tutti i lavoratori interessati, o dell’autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.  

La Cassazione, dunque, ha  sconfessato la tesi datoriale, ribadendo come la specifica norma dello Statuto dei lavoratori sanzioni a priori l'installazione dell’impianto audiovisivo senza le autorizzazioni espressamente richieste, prescindendo dal suo utilizzo o meno.

Pertanto, il reato previsto per la violazione della riservatezza del lavoratori sussisterebbe anche nel caso in cui detto impianto fosse installato ma non  messo in funzione.

Per concludere, la Suprema Corte ha chiarito come, dalla descrizione dell’impianto, era emerso che lo stesso fosse inclusivo di otto microcamere a circuito chiuso, alcune delle quali puntate direttamente sui lavoratori adibiti alle casse, in aperta violazione della normativa sulla privacy.
 
Valerio Pollastrini

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