Il caso in commento è quello che ha riguardato una dipendente della Cooperativa “L’Airone” che aveva svolto mansioni di addetta all’assistenza degli anziani dal 3 novembre 1999 al 31 dicembre 2000.
Come si
evinceva dall’annotazione sul libretto di lavoro, il 15 marzo 2000 la
lavoratrice era stata inserita in un
"Piano di Inserimento Professionale" (P.I.P.) e, al pari delle altre
assistenti inquadrate come dipendenti, aveva svolto le proprie mansioni per 24
ore settimanali, percependo un compenso di 800.000 lire mensili.
Terminato il
rapporto, la lavoratrice aveva chiesto al Tribunale di Termini Imerese il
riconoscimento della natura subordinata delle prestazioni svolte e, sostenendo
di aver percepito un compenso inferiore
rispetto ai minimali fissati dalla contrattazione
collettiva, aveva avanzato l’ulteriore pretesa del pagamento delle differenza
retributive.
In seguito
all’istruttoria, il giudice adito, ricordando come i Piani di Inserimento Professionale,
alla stregua dei contratti di formazione e quelli di apprendistato, siano
rapporti di lavoro di tipo formativo con causa mista, aveva accertato che la
ricorrente aveva svolto le prestazioni lavorative al pari delle altre
dipendenti della società, senza ricevere la necessaria formazione.
Per tale
motivo, il Tribunale di primo grado aveva ritenuto che il rapporto instaurato
fosse in realtà simulato, celando un rapporto di lavoro subordinato.
Riscontrata
la presenza dei tratti tipici della subordinazione, il Tribunale aveva quindi
accolto la domanda della ricorrente, applicando per la determinazione delle differenze
retributive il C.C.N.L. dei dipendenti del settore assistenziale e
socio-sanitario.
Successivamente,
la Corte di Appello di Palermo aveva però ribaltato la sentenza di primo grado.
Per la Corte
territoriale, dinnanzi ad un rapporto formalmente
instaurato come Piano di Inserimento Professionale,
la sussistenza di una prestazione di
natura subordinata richiedeva una prova, rigorosa e certa. Prova che, in base
ai teste ascoltati, a detta del Giudice di secondo grado, non era stata
raggiunta.
La
lavoratrice aveva dunque adito la Cassazione.
La pronuncia della Cassazione
La Suprema
Corte, nell’accogliere il ricorso, oltre a rilevare che la sentenza impugnata
aveva omesso di considerare una deposizione testimoniale da cui si evinceva che il rapporto di lavoro aveva avuto inizio
nel 1999 e non nel 2000, ha ritenuto che
l’adempimento degli obblighi di formazione, imposti per la
legittimità del Piano di Inserimento Professionale, non era stato provato dal
datore di lavoro.
Ai sensi
dell'art. 15, comma 6, del D.L. n. 299/1994 (1), l'utilizzazione dei giovani nei progetti che prevedono periodi di
formazione e lo svolgimento di un'esperienza lavorativa per figure
professionalmente qualificate, non determina l'instaurazione di un rapporto di
lavoro, non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento e non
preclude al datore di lavoro la possibilità di assumere il giovane, al termine
dell'esperienza, con contratto di formazione e lavoro, relativamente alla
stessa area professionale.
La
Cassazione ha quindi chiarito che, per
potersi escludere l'instaurazione di un rapporto subordinato, è indispensabile
l’utilizzazione effettiva del lavoratore all'interno dei progetti, nel rispetto
degli obblighi formativi e dell’
esperienza lavorativa prestabiliti.
Nel caso di specie
la lavoratrice aveva dimostrato di aver
prestato attività lavorativa subordinata fin dal 3 novembre del 1999, in un
periodo dunque precedente rispetto a quello dell'inserimento nel P.I.P.,
formalizzato solamente il 15 marzo 2000.
Si tratta di
una circostanza erroneamente ignorata
dalla Corte di Appello che, al riguardo, non aveva neppure preso in
considerazione una testimonianza decisiva in tal senso.
Per tale
ragione, la Suprema Corte ha rinviato la causa alla Corte d'Appello di Palermo che,
in diversa composizione, dovrà dirimere la questione.
Valerio
Pollastrini
(1) - Convertito con L. n. 451/1994;
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