Ai sensi dell’art.2087 del Codice Civile,
l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che,
secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie
a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Si tratta di una norma fondamentale dell’ordinamento
giuslavoristico italiano che impone al
datore di lavoro l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare
l'integrità fisica e morale dei lavoratori. Essa sancisce, in sostanza, a
carico dell’imprenditore, la c.d. culpa
in eligendo nella scelta di lavoratori competenti e capaci, oltre che una culpa
in vigilando nel caso di mancata vigilanza sul rispetto, delle misure di
sicurezza da parte dei lavoratori.
Nella sentenza n. 1312 del
22 ottobre 2013-22 gennaio 2014, la Corte di Cassazione ha precisato che l’obbligo
di prevenzione previsto dall’art.2087 del Codice Civile, non configura un’ipotesi
di responsabilità oggettiva ma impone, altresì, al datore di lavoro l’obbligo
di adottare non solo le particolari misure tassativamente
imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata e
quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre che in
concreto si rendano necessarie per la tutela del lavoratore in base
all'esperienza e alla tecnica.
La Suprema Corte ha però specificato che,
da tale norma, non può desumersi la prescrizione di un obbligo
assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare
qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere automatica la responsabilità
del datore di lavoro ogni volta che il danno si sia verificato.
Per accertare la responsabilità datoriale
è dunque necessario acclarare la riconducibilità dell’evento ad una colpa dell’imprenditore.
Colpa che deve ritenersi esclusa nel caso in cui il danno sia stato provocato
dallo stesso dipendente a causa della sua condotta imprudente.
Valerio Pollastrini
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