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domenica 22 dicembre 2013

Il lavoratore ha diritto al trasferimento nella sede più vicina al domicilio della persona da assistere


In materia di assistenza al familiare disabile, il 5° comma dell’articolo 33 della legge n.194/1992 sancisce il diritto del lavoratore alla scelta,  ove possibile, della sede di lavoro più vicina al domicilio  della  persona da assistere.
                                                                            
Nella sentenza n.28320 del 18 dicembre 2013 la Corte di Cassazione ha ritenuto che la suddetta norma risulti applicabile, non soltanto in occasione della scelta della sede di lavoro al momento dell’assunzione, ma anche nel corso del rapporto di lavoro mediante domanda di trasferimento.

Il caso trae spunto dalla richiesta di trasferimento dal proprio ufficio che un dipendente del Ministero della Giustizia aveva motivato con la necessità di avvicinarsi alla madre disabile, bisognosa di cure e assistenza continue.
Dinnanzi al rifiuto del datore di lavoro, il lavoratore si era rivolto al Tribunale di Campobasso che però ne aveva respinto le richieste.
La Corte di Appello di Campobasso, in riforma della sentenza di primo grado, aveva successivamente riconosciuto, ai sensi dell’ art. 33 della legge n. 104 del 1992,  il diritto del lavoratore al trasferimento in una sede che gli permettesse di assistere al meglio alla madre.
La Corte territoriale, dopo aver attestato la continuità nell’assistenza della madre invalida da parte del dipendente istante, ne aveva accolto le richieste, ritenendo che  il citato art. 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992 fosse applicabile anche al caso di specie.

Contro il giudizio di appello il Ministero della Giustizia aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo che, pur ammettendo la possibilità di applicazione dell’art. 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992 al caso di trasferimento e non solo di prima assegnazione, il diritto al trasferimento per assistere il familiare disabile esisterebbe solo se ed in quanto l’assistenza a quest’ultimo sia in atto al momento dell’istanza di trasferimento.

La pronuncia della Cassazione
La Suprema Corte, nel respingere il ricorso del datore di lavoro, ha affermato il principio di diritto per il quale la  normativa sul  diritto del genitore o familiare lavoratore “che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato” di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, risulta applicabile non soltanto all’inizio del rapporto di lavoro, mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto attraverso la  domanda di trasferimento.

La Cassazione ha ricordato, infatti, come la ratio della norma in questione sia quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato e, pertanto, risulta irrilevante, se una simile esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso.

La Suprema Corte ha poi proseguito ribadendo che, quale condizione per il godimento del diritto in questione la norma richiede, oltre allo stato di handicappato del parente o affine da assistere, la continuità dell’assistenza. Si tratta di circostanze di fatto il cui accertamento è riservato al giudice del merito che, nel caso in esame,  aveva compiutamente considerato, motivando adeguatamente le proprie risultanze.

Per i menzionati motivi la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, condannando la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in 100,00 € per esborsi e 2.500,00 € per compensi professionali oltre accessori di legge.

Valerio Pollastrini

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