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domenica 27 ottobre 2013

Il datore di lavoro non può verificare i siti web visitati dal proprio dipendente


Nell’ambito di un procedimento disciplinare un’azienda aveva contestato al proprio dipendente la frequente navigazione in internet per finalità personali durante l’orario di lavoro. L’accertamento del datore di lavoro si era esteso alla verifica dei singoli siti web visitati.

Le modalità di verifica si erano spinte fino ad individuare “dati sensibili” relativi a convinzioni religiose e politiche nonché alle tendenze sessuali del dipendente ed il Garante della privacy era intervenuto vietando all’azienda il trattamento dei dati personali.

L’analisi dei siti visitati dal lavoratore risultava del tutto estranea alla finalità perseguita dall’azienda, alla quale, ai fini disciplinari, sarebbe  bastato dimostrare la connessione ad internet nei tempi di lavoro.

Nella sentenza n.18443/2013 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto imposto dal Garante della privacy, ribadendo quanto disposto dal tribunale di merito che aveva accertato come il trattamento dei dati sensibili fosse avvenuto in modo eccedente rispetto alla finalità del medesimo.

Corrette, pertanto, le argomentazioni del Garante, a detta del quale la ricorrente avrebbe potuto dimostrare l’illiceità del comportamento del dipendente, limitandosi a provare in altro modo l’esistenza di accessi indebiti alla rete e i relativi tempi di collegamento.

Il datore di lavoro aveva invece operato un trattamento diffuso di numerose altre informazioni indicative anche degli specifici contenuti degli accessi dei singoli siti web visitati nel corso delle varie navigazioni, operando, per la Cassazione, un trattamento di dati eccedente rispetto alle finalità perseguite.

La Suprema Corte ha quindi ricordato che le informazioni di natura sensibile possono essere trattate dal datore di lavoro senza il consenso dell’interessato solamente nel caso in cui  il trattamento necessario per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria sia indispensabile, cosa esclusa per il caso di specie.

Valerio Pollastrini

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