L’interessante commento della Dott.ssa Massima Di Paolo sul blog LavoroeDiritti.com riporta una sentenza del Tribunale di Bologna sul nuovo articolo 18 della legge n.300/1970.
Il caso in questione è quello di un lavoratore licenziato dopo uno scambio di mail con il proprio superiore gerarchico. Questo è il battibecco avvenuto attraverso la posta elettronica e riguarda la richiesta al dipendente di ricontrollare alcuni disegni relativi ad un progetto:
Lavoratore: “Confido per martedì 24 luglio 2012 di avere i rilievi con le tempistiche di modifica dei programmi”
Dirigente: “Non devi confidare. Devi avere pianificato l’attività, quindi se hai dato come data il 24/7, deve essere quella la data di consegna. Altrimenti indichi una data diversa, che non è confidente ma certa, per favore”.
Lavoratore: “Parlare di pianificazione nel Gruppo …, è come parlare di psicologia con un maiale, nessuno ha il minimo sentore di cosa voglia dire pianificare una minima attività in questa azienda. Pertanto se Dio vorrà per martedì 24/ avrai tutto”.
In seguito a quest’ultima risposta il lavoratore è stato licenziato per giusta causa.
Il giudice del lavoro ha giudicato il fatto di scarsa rilevanza offensiva, tenendo presente per giunta che il lavoratore, impiegato dal 2007, non aveva mai ricevuto in passato richiami disciplinari.
La sentenza giudica che la frase “… è come parlare di psicologia con un maiale” è stata pronunciata in un momento di evidente disagio dovuto allo stress lavorativo che emerge dalla corrispondenza epistolare, da cui si evince che il lavoraotre era sotto pressione per le imminenti scadenze lavorative”.
Inoltre la mail del lavoratore faceva seguito alla risposta del proprio superiore “il cui contenuto è palesemente ed inutilmente denigratorio” oltreché “offensivo della professionalità del soggetto; con toni che sono palesemente aggressivi, di rimprovero e dispregiativi”.
Ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 300/1970, così come modificato dalla recente riforma del lavoro, in assenza di giusta causa di licenziamento il giudice può disporre la reintegra in caso di insussistenza del fatto contestato o qualora il fatto rientri tra quelli punibili con una sanzione conservativa, alla luce del Ccnl o del codice disciplinare.
Il giudice in questo caso ha ritenuto la sussistenza di entrambe le condizioni appena citate e per tali motivi, ha disposto la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro con conseguente condanna della società al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni globali di fatto dovute e non corrisposte dal giorno del licenziamento a quello della reintegra.
Valerio Pollastrini
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