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venerdì 12 febbraio 2016

Cdl - Potere disciplinare del datore di lavoro

Consiglio Nazionale Consulenti del Lavoro, Nota dell’11 Febbraio 2016

Il potere disciplinare, in capo al datore di lavoro in forza del codice civile (art. 2106), va esercitato nell’ambito di limiti procedurali molto rigidi previsti dallo statuto dei lavoratori, integrato nel tempo dai contratti collettivi e dalla giurisprudenza.

Il datore, nel gestire la propria attività, ha il compito di regolamentare e controllare l’operato dei propri collaboratori, questo al fine di assicurare un’ordinata convivenza. Contestazione di infrazioni (addebiti), difese e successiva eventuale comminazione della sanzione sono gestite, quindi, in ambito aziendale, salvo la facoltà di adire il giudice per l’impugnazione della sanzione disciplinare.

La procedura è contenuta nell’art.7 dello Statuto dei lavoratori e deve seguire passaggi ben definiti: predisposizione e affissione del codice disciplinare costituiscono i primi atti da mettere in pratica in ogni luogo di lavoro. Immediatezza, specificità e immutabilità rappresentano poi i tre fondamentali cardini sui quali fondare tutte le contestazioni disciplinari.

La contestazione preventiva e dettagliata degli addebiti al dipendente ritenuto colpevole di aver commesso l’infrazione, va portata a sua conoscenza in forma scritta, meglio se raccomandata AR, o con consegna a mano e contestuale acquisizione della firma per ricevuta. In caso di rifiuto di ritiro da parte del lavoratore, invece, è possibile darne lettura in privato e redigere un verbale in presenza di testimoni. La contestazione degli addebiti si presume portata a conoscenza del lavoratore quando perviene al suo indirizzo (art.1335 cc), a meno che questi non provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Un rifiuto da parte del dipendente di ricevere l’atto non inficia il provvedimento.

Prima dell’applicazione della sanzione (escluso il caso di adozione del solo rimprovero verbale) il datore deve concedere al lavoratore 5 giorni di tempo per produrre, in forma scritta o verbale, anche con assistenza sindacale, la propria difesa.

Il provvedimento più grave del rimprovero verbale non può essere adottato prima che siano trascorsi i 5 giorni (decorrono dal giorno del ricevimento della contestazione). Il lavoratore che respinge la raccomandata non potrà giustificarsi affermando di non averla ricevuta, così come non può addurre una simile motivazione il lavoratore che si sia trasferito senza comunicare la variazione di indirizzo.

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