Nella nuova pubblicazione del sistema di sorveglianza
epidemiologica istituito presso l’Inail le informazioni relative a oltre 21mila
casi con diagnosi compresa tra il 1993 e il 2012. A oltre 20 anni dalla messa
al bando dell’amianto, raggiunto il periodo di massima incidenza per la lunga
latenza della malattia
ROMA - A oltre 20 anni dalla messa al bando di ogni forma di
estrazione, lavorazione, importazione e commercio di amianto, l’Italia è uno
dei Paesi più colpiti al mondo dall’epidemia di patologie asbesto-correlate e
sta attraversando il periodo di massima incidenza dei casi di mesotelioma, in
conseguenza dell’intenso uso del materiale dal secondo dopoguerra fino al 1992
e della lunga latenza della malattia. Lo sottolinea il V Rapporto del Registro
nazionale dei mesoteliomi (ReNaM), il sistema di sorveglianza epidemiologica
istituito presso l’Inail, che riporta le informazioni relative a oltre 21mila
casi di mesotelioma maligno con una diagnosi compresa tra il 1993 e il 2012,
rilevati dalla rete dei suoi Centri operativi regionali (Cor).
L’età media alla
diagnosi è di 69,2 anni.
Il 93% dei casi registrati risulta a carico della pleura.
Sono presenti inoltre 1.392 casi peritoneali (6,5%), mentre 51 e 65 casi
rispettivamente riguardano il pericardio e la tunica vaginale del testicolo.
Come ricordato anche dal presidente dell’Inail, Massimo De Felice, nel suo
intervento di oggi all’Assemblea nazionale sull’amianto, l’età media alla
diagnosi è di 69,2 anni senza differenze apprezzabili per genere (70,2 anni
nelle donne e 68,8 negli uomini). Fino a 45 anni la malattia è rarissima (solo
il 2% del totale dei casi registrati), la percentuale di casi con una età alla
diagnosi inferiore a 55 anni è pari invece al 9% del totale, mentre il 36,1%
dei soggetti ammalati ha un’età compresa tra 65 e 74 anni.
Due malati su tre
sono uomini.
Il rapporto tra i casi che riguardano gli uomini per ogni
caso di genere femminile è pari a 2,5. Il 71,6% dei 21.463 casi archiviati è
infatti di sesso maschile. La percentuale delle donne passa dal 27,5% per i
mesoteliomi pleurici a 31,4% e 41,3% rispettivamente per i casi del pericardio
e del peritoneo. Il tasso standardizzato di incidenza (casi per 100mila
residenti), calcolato sull’insieme delle regioni per le quali la rilevazione
dei dati è completa, nel 2011 risulta pari a 3,64 negli uomini e 1,32 nelle
donne per mesotelioma maligno della pleura (certo, probabile e possibile). Per
la sede peritoneale il tasso passa a 0,17 e 0,13 rispettivamente negli uomini e
nelle donne, per il pericardio a 0,003 nelle donne, e per la tunica vaginale
del testicolo a 0,01. Prendendo in considerazione solo i casi di mesotelioma maligno
certo, escludendo quindi quelli possibili e probabili, le stime diminuiscono di
circa il 20%.
Il settore più
coinvolto è l’edilizia.
Le modalità di esposizione all’amianto sono state
approfondite per 16.511 casi, pari al 76,9% del totale. Fra questi il 69,5%
presenta un’esposizione professionale (certa, probabile, possibile), il 4,8%
familiare, il 4,2% ambientale, l’1,6% per un’attività extralavorativa di svago
o hobby, mentre resta improbabile o ignota nel 20% dei casi. Prendendo in
considerazione l’intero periodo di osservazione (1993-2012) e i soli soggetti
colpiti dalla malattia per motivo professionale, i settori di attività
maggiormente coinvolti sono l’edilizia (15,2% del totale), l’industria pesante,
e in particolare la metalmeccanica (8,3%), la metallurgia (3,9%) e le attività
di fabbricazione di prodotti in metallo (5,7%), i cantieri navali (6,7%) e
l’industria del cemento-amianto (3,1%). Il quadro, comunque, è molto variegato
e frazionato, con la presenza di numerosi ambiti produttivi nei quali
l’esposizione è avvenuta per la presenza dell’amianto nel luogo di lavoro e non
per uso diretto.
Ancora aperte
questioni importanti.
Nel nuovo Rapporto del ReNaM, realizzato dal dipartimento di
Medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail, si
sottolinea anche che oggi sono disponibili informazioni ampie e solide
sull’epidemiologia del mesotelioma maligno, ma rimangono aperte questioni
importanti che riguardano la capacità di intervistare rapidamente i soggetti
ammalati o i loro familiari, l’uniformità delle procedure di classificazione e
codifica, la tempestiva disponibilità presso i Cor delle altre fonti
informative necessarie alle verifiche di completezza, come le schede di
dimissione ospedaliera, gli archivi di mortalità e i dati prodotti dalle
esperienze di registrazione dei tumori.
La sfida è
l’estensione della sorveglianza a tutti i tumori.
L’estensione delle attività di sorveglianza epidemiologica
da parte dei Cor a tutti i tumori di sospetta origine professionale e in
particolare ai tumori del polmone, della laringe e dell’ovaio, per i quali
recentemente l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha
confermato l’evidenza di correlazione causale con l’inalazione di fibre
aerodisperse di amianto, è la prossima sfida che il circuito del ReNaM dovrà
affrontare per arrivare a rendere disponibili informazioni preziose per la
sanità pubblica, la prevenzione e l’efficienza del sistema di tutele,
analogamente a quanto già realizzato per la sorveglianza epidemiologica dei
casi di mesotelioma maligno.
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