La relazione espone unitariamente i dati di cassa
dell’esercizio 2014 della finanza regionale e comunale, posti a raffronto con i
risultati del triennio precedente e con gli esiti del monitoraggio sul Patto di
stabilità interno, così da offrire una visione d’insieme degli effetti
finanziari e delle problematiche che hanno interessato i due comparti. Non sono
trattate le Province, per le quali la Sezione ha già approvato, in anticipo,
separato referto (deliberazione n. 17 del 30 aprile 2015), in ragione delle
criticità determinatesi nell’attuazione della disciplina di riordino definita
dalla legge 7 aprile 2014, n. 56.
La relazione affronta i nodi problematici che contrassegnano
i rapporti tra il disegno politico-istituzionale di revisione del sistema
fiscale locale ed il progetto di federalismo avviato nello scorso decennio,
segnalando i rischi connessi al riassetto istituzionale in corso ed i possibili
riflessi sugli equilibri economici delle Autonomie territoriali.
Tra il 2008 ed il 2015, la dimensione complessiva delle
correzioni di spesa poste a carico degli enti territoriali, per i vincoli
imposti dal Patto di stabilità, ha raggiunto i 40 miliardi (pari al 2,4 per
cento del Pil), con riduzione dei trasferimenti dallo Stato per circa 22
miliardi (e dei finanziamenti nel comparto sanitario regionale per 17,5
miliardi). Ne è derivato, per gli enti locali, un inasprimento della pressione
fiscale, e per le Regioni, a causa di una diversa disciplina del Patto, una
compressione delle funzioni extra-sanitarie, con flessione, soprattutto, delle
spese di investimento.
Per il 2014, i vincoli del Patto di stabilità sono stati
rispettati da tutte le Regioni ad eccezione della Regione Lazio, che ha
superato il proprio tetto di spesa di 977 milioni, nell’i ntento dichiarato di
favorire il più sollecito pagamento dei debiti pregressi e la ripresa economica
e produttiva del territorio.
Degli oltre 5.600 Comuni sottoposti al Patto risultano, allo
stato, inadempienti 95 (1,7%, rispetto al 2,2% del 2013), per la maggior parte
situati nel Sud del Paese e con meno di 5.000 abitanti. I Comuni che hanno
rispettato il Patto presentano, in genere, ampi scostamenti rispetto agli
obiettivi, per effetto, prevalentemente, di un anomalo prolungamento
dell’esercizio provvisorio, che ha compromesso la capacità programmatoria dei
Comuni medesimi. A tale situazione non sembra pongano rimedio i nuovi
meccanismi di determinazione degli obiettivi del Patto 2015, introdotti dal
d.l. 19 giugno 2015, n. 78.
Il quadro complessivo che emerge dalle analisi effettuate
sui dati di cassa del comparto Regioni e Province autonome evidenzia il
permanere di una sofferenza di liquidità, pur in presenza della consistente
quantità di risorse (circa 20 miliardi) immessa in via straordinaria dal d.l.
n. 35/2013 e incrementata dal d.l. n. 102/2013 e n. 66/2014 per il pagamento
dei debiti pregressi.
L’analisi conferma come le entrate regionali abbiano subito,
nel 2014, una considerevole contrazione (-18,8%), anche a seguito
dell’iniezione di liquidità che ha determinato gli straordinari risultati del
2013 e, di conseguenza, un picco sul versante della spesa, a fronte di valori
sostanzialmente stabili nel biennio 2011-2012.
La componente non sanitaria della spesa corrente mostra una
leggera, tendenziale crescita, soprattutto per le Regioni a statuto ordinario,
mentre la spesa in conto capitale fa registrare una flessione costante nel
periodo 2011-2014 (-3,71%), con l’eccezione del 2013 per effetto delle risorse
aggiuntive.
Rimane sempre elevato (l’aumento medio è del 2,9%) il
livello della spesa sanitaria sostenuta dalle Regioni nel biennio 2013/2014
rispetto ai valori raggiunti nel biennio precedente, e ciò per effetto delle
anticipazioni di liquidità ottenute per il pagamento dei debiti commerciali
accumulati dai rispettivi enti sanitari; l’incremento risulta, tuttavia,
inferiore all’entità delle risorse finanziare trasferite dallo Stato a tale
scopo. Analogamente, anche gli enti sanitari incrementano gli incassi
complessivi, senza un aumento in misura corrispondente dei relativi pagamenti
ai fornitori, con conseguente formazione di disponibilità liquide per 2,8
miliardi, al netto delle anticipazioni di tesoreria. Significative riduzioni di
pagamenti, inoltre, si registrano in materia di personale (-2,77% rispetto al
2013 e - 5,75% rispetto al 2011).
Dall’analisi della gestione di cassa dei Comuni emerge, sul
versante delle entrate, il permanere di diffuse tensioni di cassa conseguenti
ai ripetuti tagli ai trasferimenti statali disposti dalle manovre finanziarie
susseguitesi dal 2011, che, verosimilmente, sono all’o rigine degli aumenti generalizzati dei tributi
immobiliari (ICI-IMU-TASI) i cui incassi
sono passati dai 9,6 miliardi di euro circa (corrispondenti all’ICI
2011) a circa 15,3 miliardi di euro del 2014. Il gettito della Tasi ha avuto,
di fatto, un effetto redistributivo, gravando in consistente misura sulle
“prime case”, in quanto, con 3,2 miliardi circa, ha supplito in larga parte al
minor gettito Imu conseguente all’esenzione dell’imposta per l’abitazione
principale. Marginale ancora è stato il ruolo svolto dalle imposte che
avrebbero dovuto stabilire una più stretta correlazione tra prelievo fiscale e
beneficio reso (imposte di scopo, di soggiorno e da cooperazione
all’accertamento dei tributi statali) e, più in generale, caratterizzare una
politica del prelievo finalizzata allo sviluppo, essendo risultato che la spesa
corrente diminuisce, prevalentemente, nei settori nei quali i vincoli di legge
sono ineludibili (spesa per il personale e per l’acquisto dei beni), mentre
aumenta per le prestazioni di servizi.
L’analisi dei flussi di cassa in uscita dei Comuni
monitorati mostra un ammontare complessivo dei pagamenti pari a 84,15 miliardi,
in lieve flessione rispetto al valore registrato per l’e sercizio 2013.
A fronte della contenuta contrazione riscontrata per le
spese correnti nel 2014, si registra la rilevante riduzione delle spese in
conto capitale (-18,4%), dato che, peraltro, conferma il “ trend” degli ultimi
esercizi.
Risulta confermato anche per il 2014 l’incremento delle
uscite relative alle anticipazioni di cassa (+44% rispetto al 2011), da
ricollegarsi, in particolare, per l’esercizio considerato, alla
rideterminazione del tetto massimo di utilizzazione.
Sotto un profilo più generale, è a dirsi che non sembra che
dai più recenti interventi normativi derivi significativo impulso al progetto
di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, né a quello di
attuazione delle Gestioni associate obbligatorie (GAO) per l’esercizio delle
funzioni fondamentali, dal cui concretizzarsi dipende buona parte del recupero
di efficienza e dei risparmi di spesa attesi per gli enti locali.
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