Analisi dell'Ufficio Studi sulle spese obbligate delle
famiglie italiane negli ultimi 20 anni. In crescita soprattutto la voce
relativa all'abitazione (+110% rispetto al 1995). Crisi economica e aumento
della pressione fiscale incidono pesantemente sul reddito disponibile.
Negli ultimi venti anni la spesa delle famiglie si è
progressivamente spostata verso i consumi obbligati che oggi assorbono circa il
42% del totale; in crescita soprattutto la componente relativa all'abitazione,
la cui spesa pro capite è passata da poco più di 1.900 euro del 1995 agli
attuali 4.012 euro (+110%), arrivando ad assorbire oltre il 24% dei consumi
complessivi; aumentata anche la quota destinata ai servizi il cui consumo
rappresenta una libera scelta (dal 17,4% del 1995 al 21,4% del 2015) che indica
la progressiva terziarizzazione dei consumi; crisi economica e aumento della
pressione fiscale hanno fortemente limitato le disponibilità delle famiglie
incidendo sull'aumento delle spese obbligate (il reddito disponibile reale è
sceso, complessivamente, tra il 2007 e il 2014 del 10,6% e del 14,1% in termini
pro capite); particolarmente penalizzate le spese relative all'alimentazione
domestica (incluse bevande alcoliche e non) la cui incidenza è scesa di quasi
tre punti percentuali; sul fronte dei prezzi gli aumenti più rilevanti hanno
interessato l'abitazione anche per effetto della crescita dei prezzi di quei
beni e servizi, quali l'acqua e lo smaltimento rifiuti, gestiti a livello
locale (oltre il 130% tra il 1995 e il 2015). Questi, in sintesi, i principali
risultati che emergono da un'analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio sulle
spese obbligate delle famiglie negli ultimi 20 anni.
Le spese obbligate
Nel valutare i mutamenti intervenuti nelle decisioni di
spesa delle famiglie, sia in termini qualitativi sia quantitativi, la
segmentazione tra spese obbligate e spese commercializzabil fornisce
un'indicazione aggiuntiva di come le famiglie, al di là di quanto suggerito
della diminuzione quantitativa dei consumi, abbiano sperimentato negli anni una
sensibile diminuzione del benessere da loro fruito. Negli ultimi venti anni la
spesa delle famiglie si è progressivamente spostata verso i consumi obbligati,
inclusivi degli affitti imputati (che corrispondono alla spesa teorica per
l'affitto attribuita alle famiglie che vivono in case di proprietà). Queste
spese assorbono ormai il 42% circa delle spese familiari (fig. 1). Nello stesso
periodo è aumentata la quota destinata ai servizi il cui consumo rappresenta
una libera scelta (dal 17,4% del 1995 al 21,4% del 2015) fenomeno ascrivibile
alla tendenza alla terziarizzazione dei consumi. Queste dinamiche hanno
compresso l'area delle spese destinate ai beni cosiddetti commercializzabili in
cui rientrano molte funzioni di consumo considerate mature (alimentari,
abbigliamento, mobili ecc.). Se lo spostamento di quote di spesa da prodotti a
servizi è un fenomeno fisiologico nelle economie avanzate, anche per l'emergere
di nuovi bisogni "immateriali", meno lo è l'avanzamento di quote di
consumi che non rappresentano una libera scelta dei cittadini legata al
soddisfacimento dei bisogni individuali e/o familiari. Categorie e gruppi di
spesa che costituiscono gli aggregati dei consumi obbligati e dei consumi
commercializzabili: consumi obbligati e affitti imputati - fitti effettivi,
fitti imputati, manutenzione e riparazione dell'abitazione, acqua e altri
servizi per l'abitazione, energia elettrica, gas ed altri combustibili, sanità,
spese d'esercizio dei mezzi di trasporto esclusi i combustibili, combustibili e
lubrificanti, assicurazioni, protezione sociale, servizi finanziari, altri
servizi n.a.c.; consumi commercializzabili - alimentari, bevande alcoliche e
non alcoliche, tabacco, vestiario e calzature, mobili elettrodomestici e
manutenzione casa, acquisto di mezzi di trasporto, apparecchiature per la
telefonia, articoli audiovisivi, fotografici, computer ed accessori, altri beni
durevoli per la ricreazione e la cultura, altri articoli ricreativi ed
equipaggiamento, fiori, piante ed animali domestici, libri, giornali ed
articoli di cancelleria, apparecchi, articoli e prodotti per la cura della
persona, effetti personali n.a.c., servizi di trasporto, servizi postali,
servizi di telefonia, servizi ricreativi e culturali, vacanze tutto compreso,
pubblici esercizi, servizi alberghieri ed alloggiativi, barbieri, parrucchieri
e saloni e altri servizi per la persona, istruzione. La situazione, già evidente
negli anni '90 e nella prima parte dello scorso decennio, si è acuita con
l'emergere della crisi economica e con l'adozione di politiche che hanno
determinato un aumento della pressione fiscale, fattori che hanno fortemente
limitato le disponibilità delle famiglie (il reddito disponibile reale è sceso,
complessivamente, tra il 2007 e il 2014 del 10,6% e del 14,1% in termini pro
capite). Con l'attenuarsi della fase recessiva la tendenza alla progressiva
espansione della quota di spesa destinata ai consumi obbligati da parte delle
famiglie sembra essersi arrestata segnalando, nelle nostre stime, una contenuta
diminuzione tra il 2013 ed il 2015. Questa evoluzione sembra avvantaggiare gli
acquisti di servizi commercializzabili. Analizzando più nel dettaglio quanto
accaduto tra il 1995 e oggi si rileva come l'aumento della quota destinata alle
spese obbligate sia ascrivibile in larga misura alla componente relativa
all'abitazione, la cui spesa pro capite è passata da poco più di 1.900 euro
agli attuali 4.012 (+110%), arrivando ad assorbire oltre il 24% della spesa.
Per quanto riguarda la parte relativa alle spese che attengono alle scelte
individuali e familiari la decisa riduzione della quota destinata ai beni,
circa 10 punti percentuali in meno rispetto al 1995, è sintesi di andamenti
molto diversificati. L'affermarsi di nuove forme di comunicazione ha sostenuto
la spinta per i prodotti della telefonia, dinamica che, in un contesto di
riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie, ha determinato un'ulteriore
compressione di consumi di prodotti più tradizionali. Tra questi,
particolarmente penalizzate sono state le spese relative all'alimentazione
domestica (inclusiva delle bevande alcoliche e non) la cui incidenza è scesa di
quasi tre punti percentuali. Le dinamiche sopra descritte tengono conto sia di
quanto avvenuto dal lato delle quantità sia da quello dei prezzi. Focalizzando
l'attenzione sull'evoluzione dell'inflazione dei tre sottoinsiemi dei consumi
presi in esame si rileva come parte dell'aumento dell'incidenza delle spese
obbligate sia derivata dalle dinamiche dei prezzi. In tutto l'arco temporale
osservato questa componente della domanda ha mostrato una dinamica decisamente
più sostenuta rispetto a quanto rilevato per il complesso dei beni e servizi
commercializzabili. Ponendo uguale a 100 i prezzi nel 1995, quelli delle spese
incomprimibili si attestano nel 2015 a 182,8, a fronte del 136,7 dei consumi
commercializzabili. Anche nel caso dei prezzi gli aumenti più rilevanti hanno
interessato l'abitazione, non solo per effetto delle variazioni intervenute sul
mercato immobiliare negli anni antecedenti la crisi, che si sono riflesse sia
sugli affitti reali che su quelli imputati, ma anche per i prezzi di quei beni
e servizi, quali l'acqua e lo smaltimento rifiuti, gestiti a livello locale e
aumentati negli ultimi 20 anni di oltre il 130%. Particolarmente sostenuta è
stata anche la dinamica dei prezzi relativi alle assicurazioni ed ai
carburanti, segmento che sembra conoscere nei periodi più recenti un'attenuazione
delle dinamiche inflazionistiche. La tendenza a una crescita più accentuata dei
prezzi relativi alle spese obbligate attraversa tutti gli ultimi 20 anni e,
rappresentata in forma grafica (fig. 2), evidenzia molto chiaramente il
drenaggio di risorse operato da un'evoluzione inflazionistica dei beni e
servizi obbligati nettamente superiore al dato medio.
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