Chi siamo


MEDIA-LABOR Srl - News dal mondo del lavoro e dell'economia


venerdì 3 aprile 2015

I locali aziendali sono freddi? I dipendenti possono rifiutarsi di svolgere la prestazione

Nella sentenza n.6631 del 1° aprile 2015, la Corte di Cassazione ha affermato che, nel caso in cui le condizioni di lavoro non siano idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni, i dipendenti possono astenersi dalla prestazione, mantenendo il diritto alla retribuzione.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Milano, confermando sentenza del Tribunale di Lecco, aveva condannato una società al pagamento in favore di alcuni dipendenti della retribuzione di un'ora e mezzo di lavoro, illegittimamente trattenuta in ragione ed a seguito della loro astensione dalle prestazioni a causa del freddo nell'ambiente di lavoro dovuto al malfunzionamento della caldaia.

In particolare, la Corte territoriale aveva rilevato che, in quella giornata, non fu proclamato alcuno sciopero, ma che l'astensione dal lavoro era riconducibile alla impossibilità della prestazione dovuta alla temperatura troppo bassa nei locali aziendali ed al fermo a monte della lavorazione.

Avverso tale sentenza, la società aveva proposto ricorso per Cassazione, censurando il Giudice dell’appello per la mancata considerazione del fatto che l’ambiente di lavoro in cui operavano i ricorrenti sarebbe stato regolarmente riscaldato e che il fermo dell’impianto di riscaldamento aveva interessato solo il piano sottostante rispetto a quello occupato dai dipendenti in causa, mentre, per altro verso, aveva rilevato, lamentando che tale accertamento non era stato compiuto nella sentenza impugnata, che il varco aperto verso l'esterno al piano interessato dalle lavorazioni era di dimensioni assai contenute e tali da non poter incidere sulla temperatura del grande locale.

Investita della questione, la Cassazione ha rigettato il ricorso.

Gli ermellini hanno preliminarmente ricordato che, ai sensi dell’art.2087 c.c., il datore di lavoro è obbligato  ad assicurare condizioni idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti.

Su punto, più volte la giurisprudenza ha avuto modo di precisare come la violazione di tale obbligo legittimi i lavoratori a non eseguire la prestazione, mantenendo il diritto alla retribuzione, eccependo l'inadempimento altrui (1).

Ciò premesso, la Cassazione, tornando al caso di specie, ha osservato che la Corte territoriale, con motivazione congrua e corretta, aveva accertato che la temperatura era significativamente bassa in considerazione della stagione e della eccezionalità della temperatura del giorno, tanto che l'azienda aveva ritenuto legittima l'interruzione dell'attività di parte dei dipendenti del piano inferiore.

Nel contempo, la sentenza del merito aveva accertato che il sito aziendale era articolato in due piani non separati del tutto tra loro, perché il divisore degli stessi non occupava l’intero perimetro e consentiva il passaggio d'aria tra l’uno e l’altro, essendovi un tunnel tra i due piani che consentiva il collegamento tra gli stessi per il passaggio dei carrelli e quindi l'immissione di aria fredda.

L’impugnata sentenza aveva considerato, altresì, che al piano superiore vi era un varco per consentire l'installazione di una porta per realizzare una nuova uscita di sicurezza e che tale varco era completamente aperto per un certo periodo della mattina, aggravando la situazione.

Il Giudice dell’appello aveva poi ritenuto irrilevante il fatto che il reparto fosse vasto, avendo accertato che il passaggio di aria fredda avveniva senza ostacoli.

Quelle compiute dalla Corte territoriale, sono valutazioni che, involgendo un giudizio di merito, non possono essere censurate in sede di legittimità.

Per tutte le richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso dichiarando il ricorso non meritevole di accoglimento.

Valerio Pollastrini

1)      – Cass., Sentenza n.10553 del 7 maggio 2013; Cass., Sentenza n.14375 del 10 agosto 2012; Cass., Sentenza n.11664 del 18 maggio 2006; Cass., Sentenza n.9576 del 9 maggio 2005;

Nessun commento:

Posta un commento